Gli anni Quaranta vissuti al ginnasio e al liceo

I miei anni alle scuole medie trascorsero tra il 1942 e il 1945, ad essi seguirono due anni di ginnasio prima di arrivare, nel 1947, al liceo.         Come si può ben capire fu quello un tempo di fuoco, per ciò che ci succedeva attorno sul piano sociale e politico. Ciò non tolse che sul versante personale, si ampliasse il cerchio delle amicizie, alcune divenendo più profonde, in particolare quelle con i due amici più importanti della mia vita goriziana, il Berto Medeot e Bruno Calderini.Appena arrivato alle medie mi trovai bene, le cose sembravano andare in modo favorevole, con tanti compagni nuovi e ben disposti, una professoressa di lettere, quella che trascorreva con noi più ore, di piena soddisfazione. Graditi anche gli altri insegnanti. Purtroppo il positivo avvio dell’anno subì una inattesa e drammatica svolta, la nostra simpatica e giovane insegnante di lettere, alla quale ci eravamo ormai tutti affezionati, improvvisamente ci lasciò. Gli era morto in un combattimento il fidanzato, ufficiale dell’esercito e lei non si sentì di continuare l’insegnamento. La nostra classe non poté proseguire nel suo assetto iniziale, dovette venire di conseguenza smembrata. Così terminai la prima con una professoressa e con dei compagni di classe diversi da quelli che avevo avuto all’inizio, conoscendo ben poco questi ultimi e solo di sfuggita la nuova insegnante. L’anno successivo mi trovai in una classe che, questa volta, durerà unita fino alla fine. Alla sua guida trovai un professore di grande prestigio, l’Alesani, una personalità che mi conquistò ben presto, sia sul piano degli insegnamenti che su quello di una squisita umanità. Sotto la sua esperta e capace guida studiammo con una certa fatica e scarsi risultati un latino da parte nostra poco apprezzato, ci dedicammo invece con gusto e piacere alla pratica degli scritti d’italiano. Ci piaceva scrivere le “cronache”, le composizioni scritte che allora stavano al posto degli attuali temi, che noi scrivevamo liberamente, secondo il nostro gusto. Quelle nostre creazioni letterarie ci appagavano perché permettevano a ciascuno di noi di raccontare le vicende della propria vita, se poi apparivano degne, le migliori venivano addirittura lette davanti alla classe, ascoltate con attenzione da tutti, accolte naturalmente con particolare compiacimento da chi ne era l’autore!  La convivenza scolastica proseguiva, in un clima familiare, senza intoppi quando, ad un certo momento, per motivi a noi ignoti, venimmo trasferiti alle scuole elementari di via Cappuccini. La nuova situazione comportò un cambio dell’orario scolastico, le lezioni si tenevano al pomeriggio e la cosa ci diede un certo fastidio. Inoltre, con il passare del tempo, proseguendo il periodo bellico, incominciammo a venire tormentati dagli allarmi aerei che si ripetevano sempre più spesso. Ad ogni allarme dovevamo interrompere le lezioni e venivamo mandati a casa. Quell’anno scolastico non riuscì perciò a concludersi in modo tranquillo e normale, l’ultima parte della seconda media risultò disastrata. In una situazione del genere, alcuni dei nostri genitori, preoccupati per la piega delle cose, pensarono di farci frequentare la terza media dai Salesiani. Qui, si diceva, non si veniva sottoposti all’andamento a singhiozzo della scuola statale, nel caso degli allarmi non si mandavano gli studenti a casa, ma ci si recava nel rifugio del collegio. Successe così che alcuni di noi si ritrovarono per l’anno scolastico 1944-1945 iscritti al San Luigi, tra gli altri ritrovai Bruno, il compagno di banco dell’anno precedente e Berto, l’amico di via Barriera.Iniziava per noi una nuova avventura scolastica, in un ambiente mai prima conosciuto, un po’ fuori dall’ordinario, con una maggioranza di persone che non conoscevamo, all’interno di una struttura collegiale diretta da un ordine religioso. Diversi erano naturalmente i nuovi compagni di classe, con  alcuni di loro mi risultò più facile stabilire un rapporto particolarmente amichevole, si trattava di Vichi Peri e Pino Finizio. Con loro e Bruno formammo un quartetto di buona tenuta, che si rinsaldò via via fino alla fine del liceo. A noi si affiancava Peter Sadofski, amico anche lui, ma non con la stessa intensità che legava il citato inossidabile quartetto. In terza media ci fu inoltre vicino, ma solo per quell’anno Cece Oblac, un ragazzo che abitava nella stessa via della scuola, via Don Bosco, che legò facilmente con noi. Nella nostra classe accanto a me ebbi ancora per quell’anno l’amico Berto con il quale, come ho già detto, coltivavo una ben salda amicizia, insieme passavamo gran parte del nostro tempo libero, mantenendo vivo il rapporto tra noi. Rimanemmo vicini anche se, dopo le medie, lui scelse una scuola diversa dalla mia, preferendo studiare ragioneria, piuttosto che venire al liceo classico. Continuò perciò il nostro sodalizio che con  il tempo si rinsaldò anche. Dai Salesiani finii la media e, sempre da loro, proseguii in quarta e quinta ginnasio, con alcuni