Stanko Jericijo: sacerdote, educatore e musicista goriziano

Dieci anni fa si spegneva Stanislao o Stanislav Jericijo, ma per tutti don Stanko. Nato ad Avce (sopra Kanal, oggi Slovenia) il 20 luglio del 1928, ordinato sacerdote ancora ventiduenne il 2 luglio del 1951 e dal 1961 fino alla morte sarà vicario parrocchiale della Chiesa di Sant’Ignazio a Gorizia, nonché pianista, compositore e direttore dell’omonimo coro cittadino. Studia pianoforte con i maestri Ersilio Russian e Alessandro Costantides e composizione con Guido Pipolo: del temibile esame di diploma in composizione parlerà diffusamente per tutta la sua esistenza.

Insegnante, direttore e compositoreInsegna educazione musicale alla scuola media “Ivan Trinko” e dirige con competenza e passione i cori “S. Ignazio” e “Lojze Bratuž” per diversi decenni; ricordo che le prove dei cori gli occupavano tutte le sere della settimana.Don Stanko Jericijo può essere annoverato tra i più importanti direttori di coro, musicisti e compositori della regione al pari di Corrado Bartolomeo Cartocci (1839 – 1911), Augusto Cesare Seghizzi (1873 – 1933), Emil Komel (1875 – 1960), Rodolfo Lipizer (1895 – 1974), mons. Albino Perosa (1915 – 1997), don Narciso Miniussi (1920 – 1995), Cecilia Seghizzi (1908) e Orlando Dipiazza (1929 – 2013). La sua opera conta un numero considerevole di mottetti (per voci miste o bianche), messe, composizioni per organo, ma anche per solisti, ottoni, orchestra sinfonica o d’archi.Le sue partiture si distinguono per la ricerca e la volontà di sperimentare linguaggi anche molto estremi: sfrutta le possibilità della serialità o serie dodecafonica (Te deum, per solisti, doppio coro, organo e strumenti del 1982), si serve della politonalità, di accordi simultanei, cluster tendendo a spezzettare la linea melodica (Missa Sic Benedicam te per solisti, coro e orchestra d’archi del 1989) e utilizza spesso altre scelte musicali “d’urto” che provocano talvolta una struttura melodica non propriamente trasparente e di difficile ascolto.In questa poliedrica ricerca si alternano negli anni lavori estremamente diversi, da brani tonali (Sinfonia breve del 1986, il Santo del 1993 o Tuo è il regno del 1994), a opere di impostazione monumentale come l’Historia hominis per coro misto (1989) o di respiro sinfonico come il Berglied per sola orchestra.

La particolarità delle composizioniIl suo lavoro si distanzia, per forma e sostanza, da altri compositori locali.Per esempio dal linguaggio di Dipiazza, che riprende la polifonia rinascimentale, il Mottetto e il canto gregoriano a seguito di una preferenza nei confronti di Giovanni Pierluigi da Palestrina, e come scrive Giada Piani nella sua tesi di laurea sul Maestro “l’originalità di un autore contemporaneo come Dipiazza, che si distingue da altri musicisti anche precedenti per le sue scelte volutamente anacronistiche, è l’aderenza al rito tridentino anziché alla liturgia nata dopo il Concilio Vaticano II”.In Perosa invece l’aderenza ai cambiamenti post Conciliari ha fatto sì che componesse un ricco corpus, via via aggiornato e perfezionato, in modo da coprire tutto l’anno liturgico, con una struttura ritmica che segue gli accenti tonici delle parole come avviene nel repertorio gregoriano; per il musicologo Giovanni Acciai lo stile di Perosa “è libero da qualsivoglia demarcazione di spazio e di tempo, l’attenzione per un certo rigore della forma si sposa con una predilezione per la parola devozionale e per l’effetto lirico ed emotivo”, (egli compose ben quattordici messe delle quali cinque in friulano e nove in italiano).Nelle composizioni di Miniussi è da sottolineare la facilità delle parti vocali, gli intervalli mai troppo ampi e il ritmo lineare, tutto per avvicinare la Cantoria all’Assemblea, secondo i dettami del Concilio.A differenza dei predetti Cecilia Seghizzi si accosta molto più tardi e in maniera circoscritta al genere sacro e si coglie fin da subito l’aderenza alla Liturgia soprattutto nella scelta di utilizzare la lingua italiana e friulana anziché il latino; la scelta del friulana riflette, in particolare, l’idea di indirizzare il messaggio religioso a luoghi più raccolti rispetto alle grandi cattedrali, come scrive il professor Alessandro Arbo “il privilegio della componente coloristica e di un impulso vitalistico ricco di slanci freschi e divertiti, male si sposano ai caratteri propri del genere sacro”.

