Gonars: interviste nella memoria per non dimenticare

Viene il tempo – ed è già il nostro in quest’alba del terzo millennio – nel quale le fonti (scritte, visive oppure materiali) vengono meno e, ancora più facilmente, quelle orali; soprattutto – ed è il parere convincente delle autrici della pubblicazione – viene meno la voglia di ascoltare e di mettersi in sintonia con quanti hanno qualcosa di importante da ricordare e da fare memoria. Pertanto, “raccogliere le memorie” diventa insieme una scelta ed un impegno che è appunto quello di ricordare. Proprio perché chi non ricorda rischia di ripetere errori e tragedie o, chi dimentica, scava fossi fra persone, famiglie, comunità, Stati.Pertanto una nuova pubblicazione – il titolo è “Memorie della nostra gente – il campo di concentramento fascista per internati jugoslavi di Gornars (1942-43)” – viene a proposito proprio perché raccoglie e presenta i verbali di una lunga raccolta di testimonianze personali e non raccolte da due ricercatrici (Francesca Ciroi e Annalisa Shiffo) fra compaesani e concittadini della località che ha ospitato appunto uno dei campi di concentramento allestito tra l’estate e l’autunno del 1941 per prigionieri russi e, successivamente, per internare ufficiali dell’esercito yugoslavo e, in seguito ancora, sei-settecento prigionieri politici della provincia italiana di Lubiana, fino contenere oltre sei mila internati. In qualche modo corrispettivo con l’analogo campo sorto ai margini del paese di Visco.Del campo oggi non resta nulla, se non qualche terrapieno con alcune stele commemorative.Il cimitero di Gonars contiene un monumento dove sono state raccolte le urne di 471 persone. Alle documentazioni esistenti si aggiungono, inoltre, 31 interviste (effettuate nel periodo di tempo compreso fra i mesi di marzo e giugno del 2011) che costituiscono esemplari testimonianze, ricche di  memorie e aneddoti, soprattutto riportano ricordi personali ed emozioni che questi abitanti di Gonars e Fauglis hanno consegnato sulla vicenda del campo di concentramento.Le autrici raccontano delle confidenze raccolte e soprattutto dell’accoglienza ricevuta, della partecipazione intensa di un intero paese alla vicenda sconvolgente di coloro che nel campo furono internati.L’editrice La Nuova base, dopo l’interessamento dell’amministrazione comunale Gonars, le ha raccolte in una pubblicazione che contiene una prefazione affidata al prof. Ferruccio Tassin.La lettura di oltre centosettanta pagine, appare davvero estremamente coinvolgente sul piano umano proprio perchè esemplifica la partecipazione di generazioni diverse alla vicenda, fa emergere il forte senso di condivisione e, soprattutto, certifica la voglia di non dimenticare. Un sentire che si fa voce e richiesta coraggiosa anche di verità e di giustizia, in particolare rispetto ai luoghi comuni e ai tentativi di revisione e di negazione, suffragati dalla tentazione ricorrente di contrapporre le vittime di una parte con quelle dell’altra.La penna acuta e l’indagine rigorosa dell’autore della prefazione non ha dubbi a mettere la parola fine a troppi silenzi interessati per invece invocare una vera e propria purificazione della memoria, atta a prendere atto delle tragedie avvenute, a non nasconderne la portata e soprattutto a condividere la sofferenza di chi ha subito le ferite che nessun silenzio potrà nascondere. Perfino a far crescere una diversa consapevolezza per tanto “mistero di inquità”, di violenza e di ingiustizia. Dentro alla purificazione della memoria corre anche la strada di una riconciliazione.