Le tre statue del Carmine

Sfogliare i tomi delle “Cronache di San Salvatore”, redatte per secoli dai parroci che si sono succeduti nella guida della parrocchia decanale di Gradisca, è sempre un viaggio carico di emozione, perché permette al lettore di immedesimarsi in una storia che lo precede, una storia di esperienze, di fatti, di scelte, di fatiche, di successi e insuccessi, ma soprattutto una storia di fede. Le calligrafie dei vari sacerdoti, che con tremore iniziavano la stesura, nei primi giorni della loro esperienza pastorale, non può non suscitare commozione, perché si legge sempre il desiderio di inserirsi, seppure a volte con fatica, ma sempre con grande rispetto, nella storia di fede e devozione della comunità di Gradisca.Ogni festa, dunque, non nasce dal caso ma diventa nel corso della storia un arricchimento per la vita di fede, un appuntamento prezioso. É questo il caso della festa della Madonna del Carmine, venerata da secoli nel Duomo di Gradisca. Ad aiutarci in questo viaggio è un grande registro settecentesco, il “Registro de’ Confratelli e Consorelle della B.V. del Carmine”, redatto dal sacrista e primo cronista gradiscano don Francesco Antonio Moretti. In alcune note previe intitolate “Al benigno lettore” è lo stesso Moretti a raccontarci un particolare di grande interesse, in cui un ruolo decisivo lo ebbe l’imperatore: “Ferdinando secondo [1578-1673], fatta otturare, poiché poco confacevole – per di lui commando l’antica Porta di cotesta Fortezza stata prima formata da Veneti, ne fece costruire la presentanea più ampia e sontuosa. Indi questa e la Fortezza stessa dedicò e pose sotto gl’ potentissimi auspici della Regina del Carmelo, e gran Madre di Dio Maria con colocarvi sopra tal Porta al di dentro la di lei SS. Effigie con sotto alla destra in segno di perpetuo osequio ritratta ed espressa la stessa Fortezza”.Ad ogni modo nei tempi successivi, una particolare influenza fu dettata sicuramente dalla presenza a Gorizia, prima a San Rocco e poi dal 1701 al Santuario della Castagnavizza dei Padri Carmelitani. Pian piano tale devozione si estese in tutta la Contea, in particolare con la diffusione della Confraternita e dello Scapolare.Racconta quindi il Moretti che a metà Settecento, “Quando accadendo ristuturare l’Altare della B.V. di cotesta Veneranda Parocchiale per essere la di lei Palla antica e già logorata dal tempo si dibatè tra gl’intervenienti ed altre pie persone ben affette di questa Chiesa, se avendosi a rinnovare tal Palla, si debba fare con l’Effigie della B.V. semplicemente come era, o ’ pure titolata o ’ della Centuria, o’ del Carmine; alla fine risultò vi fù d’appigliarsi alla seconda cioè di farla titolata del Sacro Carmelo”.L’iniziativa fu del “Molto Rev.do P. Nicolò Baylon Parocho Reggio di quest’Imperiale Fortezza” che “per sempre via più procurare l’ingrandimento dei Divini Tesori nella sua Veneranda Parochiale di S. Salvatore a’ prò ed a vantaggio dell’anime de suoi Parochiani ha intercesso presso il Revo.do P. Sinforiano di S. Andrea Preposito Generale de RR. PP. Carmelitani Scalzi perché degnasse coll’autorità del medesimo conferirle d’instituire nella sua Veneranda Parochiale  la confraternita del Carmine”. Questa iniziativa fu resa possibile grazie ai contatti dei Carmelitani della Castagnavizza, il cui priore scese a Gradisca con la bolla di erezione il 14 luglio 1743:  “Li 14 luglio giorno di Domenica del sopraddetto anno portatosi costì il R. P. Fra Tadeo di S. Matteo Priore del RRPP Carmelitani Scalzi di Gorizia […] doppo da lui stesso condotta la Solenne Processione con il Ss. Sacramento per la metà della Fortezza