Il tempo e il cammino

Le ombre della sera si allungavano come brina sulla calura del giorno. Era stanca. Si sedette su di un muretto e si guardò intorno. Troppo lunga la strada percorsa, il torpore ammorbidiva le ossa fino a piegarle.- È l’ora del tramonto – si disse – ho camminato tanto. Ora basta, è il momento di riposare. Ho già dato. Perciò, vecchia mia, tira i remi in barca e non remare più, abbandonati al dondolio di quest’acqua placata. La lentezza delle ore ti condurrà fino alla foce. Niente rimpianti per aver donato senza frutto, parlato senza ascolto, seminato senza raccogliere. Tutto passato: è l’ora del riposo. -Stava per socchiudere gli occhi nella dolcezza della sera, quando Lo vide. Un uomo veniva verso di lei o forse no. Era ormai divenuta invisibile. Invece sembrava la stesse cercando. Si sedette e le sorrise.- Tieni, mangia, sei stanca. – disse porgendole il pane – Devi ritemprare le forze, il tuo cammino non è concluso, ti aspetta una lunga salita. -Lo guardò e Lo riconobbe.- Mi spiace, ma arrivi fuori tempo e fuori luogo. Per anni e anni ti ho parlato, ti ho chiesto e Tu non hai mai risposto. Hai taciuto finché mi sono abituata al tuo silenzio. Si dice che gli umani si abituano a tutto e per ogni cosa il tempo dà loro conforto. Ed ora che ho deciso di fermarmi, per godere la frescura della sera, Tu arrivi per dirmi che devo uscire dal porto per tornare a remare in mare aperto ad affrontare tempeste…No, grazie, se permetti la vita è mia e decido io quando fermarmi. Ho dato tanto e ricevuto poco, lo sai. Almeno così mi pare. Di sicuro le mie parole non hanno sortito l’effetto desiderato. — Neppure le mie, guardati intorno e dimmi se ho torto. – disse dolcemente – Eppure anche nel silenzio della notte la Parola procede, a volte con passo lento, altre veloce. Persino il silenzio ne può agevolare il cammino. Se dono della speranza. — Non è come dici. Si tace quando non si ha più niente da dire, quando per anni le domande rimangono senza risposta o con risposta sbagliata. Quando gli anni ti mostrano chiaro che parlare non serve. Ma Tu non puoi capire, sei morto nel fiore delle forze  e non conosci l’angoscia dello sguardo che si frange sul mistero di un muro, che già tocchi con mano. E lo sfaldamento di un corpo che non risponde più al tuo volere, il dubbio che porta la notte dei sensi e la stanchezza di giorni sempre uguali e diversi. No, tu non conosci tutto questo, perciò non dirmi di camminare ancora. Non ho più voglia. La pigrizia rende dolci le ore della sera. -Egli la guardò e tornò ad offrirle il pane: Tieni, mangia – le sussurrò – ritempra le forze, nessuno conosce la fine del cammino. Non guardare al raccolto mancato, ma alla fatica del seminare. Il fiore è la promessa, il frutto si guasta se non viene mangiato. Il saldo non è nelle vostre mani, ma in mani più grandi. La fatica del cammino è la forza della vita. Abbi fiducia e prosegui. Anche il profeta Elia, sfiduciato per il mancato raccolto, implorò Dio dicendo: – Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono meglio dei miei Padri. Ma un Angelo del Signore lo svegliò e gli disse: Alzati, mangia perché troppo lungo è per te il cammino. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta notti e quaranta giorni fino al monte di Dio, l’Oreb.  -Il corpo declina, malgrado ogni sforzo, ma lasciare invecchiare lo spirito: questa la colpa.La sua giovinezza rimane intatta. Per sempre. Se cammini con Me. –