La strada del riconoscimento

Nell’accezione più comune il “riconoscimento” ha a che vedere, a un primo livello, con qualcuno che si rivede (e si riconosce) dopo molti anni; poi con quello che siamo e facciamo. Il riconoscimento mancato (misconoscimento) di una professione, o di un servizio, o di ciò che si è realmente può generare frustrazioni, se ci lascia influenzare da giudizi errati. In campo filosofico, un’opera più recente di Paul Ricoeur distingue tre tappe (corrispondenti ai titoli dei tre saggi): 1) il riconoscimento come identificazione; 2) riconoscere sé stesso; 3) il mutuo riconoscimento. Nel passaggio dalla prima alla terza tappa entra in campo la possibilità di donare, ricevere e restituire. Ed è incluso un concetto della parola (che rientra nell’etimo stesso) quale riconoscenza o gratitudine1. Queste accezioni sono racchiuse nell’impiego che si è fatto del termine, sebbene la prospettiva di fede vi dia un taglio determinato, che i verbi “conoscere” e “riconoscere” (e i relativi sostantivi) nel greco del Nuovo Testamento già suggeriscono.Il libro si articola attraverso una visione d’insieme del vangelo con l’introduzione generale e quella alle sue cinque parti. Vi è poi la lettura di alcuni passi più strettamente connessi al tema del “riconoscimento”, di colui che le folle identificavano con un profeta (cfr. 9,19). Trattasi di un riconoscimento nel senso più forte del termine, comprendendo la fede, da parte dei discepoli e di altri personaggi (anche del lettore), circa l’identità e la missione di Gesù. Ciò non toglie che questo processo, di cui una svolta piena avverrà dopo Pa-squa, implichi un previo essere stati “riconosciuti” da chi sa cosa c’è nel cuore dell’uomo (cfr. 16,15). Già i primi due capitoli del vangelo mostrano in tal senso come, a partire dall’iniziativa divina, gli uomini e le donne siano stati “riconosciuti” dal Signore e questo ha determinato a sua volta un riconoscimento carico di gratitudine e di lode. Lo si vede poi in molti punti del vangelo e, in particolare, nel capitolo finale. Quello che è stato detto di Lui nel vangelo dell’infanzia e, prima ancora nella Legge e nei profeti (cfr. 24,22), non risparmia a nessuno la fatica di una strada che conduce alla scoperta sempre più profonda delle verità di fede. I passi scelti in questa lectio divina2 hanno inteso mostrare come tale “riconoscimento” si è attuato per piccoli gradi e tappe, fino a una fede e una comprensione più piene, dopo Pasqua. Non sarà ancora un tale “viaggio”, che l’uomo può fare anche oggi, a portarlo alla consapevolezza, carica di stupore, del valore che la parola di Dio ha veramente? Non sarà un mettersi di nuovo sulle tracce di Gesù, nella sequela, che lo condurrà a comprendere la sua identità e il significato profondo della sua vita, morte e resurrezione? Solo mettendosi così in gioco, oggi come ieri, è pos-sibile entrare nella dimensione nuova in cui si attua il “riconoscimento” e si consegna sé stessi nelle sue mani, sì da ricevere in dono “molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà” (18,30). È l’augurio che l’autore rivolge al lettore, affinché le pagine dal volume siano uno sprone a entrare più nel vivo della parola evangelica (leggendola tutta) e di Colui che vi è all’origine. 1. Cfr. P. RICOEUR, Parcours de la reconnaissance. Trois études, Paris 2004, pp. 24-25. 2. Gli spunti di meditazione e preghiera alla fine della lettura di ogni pericope accompagnano il lettore in un successivo impegno personale.