“Una “parola” per gli altri che ha vissuto la Parola di Dio”

Sabato 6 agosto l’arcivescovo Carlo ha presieduto in cattedrale le esequie di mons. Oskar Simčič, decano del  clero diocesano e canonico teologo del Capitolo metropolitano.Mons. Oskar era ritornato nella Casa del Padre la sera di mercoledì 3 agosto.Era nato a Medana il 4 maggio 1926 ed era stato ordinato il 2 luglio 1951 nella chiesa dell’Immacolata del Seminario  dal vescovo di Trieste mons, Santin,Prefetto dell’Istituto Aloisano a Gorizia, aveva studiato a Roma e quindi era stato vicariò cooperatore a San Floriano e quindi a Giasbana. Parroco a San Floriano del Collio dal 1969 era tornato quindi a Roma per completare gli studi. Docente nei seminari di Udine, Trieste e Gorizia  Nel 1974 era stato nominato Canonico del Capitolo metropolitano con il titolo di Teologo. Dal 1987 era divenuto Vicario episcopale per i fedeli di lingua slovena ed anche Cancelliere della Curia arcivescovile, incarico mantenuto sino al 2013. Dal 1994 al 2016 era stato membro del Collegio dei Consultori.Pubblichiamo il ricordo del vescovo Carlo nell’omelia della liturgia esequiale.Stiamo celebrando le esequie di mons. Oskar Simčič. Viviamo questo momento certamente con un velo di tristezza sul cuore, ma anche con grande serenità. È giusto che sia così, perché ciò corrisponde a come mons. Sim¤i¤ è vissuto e a come ha affrontato nella fede e nella serenità la morte. Ne sono testimone avendo visto con che fede ha ricevuto il sacramento dell’Unzione e pregato Maria con il rosario nelle ultime ore della sua vita. Tutti noi qui presenti potremmo dire molto sulla figura di questo sacerdote così significativo per la nostra diocesi, ma anche oltre confine per il suo amore e anche il suo impegno a favore della Chiesa in Slovenia (e ringrazio chi ha voluto oggi essere presente per testimoniare questo). Tocca però a me offrire qualche spunto per la nostra riflessione e la nostra preghiera. Ovviamente ho conosciuto mons. Oskar solo negli ultimi anni della sua lunga vita, anni che però sono stati vissuti intensamente sino alla fine e a servizio della Chiesa. Partirei da ciò su cui mons. Oskar ritornava spesso quando mi confrontavo con lui, parlando dell’essere prete. Mi raccomandava soprattutto due cose: noi preti – diceva – dobbiamo essere per gli altri “parola”, trasparenza del Signore e poi dobbiamo avere lo sguardo luminoso per vedere questa presenza di Dio nel mondo e soprattutto nelle persone. Mons. Simčič è stato davvero una “parola” per gli altri, che ha vissuto la Parola di Dio, una parola luminosa. Ed è stato capace di vedere anche negli altri l’azione di Dio. È stato così vivendo quanto ci è stato presentato dai passi della Scrittura di oggi. La prima lettura anzitutto, tratta dal libro di Daniele, afferma che “i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento”. Mons. Simčič è stato davvero un uomo saggio. Una saggezza cresciuta con l’esperienza della vita, la preghiera e la meditazione, ma anche con lo studio, l’approfondimento, la riflessione. Fino a qualche settimana fa, mi colpiva vedere don Oskar preso dalla lettura di testi impegnativi, come, per esempio di Romano Guardini o di altri teologi (mi diceva, con umiltà, che non sempre capiva subito tutto…). Un prete che anche a oltre 90 anni sentiva la necessità di approfondire la propria fede, un approfondimento fatto con gusto, con gioia, con apertura d’animo. Veramente, come abbiamo ascoltato dal salmo, un uomo assetato di Dio, del suo mistero, del suo amore.Ho detto “apertura d’animo” e direi apertura verso la novità e il futuro, in particolare della Chiesa. Ricordo che in occasione dei 90 anni avevo chiesto a mons. Sim¤i¤ quale era stata la cosa più bella e quella più brutta della sua vita. La seconda non me l’ha detta: immagino che fosse legata a periodi bui e tragici vissuti dalla