Un postconciliare prima del Concilio

Monsignor Lorenzo Perosi, il genio della musica sacra italiana, tra Ottocento e Novecento fu il fautore della riforma ceciliana tanto da ispirare il Motu Proprio “Tra le sollecitudini” di Papa Pio X nel 1903.Per ricordare i 150 anni dalla sua nascita, nell’arcidiocesi di Gorizia il sacerdote compositore, nato a Tortona nel 1872, verrà celebrato in un appuntamento a Ronchi dei Legionari, nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo martire il 21 dicembre alle 18.30 con l’esecuzione della Missa Te Deum Laudamus a due voci pari.Il 21 dicembre è proprio il giorno in cui ricorre la nascita di Perosi che, con Gorizia, ebbe contatti testimoniati non solo dall’armonizzazione dello stesso Perosi della sequenza dei Santi Martiri Ermacora e Fortunato e dedicata all’arcivescovo Missia, ma anche il fatto che tra le prime orchestrazioni di messe perosiane a Gorizia ci sono quelle di Seghizzi e di Komel, che studiò a Roma proprio col Perosi.  L’appuntamento è organizzato dalla parrocchia dei Santi Lorenzo e Domenica di Ronchi dei Legionari assieme al Centro per la conservazione e valorizzazione delle tradizioni popolari di Borgo San Rocco e al Centro studi politici ed economici “Sen. Antonio Rizzatti” di Gorizia.

Lorenzo Perosi è stato un postconciliare prima del Concilio. Un’affermazione decisamente ardita e che può creare non poco imbarazzo se non se ne conosce l’origine. Ha fatto ragionare anche me, lo ammetto, quando l’ho sentita al convegno sui 150 anni dalla nascita di monsignor Perosi, il genio della musica che da pretino di Tortona è diventato il gigante, buono ovviamente, dell’arte di Santa Cecilia. A lui, presidente onorario, l’Associazione Italiana Santa Cecilia ha dedicato una due giorni, il 4 e 5 novembre, proprio nella città natale del Perosi.Non solo una, giusta e meritata, celebrazione con una serie di esecuzioni e di proposte musicali degne di nota, ma anche un’analisi che ha spaziato dal musicale al liturgico fino allo storico. Di fatto, il Perosi si trovò a contatto con numerose correnti musicali e in un periodo in cui la riforma della musica sacra era non solo necessaria ma richiesta e, anche se il popolo non sempre ha capito l’importanza di modificare il modo di realizzare, ascoltare e pregare con un certo tipo di esecuzioni, il successo, seppur temporaneo, di monsignor Lorenzo fu così tale da raggiungere tutto il mondo: sue esecuzioni arrivarono senza grandi difficoltà anche in Sud America. Un Perosi spesso inedito, quello che giunge ai nostri giorni, nei quali una riforma della musica sacra sembrerebbe quasi derivare da un grido di dolore di tanti cori e da altrettanto numerose comunità cattoliche. Un Perosi, insomma, che non si conosce e il cui apprezzamento, spesso, si limita alle poche composizioni disponibili sulla rete o conosciute nel corso dei decenni dai cori parrocchiali: nulla da togliere, anzi, alle magnifiche missae pontificalis, dalla Prima, o “Capitularis”, alla Secunda, fino all’Eucharistica, alla Benedicamus Domino o la Te Deum laudamus fino alla Cerviana e al Requiem a tre voci d’uomo. O i meravigliosi e sempreverdi mottetti sacri e ai brani d’organo, già meno conosciuti.Ancora poco apprezzati, infine, gli oratori e i brani orchestrali o per altri strumenti come i numerosi Trii. Lorenzo Perosi conosceva molto bene il canto gregoriano, tanto da seguire sia la scuole di Regensburg che quella di Solesmes, ma anche altri tipi di opere e, soprattutto, il suo modo di scrivere musica sacra era pregno di quel significato recondito e di quella sacralità che derivano dalla dicotomia tra l’analisi e conoscenza del Testo sacro e quella delle tecniche compositive, dalle più tradizionali a quelle più contemporanee.Perosi ha tracciato, inequivocabilmente, una linea di demarcazione tra un “prima”, dettato da norme di canto e tecniche vocali ormai inadatte, se mai lo sono state, alla liturgia, e un “dopo”, con un futuro che doveva essere roseo ma che è sfiorito nel pieno dei propri anni. Arrivato a Roma, il Perosi aveva trovato una situazione a dir poco particolare, con scuole di canto ancora fortemente caratterizzate dalla presenza di castrati: lenta ma inesorabile la rivoluzione perosiana passa