Le mummie dei sotteranei del Duomo di Cormons

I sotterranei del Duomo di Sant’Adalberto destano molta curiosità tra i cormonesi forse per un alone di mistero che conservano come ha dimostrato l’affollata conferenza che si è tenuta la scorsa settimana all’interno della chiesa. Ma come hanno spiegato i relatori, Giovanni Battista Panzera e Franco Femia, ci sono ben pochi misteri e tutti legati alle date di realizzazione dei sotterranei e ai nomi di chi venne sepolto in quelle celle. Tra i cormonesi c’è forte il desiderio di poter visitare questi sotterranei, ma al momento non è consentito per motivi soprattutto di sicurezza. Le ultime visite sono state compiute nel 1968, 1993 e 1997 alla presenza anche di funzionari della Soprintendenza ai beni culturali, sotto la cui tutela vi è l’intero duomo. Con l’ausilio di fotografie, scattate negli ultimi sopralluoghi, si è potuto scoprire quanto, e come, è conservato nei sotterranei della chiesa. Sotterranei che vennero rifatti quando venne realizzato il nuovo Duomo, i cui lavori iniziarono nel 1756. Ci sono tre zone dove venivano effettuate le sepolture in corrispondenza di altrettante pietre sepolcrali che si trovano sul pavimento della navata (portano la data 1774 e 1772) e del presbiterio del duomo (1772). L’area più ampia è quella corrispondente alla navata centrale. Vi si accede da una botola che si trova all’altezza del portale di ingresso. Una ripida scala porta a un corridoio che si sviluppa per gran parte della navata. Ai lati, dieci per parte, ci sono 10 celle, che conservano in totale 33 salme, in gran parte ormai ridotte a scheletri. E le mummie, di cui da sempre si parla e che vengono citate in diverse pubblicazioni?  Sono solo due le salme presentano un’integra mummificazione, alcune solo in parte, altre ancora conservano i vestiti. Ci sono anche le bare, semplici e di legno, tutte scoperchiate. I due corpi mummificati – un adulto di considerevole altezza e un bambino – si trovano in una cella, dove c’è un condotto di aereazione e questo avrebbe favorito la loro conservazione. Scrive Blasutic nei suoi Memoriali cormonesi: “due misteriose conservazioni dei cadaveri dipendono da ignote cause, ma è certo si è che un deceduto di morte violenta nell’inverno e chiuso in una di queste celle si mummifica ottimamente tanto più bene se la bara fosse scoperchiata. Abbiamo di quanto osserviamo la testimonianza del fatto, che dei gufi o barbagianni caduti nelle celle attraverso il canale di aereazione furono trovati perfettamente mummificati ma senza piume”.Pur conoscendo tutti i nomi dei sepolti nei sotterranei dal 1762 al 1784, è difficile poter identificare i poveri resti. Gli appunti e schizzi presi nel sopralluogo effettuato nel 1993 aiutano a identificare gli appartenenti di alcune celle come le due della famiglia di Giacomo de Locatelli che sulla porta in legno portano incise le iniziali G.L… In una di queste sopra le due lettere c’è una croce e questo potrebbe indicare che vi è la bara del vicario don Giuseppe Zoppolatti come attestato nel registro dei morti del 1769. Il colore delle vesti di un corpo che si trova in un’altra cella indicherebbe che si tratta dell’arcidiacono Sertorio del Mestri, deceduto il 17 aprile 1769: nel libro dei morti si legge anche che “è sepolto avanti l’altare della B.V. del Rosario stesso sito dove è sepolto altro arcivescovo della ill.ma casa del Mestri”. Si dovrebbe tratta di Stefano del Mestri”.Poi, la data 1783 e il tipo di coperchio, confrontata con i deceduti di quell’anno, ci porta a Giorgio Boschi che nel 1776 era il podestà di Cormons. La cella con quattro corpi, due adulti e due bambini di diversa età, confrontata con l’elenco generale dei sepolti ci porta nuovamente alla famiglia Boschi, il cui cognome lo si trova scritto nei registri parrocchiali in modi diversi, Boscho e anche Bosco. È l’unica ad avere due adulti e due bambini. Ci sono poi altri particolari riportati sul registro dei morti: “sepolto avanti sito confessionale parte battistero” identico sia per Maria Boscho che per Pietro Boscho. Maria ved. Di Pietro è deceduta a 78 anni, Pietro, pure di 78 anni, è il primo sepolto nella nuova chiesa il 27 giugno 1772. I corpi dei due bambini apparterebbero alle sorelle Bosco Cattarina, di 4 mesi e Marianna, figlie di Giorgio, che invece è sepolto in un’altra cella ed è identificato proprio dalla data riportata sul sarcofago.Oltre le celle della navata centrale, attraverso un varco basso e stretto, c’è lo spazio destinato agli affiliati della Confraternita del SS. Sacramento. Questo sotterraneo è fatto a colombaia e contiene 24 loculi, 12 per parte, tutti aperti. Lo stato disordinato in cui si presentano, con tutte le bare aperte e quelle dei loculi sfondate, portano a pensare che sono state profanate più volte. Sicuramente nel periodo napoleonico alla ricerca di monili o altri oggetti preziosi come era avvenuto nelle altre chiese cormonesi. Nella cripta della Confraternita si accede anche da un’altra parte. Sul pavimento del duomo, davanti alla balaustra, c’è un boccaporto di pietra con sopra incisa la scritta: “Sodalitium Euchar. Sacramento dictum suis condendis esseri bus Effondi curavit”. Anno 1772″, tradotto significa: Il sodalizio del SS. Sacramento curò che si scavasse per seppellire le proprie ceneri. Sul presbiterio c’è una terza pietra sepolcrale, datata 1774, senza scritta ma con inciso nel marmo il segno della morte e il cappello quadrato degli ecclesiastici. Alcuni scalini conducono a una camera grande quasi quanto il presbiterio e si notano le ceneri di una sepoltura.Le inumazioni all’interno non solo del duomo ma anche di altre chiese (San Giovanni e San Leopoldo) cessarono nel novembre 1784 – l’ultima è avvenuta il 6 novembre –  in seguito al decreto dell’Imperatore Giuseppe II di quello stesso anno che vietava di seppellire i defunti all’interno delle chiese e ordinava la chiusura dei cimiteri all’interno dei confini delle città e dei paesi. Venne quindi realizzato un nuovo cimitero che era ubicato nell’attuale via Conti Zucco e che funzionò fino al 1887 quando venne aperto l’attuale camposanto di via Molin Nuovo.