nostra terra di qua e di là del confine. Mi aveva però risposto circa la cosa più bella e cioè il Concilio Vaticano II, che don Oskar aveva vissuto nei suoi anni di Roma come una vera primavera per la Chiesa.Il brano di Vangelo ci parla delle beatitudini. La beatitudine è la felicità. Tutti cerchiamo la felicità, credenti e non credenti. Il problema è che spesso sbagliamo strada e non la troviamo. Il Vangelo ci indica delle vie per arrivare alla felicità che ci sembrano strane: la povertà, il pianto, la mitezza, la giustizia, la misericordia, la purezza, la pace, la persecuzione. Eppure sono le sole strade che portano alla felicità e alla gioia autentiche. Non so come mons. Sim¤i¤ le abbia percorse: solo il Signore lo sa veramente. Posso però dire che si è avvicinato alla meta. Don Oskar era infatti un uomo che viveva la gioia, una gioia profonda, serena, saggia. Una gioia che lo portava a gustare la vita, la sua, ma soprattutto quella degli altri. Mi ha sempre colpito come, pur bloccato negli ultimi anni a letto e attaccato all’ossigeno, fosse davvero contento nel sapere quello che succedeva in diocesi, delle attività delle parrocchie, delle iniziative per i giovani e per i ragazzi, gioendo per le cose belle e per gli altri. Non è per niente facile quando si è ammalati e bloccati a letto non chiudersi in se stessi e nella tristezza. Mons. Sim¤i¤ ha invece fino all’ultimo gioito per gli altri e ha davvero gustato la vita.Un gioire per gli altri che dice anche una grande finezza di attenzione verso di loro. Permettetemi che ricordi anche qui un piccolo episodio di alcuni mesi fa. Ero passato da lui un giorno che non stava bene ed era un po’ nervoso e, contrariamente al suo solito, si era lamentato di come era seguito nella Comunità sacerdotale. Passando il giorno dopo per vedere se stava meglio, lo avevo trovato più sereno e con mia meraviglia si era scusato con me per lo scatto di impazienza del giorno prima. Come dicevo all’inizio, altri che hanno conosciuto mons. Simčič molto più a lungo di me e hanno goduto del suo ministero sacerdotale, del suo interessamento, del suo affetto per molti anni potrebbero aggiungere altre parole e altri ricordi, anche più significativi. Vorrei però concludere ricordando la festa che oggi la Chiesa ci propone: quella della trasfigurazione. Un giorno in cui, tra l’altro, è morto proprio il grande papa del Concilio, Paolo VI, che don Oskar ammirava e stimava. Non so se interpreto bene l’episodio della trasfigurazione, ma mi pare che sia da vedere non come il momento in cui Gesù diventa diverso, ma come quello in cui la sua umanità diventa per così dire trasparente e manifesta la gloria di Dio. I discepoli avevano bisogno di quel momento per prepararsi ad affrontare la croce. Ricordate: Pietro vorrebbe costruire tre capanne per Gesù, Mosè ed Elia per restare sempre su quel monte. Invece i tre apostoli devono tornare a valle con Gesù: non è ancora giunto il tempo della gloria e della risurrezione. Eppure sicuramente quel momento luminoso sul monte li ha aiutati molto nel loro cammino.Penso che il Signore doni a tutti noi qualche esperienza di trasfigurazione. Occasioni in cui intuire una presenza vera e luminosa di Dio nel buio della nostra vita e che ci danno la forza di andare avanti. A volte queste occasioni sono costituite da qualche esperienza intensa e personale di preghiera o di rapporto profondo con Dio dentro il proprio cuore. Altre volte sono invece degli incontri con delle persone, che sono segni di Dio. Per me, ma penso anche per molti di noi, mons. Sim¤i¤ è stato questo segno. Ne siamo molto riconoscenti a lui e al Signore che ha donato questo sacerdote alla nostra Chiesa. Nel suo ricordo e, certamente con il sostegno della sua preghiera e del suo affetto dal Cielo, continuiamo allora con coraggio il nostro cammino. Nasvidenje, gospod Simčič.