France Bevk, lo scrittore che sentiva il bisogno di rimanere fra la sua gente

Dopo la fine della prima guerra mondiale e dopo lo spostamento dei confini, i nuovi territori annessi all’Italia si trovavano in una condizione difficile, sia per i cambiamenti ai quali erano stati sottoposti, sia per i danni subiti durante la guerra. A Trieste, già nel luglio del 1920 ci fu l’incendio del Narodni Dom e a Gorizia anche il Trgovski dom divenne obiettivo di soprusi da parte delle bande delle Camicie nere. In quel momento fu chiaro che lo squadrismo aveva preso piede, non era più sotto controllo e che la cultura degli sloveni in città era stata per sempre compromessa.Molti artisti e scrittori sceglievano di emigrare perché avevano capito che la loro vita sarebbe stata molto difficile, non potendo esprimersi poi nella loro lingua madre: è il caso degli scrittori Ivan Pregelj e Ciril Kosmač. Ma France Bevk aveva deciso diversamente. Anche durante il periodo della denazionalizzazione fascista, ha insistito di rimanere “sulla sua terra” e con la sua attività letteraria, con articoli e novelle pubblicate spesso sulle riviste clandestine, ha contribuito a preservare la lingua e la coscienza nazionale slovena. Egli nacque a Zakojca nel 1890, non lontano da Tolmino, quel territorio che è stato poi annesso all’Italia.Nel 1913 si è diplomato nell’Istituto magistrale di Gorizia e prese servizio come maestro non lontano dal suo paese nativo. Nel 1917 fu confermato nell’esercito e mandato al fronte orientale in Galizia. Nel 1920 tornò a Gorizia lavorando come giornalista e redattore per vari giornali e riviste: Slovenec, Večerni list, Mladika, Goriška straža, čuk na pal’ci, Naš glas. A causa delle sue attività culturali e in favore delle riviste slovene, lo stato lo perseguitò, fu rinchiuso, imprigionato più volte, l’ultima poco prima della capitolazione d’Italia. Dopo la guerra ebbe molte importanti funzioni culturali e politiche, ma soprattutto scrisse instancabilmente memorie, vignette, novelle, diari di viaggio, romanzi, sceneggiature, drammi, oltre a poesie e prose per i giovani. Ha iniziato a scrivere prima della prima guerra mondiale e si è affermato come uno dei migliori scrittori giovanili. Da questi lavori furono realizzati dei film. Famosa la sua novella Lukec in njegov škorec (Lukec e il suo stornello) oppure črni bratje (I Fratelli neri) che prende spunto da un episodio realmente successo a Gorizia durante il ventennio fascista. Un gruppo di ragazzi delle scuole medie superiori, legati fra loro da una vera amicizia, prende di mira il regime, lasciando sulle vetrine dei negozi sul Corso e in luoghi pubblici dei volantini che incitano il popolo a ribellarsi al fascismo. È un po’ la versione slovena dell’organizzazione ’’La rosa bianca’’ nella città di Monaco di Baviera. I giovani furono scoperti e condannati. Alcuni di loro morirono poi in prigione. Scrivendo per adulti, Bevk ha portato alla ribalta questioni nazionali. L’opera più importante è forse il romanzo Kaplan Martin čedermac (Il cappellano Martin čedermac), ambientato negli anni trenta del secolo scorso nella zona abitata dalla minoranza slovena tra Cividale del Friuli e i monti che sovrastano Kobarid (Caporetto), nota come Bene¤ija o Slavia Veneta. Il romanzo racconta le vicende di un anziano sacerdote che si scontra con le leggi fasciste che nel 1933 proibirono l’uso dello sloveno durante le funzioni religiose e il catechismo. Il cappellano ¤edermac soffre per l’ingiustizia verso il proprio popolo e non sa come agire, combattuto tra il dovere di obbedienza verso le autorità e il desiderio di opporsi all’oppressione fascista. Rifiuta un tentativo di corruzione da parte di un ufficiale della Prefettura, nasconde i libri di preghiera in sloveno che altrimenti sarebbero stati requisiti dalla polizia. Il romanzo si conclude con il pensionamento dell’amareggiato cappellano, che viene sostituito da un altro più giovane e meno “scomodo” al regime. La storia fu tradotta in italiano e pubblicata a fumetti con la prefazione di Boris Pahor. Per il suo romanzo Bevk trasse ispirazione da una persona realmente esistita, don Antonio Kufolo (1889-1959), cappellano a Laze pri Podbonescu (presso Pulfero). Ancora oggi il termine “¤edermac” è usato in sloveno per indicare il clero che in Benečija o più in generale nel Friuli Venezia Giulia difese la cultura della minoranza slovena dagli attacchi del regime. Bevk morì nel 1970 ed è sepolto nel cimitero di Salcano. A Nova Gorica, nel parco centrale, si può ammirare il suo monumento, opera dell’artista Boris Kalin. Il premio alla lettura (Bralna značka) prende il suo nome e così pure la nuova biblioteca a Nova Gorica.