Ricordo di William Klinger

I pensieri che mi sovvengono ricordando William Klinger (collega di insegnamento negli anni in cui è stato professore di storia in lingua inglese nel nostro Liceo Linguistico Europeo “Paolino d’Aquileia”) possono essere efficacemente sintetizzati con un passo tratto dall’introduzione che Robert Musil fa alla sua opera Der Mann ohne Eigenschaften – L’uomo senza qualità dove, descrivendo con nostalgia e spirito critico, distaccato e disincantato l’Austria degli Absburgo di inizio Novecento, afferma: “In Cacania (la monarchia absburgica impergial-regia Kaiser-Königlich, abbreviato in K.K., che si pronuncia kaka) un genio era sempre scambiato per un babbeo, mai però, come succedeva altrove, un babbeo per un genio”. L’indomabile William spesso si è trovato impantanato in quel altrove, costretto suo malgrado a confrontarsi con troppi sedicenti geni incompresi, ma che alla prova del tempo si dimostravano inesorabilmente e tristemente degli autentici babbei. Probabilmente ciò è avvenuto in molti dei nostri ambienti formativi, che per la loro stessa essenza dovrebbero essere maggiormente aperti all’elaborazione culturale ed educativa dinamica, imprevedibile e costruttiva, coraggiosa e profetica. Al di là delle sue notorie qualità intellettuali, William sapeva regalarmi momenti di riflessione sfiziosa e divertente, fuori da ogni regola e consuetudine, in mezzo alla natura o in luoghi insospettabili e perciò più stimolanti. Mentre nei nostri dialoghi cercavo di trovare un appiglio nella marea di concetti e battute al fulmicotone, di visioni e giudizi inediti sulle persone, sui fatti di ieri e del momento presente con i quali mi investiva senza requie, emergevano provocazioni positive per la mente e per il cuore e cresceva tra di noi  una confidenza e una complicità mai banali, meschine o interessate. William non era certamente un santo, aveva parecchi difetti come la maggior parte di noi. Alle volte parlava solamente lui; metteva in scena un monologo che dilagava nel soliloquio, e ogni mio tentativo di intervenire nella fiumana incontrollata dei suoi racconti veniva immediatamente imbragato dal suo annuire amicale e affettivo e nel rispondermi senza aver ascoltato: Certo, certo. Tuttavia custodiva gelosamente una capacità quasi fanciullesca di avvicinare persone di ogni provenienza sociale e di pensiero, linguistica e di tradizioni, pronto a sorprendere e a sorprendersi, entusiasta e curioso come sono e sanno fare solamente i bambini e i sapienti; capacità che sovente da adulti disperdiamo con troppa superficialità, polverizzandola nel caotico cammino della vita. Giustamente ma mai sdegnosamente orgoglioso delle sue idee, fieramente radicato senza alcuna preclusione, talvolta alquanto dogmatico nelle sue non scontate interpretazioni, allergico ad ogni atteggiamento pugnace, alieno a sentimenti ondivaghi e piccolo borghesi, autoironico, sornione e giocoso quanto basta. Questo era William che all’occorrenza metteva da parte il proprio bagaglio enciclopedico per sedare la sua viscerale sete di incontrare, di conoscere, di poter godere di un inaspettato istante ludico con chiunque incrociasse il suo sguardo o il suo frettoloso cammino. Borsa sformata, capelli per lo più non addomesticati, abiti essenziali e artisticamente abbinati tra loro. Occhi sagaci e sognatori, brillanti e profondi, passo lesto, quasi marziale nella parodia dell’autorevole erudito che metteva inconsapevolmente in atto. Pizzetto o barba incolta per mascherare pudicamente la faccia da eterno adolescente nel tratto e nell’animo, sempre in debito di tempo, stanco e livido per le notti insonni passate a studiare, a leggere e a lavorare. Dalle sue parole e nei pensieri esplicitati emergeva la bellezza, la libertà e la solidità di vivere un amore smisurato con sua moglie e per i suoi due figli, che tradiva solamente con la sua amata ricerca di verità, di conoscenza delle persone e di organizzazione critica e meticolosa degli eventi, tra le pieghe oscure, dolorose, affascinanti e meravigliose della Storia. Sarebbe bello avere ancora del tempo per condividere con William il pellegrinaggio gioioso e periglioso dell’esistenza. Ad ogni modo sono persuaso che il Tempo, la Storia, l’esperienza spirituale e umana di William, la sua vita e la Vita non siano ancora finiti.