Papa Paolo VI, il grande

Era domenica, la prima di agosto di un anno terribile, quaranta anni fa; per tanti i problemi non erano certo facili, alcuni erano in vacanza; altri, i gruppi giovanili diocesani nelle diverse espressioni, erano impegnati nella vallata di Chiusaforte in forme di sostegno alla popolazione colpita dal terremoto. Notizie non buone riguardavano la salute del Papa che aveva raggiunto la sede di Castelgandolfo. Anche il settimanale faceva una pausa. Il telefono era quello pubblico… e non c’erano i telefonini. Pertanto al mattino fummo raggiunti dalla notizia della morte di papa Paolo VI.

Un numero specialeBresciano, classe 1882, originario di Concesio. A Concesio, per il consueto tempo di vacanze, soggiornava il direttore di questo settimanale, don Maffeo Zambonardi. Non si poteva che interpellarlo sul da fare. Quando finalmente la linea fu libera e l’interlocutore avvertito, fu possibile scambiare due parole. “Sono stato ieri sera a celebrare la Messa in parrocchia per la salute del papa nostro compaesano. Vedi tu, quello che è meglio fare. Sono d’accordo che il settimanale esca in edizione speciale.” Nessuna idea di un ritorno per allestire il numero che lasciava alla nostra inventiva.Alla fine, il numero speciale fu allestito: quattro fogli, il messaggio dell’arcivescovo, una sintesi dei documenti principali del Papa; foto ed immagini dal mondo; soprattutto furono recuperate immagini e parole del viaggio di Paolo Vi ad Aquileia ed a Udine (16 settembre 1972), echi di una visita papale nella basilica aquileiese. Al redattore, in vista di piena corresponsabilizzazione, fu affidato anche il compito di portare materialmente le copie del giornale nelle parrocchie della diocesi. Un viaggio che si rinnoverà un mese e mezzo dopo, in quell’anno pieno di avvenimenti.   

La testimonianza di Paolo VIL’improvvisa malattia e scomparsa di Papa Paolo VI, dopo mesi ed anni di tensioni – che oggi è possibile rileggere anche con una serie di documenti e atti formali – ne restituiva la testimonianza e la centralità sia all’interno della vita della chiesa ma anche della missione della chiesa nel mondo. In particolare – le ultime ore, in silenzio mediatico, senza la potenza di telegiornali e giornali comunque in vacanza – la figura di Paolo VI appariva nella sua grandezza e caratterizzazione: un Grande Papa che ha portato a termine il Concilio Vaticano II, papa di una chiesa “esperta di umanità” che aveva anche riallacciato i rapporti con il mondo e con la modernità.Paolo VI, per chi lo ricorda arcivescovo di Milano, significa la presa di coscienza delle trasformazioni in atto nella società e nella chiesa; significa l’impegno per riallacciare il rapporto con il modo del lavoro, ma anche con il recupero della capacità di dialogo e di collaborazione, della fine delle separazioni soprattutto. Il cardinale Giovanni Battista Montini, divenuto Papa nel 1963 raccogliendo la eredità di Giovanni XXIII, si era presentato infatti come il Papa che aveva deposto (per sempre!) la tiara donata ai poveri, come l’autore della “Ecclesiam suam, la lettera enciclica del dialogo, oltre che l’autore della Populorum progressio e delle altre encicliche, il papa dei viaggi nel mondo, il papa che con altre parole – aveva posto definitivamente la chiesa cattolica nella prospettiva di cercare l’unità nella diversità e di avere a cuore e di privilegiare la cultura della mediazione. Una cultura messa in discussione… ma che, oggi, appare decisiva per il futuro.Nei quindici anni di servizio pastorale come vescovo di Roma, Papa Paolo VI, pur sotto la pressione di voci discordanti e tendenti spesso alla divisione, aveva collaborato efficacemente per tenere la chiesa unita, di offrire strumenti per una lettura di una società che si presentava come complessa e mai riducibile a sommi principi ma ad un incontro fruttuoso con il mistero del Regno di Dio. In questo prodigioso sforzo di ascolto e di accompagnamento, di intercomunicazione… egli non rinunciò mai alla sua missione.

I documentiDue documenti lo testimoniano efficacemente: la pubblicazione de l’”Humanae vitae” – enciclica restituita alla sua pienezza di proclamazione della legge dell’amore, più che al ricorso di metodi – e la pubblicazione del testamento spirituale, vero punto finale di una esistenza di uomo di fede e di chiesa. Dimensioni che non sono sempre così evidenti.Ne riprendiamo alcuni brevi cenni: “Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici – e tanti furono, e così buoni e generosi e cari! benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore! … Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi. … E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.”E, concludeva “E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo. … Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà.”