dei compagni di terza ed altri nuovi. La nostra classe formò un bel gruppo, che trascorse tutti e due gli anni del ginnasio in una buona e gratificante armonia, propiziata dalla simpatica e competente guida di don Chisté, il sacerdote nostro insegnante di lettere.Come si può immaginare trascorsero al San Luigi tempi molto importanti per la nostra crescita di adolescenti. Li vivemmo oltre tutto con l’occhio attento a ciò che ci succedeva attorno. C’era la guerra e a ricordarcelo ci pensavano i mezzi militari tedeschi che stazionavano nel cortile del collegio. Soprattutto ce lo facevano presente i bombardamenti della stazione Montesanto e gli attacchi aerei dei caccia-bombardieri che insidiavano i ponti sull’Isonzo. Giunse per fortuna anche il tempo della pace, ancora tormentato comunque per noi goriziani, a causa dell’incertezza sul nostro destino nazionale e alla contesa tra italiani e slavi. In questa situazione attorno a noi inquieta e non chiarita, per noi personalmente d’una indubbia crescita umana che c’inorgogliva e ci faceva guardare avanti pieni di speranza, si concludeva il quinquennio delle medie e del ginnasio.Il capitolo delle mie amicizie comunque non si chiuse con il pur arricchente e intenso rapporto con i compagni di scuola. Durante il periodo del ginnasio, ormai terminato il periodo bellico e in una situazione di relativa tranquillità, mi si aprirono nuovi spazi nel rapporto con i coetanei fuori di scuola. Ad un certo momento, nei discorsi che facevo con Bruno su argomenti vari, diversi da quelli scolastici, lui mi parlò della sua presenza in parrocchia. Non so se di sua iniziativa o su richiesta di chi si occupava dei giovani parrocchiani, fatto sta che m’invitò ad un incontro che si sarebbe tenuto presso la sede parrocchiale. La cosa mi stuzzicò un po’ e così aderii all’invito, devo dire che in fondo mi sentivo lusingato per l’occasione che mi veniva offerta, Bruno poi, me l’aveva convenientemente presentata come una particolare attenzione nei miei riguardi. Per me rappresentava una novità, per l’occasione avrei ascoltato il discorso che Cesco Plet, un giovane parrocchiano che studiava in seminario e svolgeva la propria attività pastorale in parrocchia, occupandosi in particolare della gioventù. Durante la riunione il futuro don, tra l’altro, c’invitò ad aderire all’associazione cattolica locale: si rivolse anche personalmente a me, manifestandomi la speranza di ritrovarmi tra chi sarebbe tornato. Non risposi subito positivamente, ma promisi che avrei ripensato alla sua richiesta. Della cosa discussi con Bruno che era anche il presidente dell’associazione giovanile della parrocchia, alla fine mi convinsi che sarebbe stata per me un’occasione per aprirmi ad un mondo nuovo, mi confortavano poi i discorsi del mio carissimo amico, sempre seri e molto interessanti. Condotto da lui mi accinsi alla nuova impresa, incominciando a frequentare il suo gruppo, così incontrai ed ebbi modo di conoscere un buon numero di nuove e simpatiche persone. Ebbi anche l’opportunità d’incontrarmi spesso con il don della famosa prima conferenza, diventando un po’ alla volta suo amico e collaboratore. Infatti lui e Bruno mi chiesero di occuparmi dei ragazzi tra i 12 e i 15 anni, quelli che nell’associazione venivano chiamati gli “Aspiranti”. Diventai il loro “Delegato”, lavorando in piena sintonia con i loro dirigenti, che non erano altro che don Cesco, che ne era l’assistente spirituale, e Bruno. Così la mia presenza tra i giovani di Piazzutta si rafforzò, mi occupai di tanti ragazzi, ma conobbi anche meglio i componenti del gruppo giovanile, più o meno miei coetanei. Dei piccoli ricordo in particolare Gino Carli, con il quale ebbi qualche incontro anche quando me ne andai da Gorizia, nel suo viaggio di nozze venne a trovarmi a Rimini e mi fece conoscere la sua gentile consorte. Dei più grandi ricordo in particolare l’Edo Ferfoglia e l’Egidio Marega, il primo molto sportivo, organizzatore dei giochi e le gare tra i giovani della parrocchia, il secondo assiduo frequentatore dell’associazione. Ma coloro con i quali legai maggiormente e con i quali iniziò una salda amicizia furono Pierin Grusovin e Aldo Lipizer. Assieme a Bruno formammo un gruppo molto affiatato, sempre presente insieme in tutte le imprese dell’indimenticabile associazione parrocchiale, quella che venne conosciuta come la “Giosuè Borsi”, dal nome del giovane al quale il nostro gruppo giovanile s’ispirava.L’insieme delle amicizie che mi coinvolsero tra l’inizio della media, a undici anni, e la fine del ginnasio nel 1947, risultò perciò ben ampio e vario. C’erano pur sempre i giovani di via Caprin 21 e gli amici del vicinato, ad essi si affiancò l’universo di Piazzutta, per me nuovo e diventato subito coinvolgente e impegnativo.Nello stesso tempo continuavano le amicizie scolastiche, in particolare quelle con Bruno Peri e Pino Finizio. Su tutte primeggiavano però, profonde e costanti, che mai più s’interromperanno, le amicizie più grandi della mia vita, quelle con Berto Medeot e Bruno Calderini.