Storie di parenti ritrovati e di altri no

Fa male ancora la guerra… Quella perduta, appena 70 anni fa? No, quella vinta, “celebrata” o ricordata, di 102 o 101 anni fa (basta un vecchio confine a far cambiare i numeri). Degli Italiani d’Austria, sappiamo: i sepolti in terre lontane, del tutto dimenticati dalla nuova patria, non dalle persone; dopo tanti anni, quasi cominciano a rendersi conto dell’oblio.A Visco, in 5 ospedali, morirono 1071 soldati e un’ottantina di civili, del paese o della Contea. Nello 0.35, della CRI (ex caserma ex campo di concentramento, ospedale attendato più grande d’Italia, 1000 posti letto in tenda), ne morirono oltre 500, moltissimi di colera, a volte trasportati  come cose buttate là “…furono caricati sulle macchine come stracci pestilenti…” Più di 800 i sepolti nel cimitero militare, poi esumati per Redipuglia, gli Italiani; per gli Austroungarici fu più difficile.C’è ancora chi cerca i propri cari. I più fortunati sono arrivati a sapere dove posare un fiore: 100 anni dopo. A chi scrive, per segnalazione di operatori del Comune, si rivolsero in tre. I familiari del fante Michele Ottonello, di Masone (Ge), così, sono venuti a conoscenza di dove si trovasse il nonno Michele (cercato dal nipote, dott. Mario, medico umanista), nel 2015. Dopo inutili ricerche romane; un depistaggio da caso di omonimia (andarono, invano,  a Schio). Infine la notizia che era morto a Visco nello 0.35; sepolto in paese. Rapido confronto con  l’efficiente Onorcaduti di Redipuglia, e nonno Michele potè “riabbracciare” i familiari. Di un soldato ungherese, si sapeva tutto; qualcuno dall’Ungheria lo cerca: Kálmán Vella nato a Pereg nel 1869; ferita infetta alla coscia, morto nell’ospedale n. 1602 vicino a Visco (15 novembre 1917), sepolto a Visco, tomba  n. 49 II fila. Eppure, dopo le esumazioni dal cimitero, nulla si sa; elenchi muti anche quelli dei cimiteri austroungarici di Onorcaduti a Redipuglia.Di nuovo un parente alla ricerca di un caduto: poco prima dello scorso Natale, ecco Massimo Quattrini e la signora Lelia Bargagli, alla ricerca del nonno di lei, Nello, figlio di Leopoldo, nato ad Arcidosso di Monte Amiata (Grosseto) nel gennaio 1884. Colono, altezza 1,61, la sua vicenda militare comincia con la visita di leva “oligoemia e debole costituzione”. Chissà quanta fatica nei campi; sarebbe già bastata, e avanzata, già quella che era una guerra per strappare il pane! Congedi e richiami, sempre in fanteria, costellano il foglio matricolare, finché è mobilitato il 14 agosto del 1915; il 24 ottobre giunge “in territorio dichiarato in istato di guerra”, inquadrato nel 147° reggimento fanteria. Dura poco tempo, il 16 dicembre muore nell’ospedale 0.35 e il giorno dopo è sepolto; aveva 29 anni.La signora Lella, raccontato la storia, in uno strepitoso italiano di musica toscana, tira fuori dalla borsetta il commovente ricordo: una cornicetta di latta smaltata, cui il tempo ha reso opachi i colori; è stata conservata con cura sacrale. Il piede d’appoggio di cartone leggero è ancora come se fosse “nuovo”. Prendiamo subito contatto con onorcaduti di Redipuglia: trovato! Il fante Nello Bargagli è là, insieme a un numero di caduti impressionante, in quell’enorme cimitero, che sembra salire in cielo, o ripiombare sulla terra del Carso, dal quale è ascesa una promessa non mantenuta: “Mai più la guerra!”.  Lella Bargagli e suo marito Massimo Quattrini vanno a Redipuglia e trovano nonno Nello. Ritornano in Toscana, ma ora, dopo 100 anni da quella morte, sanno, e sono in pace.