Gli sposi di via Rossetti: Stanko Vuk e di sua moglie Danica

Quando parliamo della storia di Gorizia, non possiamo dimenticare che le nostre terre conobbero la disgrazia e l’amarezza delle vicende, succedute prima e durante la seconda guerra mondiale.La minoranza slovena fu soffocata, da un lato, dalla dittatura fascista, sferzata dall’evento della guerra, e dall’altro, da contrasti interni. L’esito della lotta di liberazione e la violenta rivoluzione avviata dal Partito Comunista portò il popolo nelle mani di un’altra dittatura, altrettanto letale e violenta.Le trame di questo passato si rispecchiano in un personaggio, narratore e poeta, la cui vicenda fu ricordata da due scrittori triestini, uno italiano e uno sloveno.Lo scrittore Fulvio Tomizza riportò questa vicenda nell’opera Gli sposi di via Rossetti; alcuni anni più tardi Boris Pahor nel romanzo Oscuramento. Tutt’e due le opere furono centrate sulla figura del poeta Stanko Vuk e sul mistero della sua morte.Il venerdì del 10 marzo 1944, nell’appartamento al terzo piano di via Rossetti a Trieste risuonarono nella notte colpi di rivoltella.I proiettili spezzarono le vite dei due residenti: del trentunenne Stanko Vuk e di sua moglie, la venticinquenne Danica Tomažic, sorella del grande eroe, Pinko Tomaži¤ che fu condannato a morte dal Tribunale speciale fascista nel secondo processo di Trieste e fucilato nel poligono di tiro a Opicina nel 1941.Ma chi aveva sparato a Stanko Vuk?Stanko era nato nel 1912 a Miren in una famiglia di calzolai, il padre era direttore della cooperativa e come scrive Tomizza: ’’fu educato da cattolico in un clima di umiltà e oppressione, e il suo sentimento religioso dovette essere nutrito dalla passione dominante di Cristo.’’ Stanko frequentò la scuola media a Gorizia e così pure l’accademia commerciale.Negli anni 1934-38 studiò a Venezia e si diplomò alla facoltà di scienze politiche.Già in quei anni aveva pubblicato articoli e poesie sulla stampa e soprattutto su riviste illegali divulgate a Gorica e sul Litorale.La sua letteratura rivela una sottile sensibilità nella percezione della natura e una metafora audace, spesso surreale.Pubblicò ricerche su G. Papini, su Benedetto Croce, sulla letteratura cattolica del dopoguerra. Terminati gli studi, trovò lavoro presso la casa editrice Mohorjeva družba di Trieste.Nell’estate del 1940, la polizia fascista lo imprigionò nell’ambito degli arresti di massa che in quegli anni travolsero il Litorale e le cui vittime furono gli intellettuali sloveni.Rimase in carcere anche dopo la capitolazione dell’Italia, all’inizio del 1944 fu trasferito ad Alessandria.Un mese dopo era in libertà a Trieste. Insieme a sua moglie Danica si stava preparando per intraprendere la lotta partigiana, quando fu visitato da tre uomini armati.Chi erano?Sia Tomizza che Pahor seguirono le conclusioni di un libro: Po sledovih ¤rne roke (Seguendo le tracce della Mano nera), scritto nell’anno 1975 dal giornalista Jože Vidic che riporta l’interpretazione secondo cui il massacro fu commesso da cetnici sloveni, forza militare anticomunista e fedele al re e al Regno della Jugoslavia.Negli ultimi anni però furono riscoperti nuovi documenti e si fecero avanti nuovi testimoni secondi i quali i veri responsabili furono i capi del Fronte di Liberazione del partito comunista che voleva sbarazzarsi di Vuk, perché ai loro occhi era diventato un elemento di disturbo.Nel Fronte di Liberazione Vuk voleva rappresentare e guidare i socialisti cristiani, dai quali aveva infatti un ampio sostegno, anche dalla parte del clero.Il Movimento sociale cristiano (Krš¤ansko-socialno gibanje), che tra i suoi membri comprendeva anche artisti, sacerdoti come Virgil Š¤ek ed Engelbert Besednjak, era di gran lunga l’entità politica più popolare e più organizzata a Gorizia e non solo nel periodo tra le due guerre.Il Partito Comunista voleva invece il monopolio totale nella lotta di Liberazione e non tollerava nessuna concorrenza.