con l’intervento delle Confraterne e numeroso Popolo, dallo stesso Altare vi lesse la Bolla ad Universal intelligenza, indi cantò la Messa solenne, con subbito doppo il Te deum: di poi vestì più di cento tra Uomini e Donne del Sacro Schapolare”.Il testo della Bolla di erezione della Confraternita è tutt’ora conservato e si presterà ad una futura analisi.Tolta la vecchia pala d’altare, descritta già nel 1736, che vedeva raffigurata la Vergine Maria con S. Antonio di Padova e S. Lucia, tuttora conservata, si pensò di ospitare una statua della Vergine, come ci raccontano le cronache: “Essendo poi capitata pocchi giorni fa da Venezia la Statua della B.V. del Carmine cioè la testa e le mani con il Bambino intiero che D. Sigismondo Alessio graziò per sua innata bontà, e carità di farla da colà capitare mediante li PP. Dominicani di Farra, che con il porto e tutto li venne a costare lire sesantasei soldi cinque”. Purtroppo, aperta la cassetta in cui era giunta, la statua si rivelò di ben poco gradimento, ma essendo ormai la festa imminente, si rivelò provvidenziale l’intervento della “Sig. Anna la pittoressa di Farra” ,”Onde rimandata che ci l’ebbe la spedì a Cormons dalle Monache di colà acciò li facessero lo Sceletro del Busto, quali per subito ci graziarono e mi costò tra Tela, Stoppa, Cartone, Spago e fattura lire sette soldi sette, senza la spesa di lire tre a chi la portò […] Capitata poi, che fu subbito si fecce fare il Nichio e portella addietro da un muratore”. Poi furono realizzate le Corone d’argento e l’abito. “Il velo bianco sotto detta corona fatto venire da Udine […] le perle lavorate le donò la Sig. Aurelia Toscani, la Croce ed Orecchini d’argento con cristalli diamantati bianchi, la Camisa la donò la moglie del Sig. Medica Tomadi, le scarpe ricamate d’argento alquanto vechie la Figlia del Comandanti Baselli, le calze cioè la setta la Sig. Antonia Trent, le fece poi il Sig. Giuseppe Pisanello gratis […] il merlo attorno il colo Sig. Giuseppe Weffort. La Veste si fece poi da una Veste che da me fu mesi fa comprata per far un paramento in terzo”.Nei giorni successivi sarebbe seguita una grande celebrazione presieduta dal parroco Carlo barone Baselli, di cui in un’altra occasione si farà menzione.La prima statua della B.V del Carmine restò nella sua nicchia sino al 1795: “Li 7 ottobre Vigilia della Immacolata Concezione. In questo giorno nel dopo pranso fu colocata nella Nicchia dell’Altare nuovo di marmo bianco della B.V. del Carmine la Statua di detta S. Vergine con bambino di cera fatta dal Laico domenicano di Cormons di nome Bartolomio […] e fu benedetta dal Paroco Sigefrido Barone Baselli, come prescrive la Chiesa”. Nel 1863 il signor Carlo Sticotti donò un bellissimo antipendio per l’altare, decorato da egli stesso, mentre nel 1870, grazie ad alcune donazioni, vennero rifatte le Corone della Madonna e del bambino.La seconda statua sarebbe rimasta nella sua sede fino al 1938, quando “venne benedetto e inaugurato il nuovo simulacro della Madonna del Carmine, in sostituzione di quello vestito e scartato dall’Arcivescovo in occasione della Visita Pastorale […] É riuscito bellissimo, assai devoto ed incontrò il plauso di tutti”. Venne realizzato dallo scultore Francesco Martinez di Ortisei. Nell’occasione venne ritrovato un biglietto con il nome delle ricamatrici dell’ultimo abito datato 1904.Nel 1956, grazie a monsignor Luigi Cocco, la confraternita riprese vigore con centinaia di iscritti. Anche quest’anno diversi fedeli hanno voluto prepararsi alla festa mariana con la novena in Duomo e la Messa il giorno 16 luglio quest’anno nella chiesa del Mercaduzzo.