I coniugi Bratuž

Penso che molti hanno già sentito parlare della morte di Lojze Bratuž per mano dei fascisti nel periodo tra le due guerre.Ma chi era veramente Lojze Bratuž?Nato a Gorizia nel 1902, ha dovuto abbandonare la scuola nel 1915 allo scoppio della prima guerra mondiale.Già all’età di tredici anni dimostrò il suo talento musicale suonando l’organo nelle chiese di Gorizia.Con la famiglia dovette emigrare come profugo prima a Viareggio e poi a Rotello (Campobasso).Alla fine della guerra ritornò a Gorizia, completò gli studi e diventò insegnante. Dapprima gli fu assegnato il posto a Salcano, ma poi nel 1928 dovette trasferirsi lontano.L’amministrazione fascista chiuse tutte le scuole con l’insegnamento in sloveno, gli insegnanti e gli intellettuali di lingua slovena furono trasferiti, Bratuž dovette prendere servizio nella scuola di Manoppella in provincia di Pescara. Un anno dopo l’arcivescovo di Gorizia Sedej gli offrì l’incarico come professore di musica al liceo arcidiocesano nel seminario della città.Alla fine dell’anno però, Lojze ricevendo un avviso viene imprigionato, quindi dovette lasciare il seminario. Fu solo l’anno successivo che l’arcivescovo poté nominarlo sovrintendente dei cori delle chiese nel Goriziano.Il nuovo lavoro gli permetteva di visitare ufficialmente i cori soprattutto in periferia, insegnava musica e solfeggio e suonava l’organo durante le feste e le cerimonie.Nella cattedrale di Gorizia dirigeva anche il coro di lingua italiana.Ma il fascismo abolì già nel 1927 ogni forma di società in cui si parlava la lingua slovena, per cui a Bratuž fu molto difficile poter usare la lingua slovena durante le prove e nelle cerimonie.Per la prima volta fu aggredito dai squadroni fascisti nell’ottobre 1930, picchiato violentemente in piazza Vittoria, dovette essere ricoverato in ospedale per tre giorni.Alla vigilia di Natale del 1936, i fascisti lo fermarono a Piedimonte dopo la messa e lo costrinsero a bere olio meccanico, mescolato a benzina e vetro.Dopo circa due mesi morì in ospedale. La sua morte fu un duro colpo per la popolazione slovena di Gorizia. Al suo onore fu eretta qualche anno fa una targa commemorativa sulla piazza di Piedimonte.La sua figura appare anche in alcune opere dello scrittore triestino Boris Pahor.La moglie di Lojze Bratuž, la poetessa Ljubka Šorli, scrisse una raccolta di sonetti in sua memoria. Nata a Tolmino si sposò con Lojze nel 1933. E sulla sua stessa pelle provò gli orrori degli interrogatori fascisti. Nell’aprile 1943 venne arrestata a causa delle sue attività culturali in lingua slovena e sottoposta a terribili torture e internata nel campo di concentramento di Visco.Al suo rilascio nel 1944 e dopo il 1945 accettò l’insegnamento nelle scuole elementari prima a Tolmino, suo luogo natale, e dopo il 1947 a Gorizia.Anche lei era attiva nella cultura, teatro e spesso nelle ore serali dirigeva i cori cittadini.Collaborava con varie riviste e giornali di lingua slovena in cui furono pubblicate anche le sue poesie.Le sue opere, molte con contenuto impressionistico-riflessivo, si soffermano su temi paesaggistici, religiosi e sulle sofferenze individuali e del suo popolo. Nelle poesie echeggiano spesso il viale sotto il castello, Tolmino con il suo castello silenzioso e l’Isonzo, avvolto dalla nebbia verde-argento.