Le opereIn Jericijo l’importanza della lingua latina, strettamente connaturata alla tradizione più antica, non sarà d’intralcio nel tradurre musicalmente le nuove regole post Vaticano II, infatti non trascurerà, nei suoi mottetti, la lingua italiana, friulana e slovena. Tra le opere di maggiore interesse figurano sicuramente la Missa Sic Benedicam te nella quale si individua fin dall’inizio un clima meditativo e di serena intimità (con una bella pagina del Credo sulle parole “Et incarnatus est”, alcuni momenti di altissimo lirismo nel Sanctus per giungere a un espressivo e arcaico Agnus Dei; fu eseguita per la prima volta nel 1990 nella chiesa di S. Ignazio), l’Ave Maris Stella (1994) a due voci e organo, il più tradizionale Gloria Sanctoum (1990) per soprano e organo, l’O piena di grazia del 1990 per soprano e organo dove il canto viene condotto in tonalità diversa per ogni strofa, il Tu es Petrus, dal carattere grandioso, composto di getto per la visita di Giovanni Paolo II a Gorizia (2 maggio 1992).Lo Stabat Mater, il Magnificat, la Missa Solemnis e il Passio sono composizioni di grande effetto e richiedono un organico molto numeroso: solisti, coro, orchestra d’archi o sinfonica, e nel Passio vi è anche un quintetto d’ottoni. Don Jericijo era molto legato alla Missa in Simplicitate cordis, probabilmente per la semplice tessitura e brevità; la volle eseguita anche per il giubileo sacerdotale nel 2001 e tutti i coristi ricordano quando dall’altare, non venendo mai meno la sua figura di maestro, diede l’attacco al coro al momento del Gloria.

La musica popolare e profanaÈ da ricordare il suo lavoro di compositore anche per ciò che concerne la musica popolare e profana dove ritroviamo innumerevoli brani per coro, su parole di poeti locali, come Ultins Morârs, Luna d’arint, Glesiuta da Mainizza, Cjant di Pasca, Nadâl di una volta, Soi un om, Fâs la nana su testo della poetessa di Farra d’Isonzo Maestra Anna Bombig, Nadâl con parole di Carlo Luigi Bozzi, I mês, per voci bianche, la raccolta di canti a tre voci bianche scritti per gli allievi della sua scuola media e pubblicati a Lubiana Mladinske pesmi (Canto giovanile 1989) e il brano per coro misto Tri pesmi (Tre canti del 1983).

Direttore del coro “S.Ignazio”Questo suo lavoro di ricerca, elaborazione, analisi e creazione musicale non può essere scisso dall’impegno che profuse, per più di quarant’anni come direttore del coro “S.Ignazio” dopo aver preso il posto e proseguito idealmente il lavoro di don Mirko Filej, fondatore del coro “S.Ignazio” nel gennaio del 1956.L’attenzione particolare per la polifonia classica di Gallus, Croce e Palestrina ha da sempre caratterizzato la scelta del repertorio, senza tralasciare altre epoche storiche come il barocco e il classicismo o autori europei contemporanei. Il suo interesse per la polifonia cinquecentesca era dettato principalmente dall’importanza di formare il coro a un tipo di musica che richiede impegno, rigore e una particolare attenzione e concentrazione.