dalla Cappella musicale pontificia Sistina per arrivare a tutto l’orbe cattolico.Proprio durante il convegno è stata riscoperta ed eseguita nuovamente un’opera rimasta per lunghi anni nei faldoni degli archivi tanto da essere ricordata solamente da due ex cantori della Sistina, all’epoca giovinotti e oggi anziani: si tratta della Missa pro defunctis a sei voci composta per le esequie di Papa Leone XIII nel 1903 ed eseguita venerdì 4 novembre nella cattedrale di Tortona dal Rossini Chamber Choir diretto da Simone Baiocchi. Un Dies irae e un Libera me, Domine scritti in una sola notte da una mente tanto brillante quanto delicata. “A vedere la fretta con cui è vergata la partitura e ad osservare come sono portati all’estremo i registri vocali con pianissimi a tre “ppp” nelle tessiture di estrema acutezza, pare quasi di intravedere l’inquietudine che travolgerà drammaticamente Perosi di lì a non molto. Si tratta di una creatività urgente, che non vuole stare più nella logica degli esecutori ma che esce dalla mente del compositore senza compromessi, lasciando avvertire i primi bagliori di un dramma che lo sconvolgerà procurandogli una gigantesca sofferenza la quale, pur schiacciandolo, non gli impedirà di comporre”, ha scritto lo stesso Simone Baiocchi nella presentazione dell’opera. Si sa, Perosi rimase interdetto per otto lunghi anni continuando, però, a comporre. La stessa cattedrale, va citato per dovere di cronaca, ha visto la celebrazione eucaristica conclusiva della due giorni presieduta dal vescovo di Tortona, monsignor Guido Marini, con l’accompagnamento di brani perosiani, compresa la Missa Prima Pontificalis.Secondo don Valentino Donella, direttore del Bollettino Ceciliano, più esponente organo informativo sul tema, Perosi esprime “geniale semplicità e grandezza, calpestate e abbandonate dalla Chiesa già allora e ancor più oggi”. Una genialità e semplicità che arrivarono, all’epoca, anche alle orecchie dei vari papi tanto che il Motu Proprio di PioX “Nelle sollecitudini” fu ispirato, tra i vari, proprio dalle melodie del Perosi che “nel voler semplificare le strutture melodico-armoniche riuscì anche a bloccare la volontà di copiare o imitare altri grandi della musica sacra, come ad esempio Bach”, sono sempre le parole di Simone Baiocchi. Quasi a conclusione dell’intera due giorni don Paolo Padrini, responsabile del festival musicale tortonese dedicato proprio alla figura di monsignor Perosi, si è domandato “Come sta Perosi?”, la stessa domanda che il pontefice Pio XII fece ai medici che andavano a visitare il compositore negli ultimi giorni della sua vita terrena. Tra le difficoltà per le esecuzioni vi è la “scrittura bulimica che il Perosi spesso dimostra, ovvero la necessità di scrivere quanto vi era nella sua testa senza tornare, spesso, a controllare quanto aveva già scritto”, tanto vi era da dover scrivere. Non solo nel profano, dove Perosi è pressocché sconosciuto, ma anche nel sacro: “Non vi è nulla di più postconciliare delle Melodie Sacre, perfettamente inserite nella liturgia anche oggi”, così ancora Padrini. “Il fatto che rende la musica del Perosi popolare è che egli aveva metà cuore nel fango e metà nella gloria ma tutto in Dio.È questo il grande pregio del Perosi: è popolare. Perosi è avanti perché si inserisce perfettamente nell’atto liturgico, si esprime musicalmente con la profondità e la semplicità di un bambino”, ha detto sempre Padrini. Perosi necessita di una riscoperta radicale che parta dal basso, come dal basso è sempre stato apprezzato. Credo, e spero, che anche nel nostro “piccolo” si possa guardare al pretino di Tortona che al gigante che ha saputo salvare e rinnovare la musica sacra prendendo la secolare tradizione gregoriana trasformandola e riutilizzandola, salvaguardandone la natura più intensa e vera, facendola diventare la perla che è tutt’ora.Ci vuole solo un po’ di impegno ed è questo ciò che, principalmente, il Convegno tortonese ha voluto sottolineare, una volta di più. Un impegno che nel nostro territorio ci deve vedere vicini anche a figure come Emil Komel, musicista goriziano che aveva studiato a Roma assieme allo stesso Perosi.Una riscoperta libera da preconcetti e, finalmente, nel bene della musica sacra.