Il genio di Fornasir e la rivoluzione di Daverio

Ad onta di pioggia, bora scura e clima algido, notevole concorso di pubblico affluito alla sala conferenze della galleria comunale d’arte moderna a Monfalcone, in occasione di due conferenze consecutive nell’ambito del ciclo “Natura e cultura”. Nella prima parte dell’incontro, il vicesindaco Omar Greco, il prof. Edinio Valcovich dell’università di Trieste, i giornalisti Lucio Gregoretti e Roberto Covaz, Paolo Polli, presidente dell’associazione “Apertamente” e  Franco Braida, presidente dell’associazione “Fogolar furlan”  hanno dissertato sullo sviluppo industriale nel monfalconese dai primi del’900 in poi e hanno presentato il volume  “Memorie e culture – Itinerari della Monfalcone industriale”, dedicato in modo particolare alla figura di Dante Fornasir, ingegnere cervignanese attivo nei primi quattro decenni del  secolo scorso in area giuliana e distintosi in particolar modo nell’architettura industriale dei locali cantieri. Oltre alla pubblicazione editoriale, i relatori hanno proposto la dedicazione d’una piazza di Panzano all’eminente personalità. L’opera del Fornasir è risultata chiara in tutta la sua importanza per l’industria monfalconese soprattutto dalla dettagliata relazione del prof. Valcovich, il quale si è soffermato in particolar modo ad illustrare alcuni edifici esemplari a proposito, come il complesso delle Officine elettromeccaniche realizzate nel 1939, i cui progetto e costruzione, elogiati dalle migliori riviste scientifiche, hanno denotato, oltre alla luminosità degli interni, dovuta alle grandi aperture in facciata, un cospicuo risparmio di ferro grazie all’uso della volta sottile nonché “un’eleganza costruttiva estranea ai capannoni industriali in quell’epoca”, come ha osservato il docente. Nella seconda parte dell’incontro è arrivato Philippe Daverio il quale ha avviato una fluviale digressione non scevra di variopinte osservazioni, atte anch’esse ad esprimere tutto il suo interessamento alle sorti della nazione e non solo per quanto concerne il patrimonio artistico. Tema della sua conferenza: “Rivoluzione industriale ed innovazione architettonica prima e dopo la Grande Guerra”. Il critico ha esordito rammentando che l’Italia non necessita affatto dei soliti riferimenti al modello d’oltreoceano, giacchè, come tutto il continente europeo, ha sempre avuto il pregio di creare ciò che è durat o nel tempo e nella storia; pertanto, ad onta di ogni pretesa pseudo-culturale, essa può sempre imporre il proprio primato. Facendo leva, infatti, sui “brands”  che rappresentano le autentiche forze del nostro paese nel settore economico e finanziario -arte, abbigliamento, cibo e design-  Daverio ha prospettato una ripresa che per la nazione, pur nella crisi attuale , può essere ancora possibile. L’attenzione che l’Italia ha sempre riservato sia alla produzione, sia alla qualità della vita  -con la genuinità dei suoi prodotti alimentari, la salubrità delle fibre naturali nel tessile, la sua arte e la finezza che ha da sempre contrassegnato anche la sua “forma mentis” collettiva-  può essere ancora una provvidenziale soluzione. Per tale motivo, Daverio rivolge il suo elogio a tutti i giovani che, pur rischiando la disoccupazione, si impegnano con coraggio nello studio e nella salvaguardia dei beni culturali, perchè, secondo il critico, essi avranno un ruolo pregnante nella ripresa del nostro paese. Per quanto concerne il territorio giuliano, il relatore ha esortato i monfalconesi a ridurre al massimo l’impatto ambientale e a evitare il rischio della speculazione edilizia effettuata a scapito degli spazi verdi e delle aree d’interesse storico e artistico, anche se c’è da osservare in proposito che vari critici autorevoli hanno esposto il problema su scala nazionale. Infine, Daverio ha proposto un’ipotesi di ottimistica audacia, ma forse non di iperbolica realizzazione: un’associazione dei tre porti adriatici -in questo senso strategici –  di Venezia, Trieste e Monfalcone verrebbe a creare un polo industriale di singolare valenza. Il relatore conclude osservando con fermezza che “mai come ora l’opinione pubblica può fare testo e con grandi possibilità.”.  Che stiamo aspettando?