Le grandi esecuzioniNon si può dimenticare la Krönungsmesse (Messa dell’Incoronazione) di W.A. Mozart per coro, solisti e orchestra che venne eseguita per la prima volta nel 1978 a Gorizia, nel 1997 (nella chiesa di S.Ignazio e nel monastero di Sankt Lambrecht in Austria) e, l’ultima volta, il 18 aprile del 2002 alla presenza del Patriarca di Venezia il Cardinale Marco Cè, in occasione della solenne concelebrazione eucaristica per i 250 anni dall’erezione dell’Arcidiocesi di Gorizia: per questo tipo di esecuzioni, che necessitavano di un organico più complesso, il coro faceva riferimento all’orchestra d’archi “Cappella Carinthia” (oggi “Villachersinfonie Orchester”) diretta dal maestro Hans Schamberger, con la quale instaurò un rapporto fiduciario pluri decennale.Altri importanti eventi cittadini e internazionali che lo videro protagonista insieme al suo amato coro furono: la solenne concelebrazione nella Cattedrale di Gorizia per i 500 anni dalla morte del Conte Leonardo (2000) e il passaggio delle Principesca Contea agli Asburgo, l’esecuzione della Messa in Do Maggiore (C Dur) di Franz Schubert per coro, solisti e orchestra nel grande Santuario Mariano di Mariazell in Austria alla presenza del Cardinale Franz König (1994), la celebrazione di riappacificazione, nella chiesa di S. Ignazio, tra l’Austria e l’Italia a ottant’anni dall’inizio della Prima guerra mondiale, alla quale presenziarono il Presidente della Repubblica italiana Scalfaro e il Presidente della Repubblica austriaca Klestil (1995), nonché la grande celebrazione in Piazza della Vittoria per la storica visita di Giovanni Paolo II alla città di Gorizia; in quest’ultima occasione ebbe l’onore di dirigere quasi duecento cantori provenienti da tutti i cori della provincia.Durante l’anno di attività corale non poteva mancare: il pellegrinaggio in ottobre a Barbana (voluto già da don Filej), che apriva la stagione musicale, il concerto itinerante per le vie della città nel periodo natalizio, la biciclettata con i coristi il giorno di pasquetta, il grande concerto di maggio, la partecipazione a qualche concorso nazionale o internazionale con ottimi risultati e grandi soddisfazioni, le varie uscite in Friuli, Slovenia, Austria e Ungheria nonché la rassegna provinciale dedicata alla patrona della musica “Santa Cecilia” in novembre.Sempre pronto a mettersi in discussione e grazie alla sua pazienza, caratteristiche che lo contraddistinguevano, don Stanko riuscì, ormai non più giovane, a fondare un coro di voci bianche che avvicinava al coro “grande” in numerose occasioni: già dopo pochi mesi di prove fece eseguire al piccolo coro l’Ave Maria di Schubert con l’accompagnamento dell’orchestra e la Messa per voci bianche con accompagnamento d’organo che aveva scritto nel 1996.

Testimone della vita di GoriziaSi può affermare che il M° Jericijo è stato veramente un testimone eccezionale e privilegiato dei maggiori avvenimenti che si sono susseguiti nella città di Gorizia a cavllo tra XX e XXI secolo. Sono certo e auspico che la sua personalità e l’enorme mole di composizioni saranno meta di studi approfonditi negli anni a venire, ma ciò che conta più d’ogni altra cosa è il ricordo e la memoria che ognuno di noi porterà per sempre con sé di un uomo, di un sacerdote umile, cordiale, semplice, intelligente, sempre disposto ad ascoltare e pronto a sacrificarsi. L’ultima uscita che lo ha visto protagonista è stata la celebrazione per i cinquant’anni di fondazione del coro “S. Ignazio”, il 29 gennaio del 2006: debole e sfibrato dalla malattia, ma con mano sicura e decisa, diresse ancora una volta; si è spento serenamente il 25 gennaio del 2007 lasciando a tutti quelli che lo hanno conosciuto un amabile ricordo.