“Nuovi i mezzi del mestiere ma non spirito e stile”

Nel mondo del giornalismo oggi c’è bisogno di più coraggio e professionalità”, così Chiara Genisio, direttore dell’Agd (l’Agenzia dei Giornali diocesani piemontesi) e vicepresidente vicario della Fisc (la Federazioni italiana settimanali cattolici) commenta il momento che l’informazione sta vivendo nel nostro Paese.

Dottoressa Genisio, in un mondo dove le notizie corrono veloci e, lo sappiamo, a volte anche non nella maniera più consona, senza le opportune verifiche, quale ruolo assume la stampa locale?Un ruolo fondamentale. La stampa locale, sia su carta che sul web e sui social, in radio, racconta la vita, la storia, l’essenza di una comunità. Dà voce, e quindi cittadinanza, a chi è lontano dai riflettori nazionali. Contribuisce a creare una coscienza civile e sociale. E’ un pilastro della nostra democrazia. Chi opera nella  stampa locale si confronta con uno scenario che vede un continuo calo di lettori dei grandi quotidiani e un aumento dell’utilizzo dello smartphone. Non per niente l’ultimo Rapporto del Censis sulla Comunicazione tratteggia gli italiani come un popolo di navigatori, ma non di lettori.  La stampa locale, e in particolare quella diocesana, è  una voce fuori dal coro in questo contesto. L’impegno  profuso preciso, puntuale, quotidiano e settimanale nel mettere in luce tutti gli ambiti del vivere comune  crea un filo stretto con i lettori  in quello che si può sintetizzare con lo stile di informare formando. In linea con quanto ci ha ricordato papa Francesco quando ci ha incontrato, come settimanali della Fisc, lo scorso dicembre: « La vostra voce, libera e responsabile, è fondamentale per la crescita di qualunque società che voglia dirsi democratica, perché sia assicurato il continuo scambio delle idee e un proficuo dibattito basato su dati reali e correttamente riportati».

Alla luce di queste considerazioni, come vive e – soprattutto – si trasforma la stampa cattolica di questi tempi?Davanti a nuovi scenari  e alle difficoltà si può scegliere di chiudersi  o di aprirsi al cambiamento.  La dottrina sociale della Chiesa ci aiuta e ci sostiene in questa seconda linea. Non è semplice, ma è doveroso per noi. Nuovi sono i mezzi del mestiere, ma non lo spirito e lo stile. La velocità con cui si creano nuovi strumenti impone una maggiore rapidità che non può mai però essere causa della superficialità. Non ci interessa rincorrere un click in più se dietro non c’è verità e trasparenza.  La nostra forza risiede nel saper condividere e lavorare in rete. Non senza difficoltà, ma questo è l’obiettivo verso cui puntiamo.

Qual è a suo avviso lo “stato di salute” della stampa cattolica e in particolar modo dei settimanali cattolici in Italia? Come vedi la prospettiva un po’ più a lungo termine?Non esiste un ’bollettino medico’ valido per tutti. L’Italia è un paese meraviglioso, con tanti campanili, tessuti sociali ed economici molti variegati. La crisi economica che ha segnato profondamente la Penisola, lo sviluppo di una nuova economia legata al 4.0  segnano anche la stampa diocesana. Guardando al domani credo che molto dipenda dalla capacità di non chiudersi ma di essere sempre più rete, non solo a parole ma in azioni e politiche condivise.

Parliamo di tagli all’editoria. Di cosa ci dobbiamo preoccupare in primis? Eventualmente, come si potrebbero in qualche modo arginare i problemi che da ciò deriverebbero?Come Fisc siamo stati in prima linea per sollecitare la riforma della legge  editoria che in passato ha offerto la possibilità di storture e disuguaglianze. Abbiamo sempre insistito in particolare su equità,  rigore, trasparenza, professionalità. Il contributo dello Stato ai giornali locali è anche un moltiplicatore di lavoro e di opportunità. Siamo ancora in prima linea affinché il contributo non venga annullato. Tutto si può migliorare, noi offriamo la nostra esperienza e professionalità perché ciò diventi realtà.  Penso che sia necessario uno sforzo di creatività,  prendendo anche ispirazione dall’agire   dei  padri fondatori dei primi settimanali diocesani a metà Ottocento.  Credo inoltre sia importante  coinvolgere sempre di  più i nostri lettori nel processo di cambiamento e di sostegno.

Proprio in questi giorni si parla molto delle dichiarazioni di alcuni membri del Governo nei confronti dei giornalisti e della stampa. Da giornalisti e nello specifico da giornalisti della stampa cattolica, come porsi nella maniera più adeguata nei confronti di queste (offensive) generalizzazioni?Con un dialogo costruttivo, ma con una denuncia chiara sugli insulti: denigrare è intollerabile.

Di cosa ritiene ci sia più bisogno in questo momento nel nostro settore?Più coraggio e professionalità.