San Martino: scampoli di poesia…

La poesia? una costante accanto a San Martino. Dopo la vita di Sulpicio Severo (vissuto fra IV e V sec.), venne la Vita Sancti Martini di Venanzio Fortunato (VI-VII sec.), in versi latini: ultima di tono classico, immette a quella medievale. A Tapogliano, abbiamo la poesia col pennello: affreschi della chiesa vecchia con la vita del Santo, proseguita in una statua, una tela e un affresco; a San Martino di Terzo, in una tarsia marmorea. Vicina a noi, quella del Carducci, capace di sinestesie (sensazioni multiple contemporanee, per tutti i sensi). Viaggiando in internet, cercando poesie sul Santo, nel mondo tedesco, se ne trova uno sterminio, fino a quelle d’oggi, una creata per una scuola Montessori: vira sulla filastrocca, ma prende il Santo a esempio di carità da attuare. Fra le tedesche, prendiamo quella di Ludwig Uhland (poeta, e uomo d’impegno tra ’700 e ’800).

Der HrbststurmDer Herbststurm braust durch Wald und Feld,    die Blätter fallen nieder

und von dem dunklen Himmelszelt                           sehn schwarz die Wolken nieder.  (Tempesta d’autunno: Tempesta d’autunno mugghia per boschi e campi,/ cadono le foglie/ e dall’oscura tenda del cielo/ si vedono le oscure nubi/

E poi non mancanoblitzt das Schwert,  die Nebel zu zerteilen. (lampeggia la spada/a squarciare la nebbia

eDas Schwert, womit als Reitersmannden Mantel er zerschnitten…(e qui il cavaliere divide il mantello con la spada…)La cultura tedesca entrava nella nostra cultura… Così come entrava la cultura slovena. Per San Martino, pensiamo a Josip Murn Aleksandrov (nato a fine ’800, muore nel 1901)Conclude una sua poesia con l’immagine di San Martino che scaccia le sue bianche oche richiamando la leggenda che narra il tentativo del Santo di mantenere il saio monastico nascondendosi al popolo che lo ha eletto vescovo. È stato proprio il fragore delle oche a rivelare il nascondiglio del futuro vescovo di Tours, strappandolo alla quieta vita monastica. Abbiamo Autunno di Giovanni Pascoli, che conclude i versi citando l’estate di San Martino. Come una cupa “…estate fredda dei morti”.

E noi in Friuli? Poco: in italiano ne ha scritto Ippolito Nievo; un “alc” in friulano Maria Gioitti Del Monaco: “Cumo sì l’è dut sot tet/ e, content, il contadin / al va a bevi il so quartin/ cui amîs in ostarie, sodisfat da so fadìe…”. Un po’ ottimistica; pubblicata nel 1954, scritta probabilmente in anni quando anche i sorci potevano dare i denti in affitto!  

Almeno Carlo Favetti, nella sua Circolar (e siamo nell’ ’800), la buttava in valzer:

A duçh i boins cristians che a San Martin, cu la scuse dal Sant, i plas fraiâSi domande: çemut, cuant e dulà

Si çhaterá oçhe, polente e vin?Ogni fedel ca sot un vot al metiIl sotoscrit sta a dut: Carlo Favetti.

la polente tremant spiete il supliçiDi sei ineade in chel gran toç divin,E testemonis al fatal ufiçiSchieraç ator stan i bocai di vin;

Esecutors, dait man a preçipiçiLa vitime si mandi al so destinE, onde no resti del delit indiçiDuçhcuançh i testemonis distrighin!

Cussì Martin dal so celest balcon,Viodint in tant onor l’antighe usançe,Assisterà content ala funçion; 

E a cualchu puor, che nel viçin unviarForsi no-l ja di taponâ la pançe,L-a cur di dâi metat dal so tabar.

C’è una grandinata di proverbi tutti legati al vino (esista anche una pubblicazione intitolata “I Santi in cantina”, il “peggiore” è uno che, tradotto dal veneto in friulano, suonerebbe così: “A San Martin si incioca al grand e al picinin!”.

Per finire, una filastrocca friulana, che ha numerose varianti: San Martin mi tenta/ Che fedi la polenta/ [quindi nata dopo il ’600]/ Che mangi la razuta/ Che bevi la bozuta/ Che bevi un biciarin/Viva viva San Martin!

Filastrocca o poesia; per noi filastrocca, per i tempi in cui è nata, “poesia” vera e rara, molto rara!