Edicole votive testimoni della pietà popolare

Ha attirato numerosi curiosi ed appassionati la mostra, ospitata nella Sala Polifunzionale di Sagrado, “Edicole votive nella pietà popolare dell’Isontino”. Appassionato anche l’incontro sul tema “Testimonianze di fede fra Carso e Isonzo” a cura della professoressa Paola Tomasella che ha illustrato il suo lavoro di schedatura delle ancone votive nel territorio dell’allora provincia di Gorizia, svolto per conto dell’Amministrazione Provinciale nel 1992/93 con la collaborazione del fotografo Paolo Bonassi.  Lo scopo del lavoro consisteva nel catalogare opere di varia tipologia, tra pitture o sculture inserite dentro nicchie sulle facciate delle case, capitelli ed edicole posti lungo le vie o agli incroci stradali, accomunate dall’essere espressione di fede e religiosità delle comunità locali, o della spiritualità di singoli fedeli devoti. Partito quasi dal nulla, realizzato percorrendo pazientemente le strade del territorio, confortato da pochissime fonti documentarie, ma dalla partecipata collaborazione di persone del posto, di parrocchie e biblioteche, il lavoro aveva portato all’individuazione di oltre 160 opere, per ognuna delle quali era stata compilata una semplice scheda contenente dati tecnici, qualche notizia storica (quando possibile) e una foto (una diapositiva, allora il digitale non c’era ancora). Altre opere non più esistenti, o troppo recenti erano state segnalate a parte (ci si era porti il limite di esecuzione ante-1965). Non si era distinto per valore artistico o storico, pur decisamente più evidente in alcune opere, per documentare comunque tutte le opere presenti, indistintamente arricchite dalla fede che le aveva originate e la devozione che ne aveva garantito la conservazione.In un quadro generale estremamente articolato, sia in relazione ai caratteri e alle tipologie delle opere, che soprattutto per la varietà culturale che contraddistingue il nostro territorio, è stato comunque possibile individuare qualche dato di sintesi. Si nota che il soggetto più venerato in assoluto è la Beata Vergine, rappresentata nelle forme più consuete: in piedi, in trono con Bambino, nelle forme dell’Immacolata, nei modelli appartenenti ai santuari locali e a quelli riferiti ai santuari internazionali più noti. A volte l’immagine è vicina all’iconografia ufficialmente riconosciuta, a volte è rielaborata in chiave personale dal l’esecutore. È frequente anche il Crocifisso, mentre altri santi, dipinti da soli o in gruppi più affollati, sono propri delle opere più antiche. Nella destra Isonzo, nel Goriziano e sul Carso domina la Madonna di Montesanto nell’iconografia derivante dal quadro ufficiale del santuario, di solito dipinta pedissequamente o solo leggermente rielaborata.Nel Territorio di Monfalcone prevale invece la Madonna della Salute, glorificata soprattutto a conclusione della pestilenza del 1850-55 in tipologie e raffigurazioni anche molto diverse tra loro. Ci sono specificità locali, come ad esempio la Madonna dei Sette dolori a Gradisca, la Madonna del Soccorso a Cassegliano, le particolari composizioni di Grado e le originali strutture del Carso. Nell’impossibilità di raccontare ogni singola storia, la presentazione si è soffermata su alcuni casi particolari, significativi per capire la storia della nostra provincia: i settecenteschi “San Giovanni Nepomuceno”, che ci proiettano in una dimensione europea; le cappellette lungo la via che i fedeli percorrevano per recarsi al santuario della Castagnevizza, percorso interrotto nel 1947 senza toccare però le opere sacre; la “Madonna della Vittoria” del 1919;  i sorprendenti segreti celati da alcune statue nel territorio monfalconese, che ci parlano di origini ben più lontane di quanto l’aspetto attuale delle opere potrebbe farci pensare. Estremamente varie, allora come oggi (come risulta dalle foto presentate nella mostra) sono le condizioni di conservazione, anche se immutato risulta sempre, in generale, l’affetto e la devozione con cui, spesso nel più completo anonimato, moltissime di queste opere vengono curate, riordinate, adornate di fiori e lumini. Dalle fotografie attuali si vede inoltre che alcune di queste opere, soprattutto le immagini più recenti dentro le nicchie e le pitture su muro, sono state ridipinte, di solito rinfrescate e in qualche caso anche ridisegnate completamente, o ricoperte da nuove pitture su pannello ligneo o lamiera. Sempre con molte differenze nella varietà del territorio, alcune sono state create ex novo. Purtroppo, altre sono scomparse del tutto, oppure giacciono in condizioni particolarmente critiche, e spesso si tratta delle opere tra le più antiche e importanti.  Ne è seguito un interessante dibattito su come procedere al fine di sensibilizzare enti pubblici, privati cittadini affinché queste testimonianze della devozione popolare, – spesso vere opere d’ arte, pezzi della nostra storia, possano essere valorizzate e salvaguardate.Al dibattito sono intervenuti il sindaco Marco Vittori e l’assessore alla cultura dott.ssa Chiara Aglialoro per il Comune di Sagrado, che hanno fin dell’inizio sostenuto iniziativa, la presidente de I Ferai della Rosta, Isa Burba, il presidente del Circolo culturale di Sdraussina, Fabio de Santis, il parroco don Giovanni Sponton, Davide Brissi per il Gruppo fotografico Isonzo fiume d’europa – So¤a evropska reka e Aleksandra Devetak, coordinatrice del progetto.