Una cultura del prendersi cura e di reale fraternità

Maturare insieme verso una cultura del prendersi cura e di una reale fraternità”: questo l’auspicio che l’arcivescovo Carlo ha rivolto alle comunità cristiane di Gorizia e Nova Gorica prendendo spunto dalle parole che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dedicato alla scelta della due città come capitali europee della cultura per il 2025.Nella parte finale dell’omelia pronunciata durante la messa presieduta in cattedrale il primo gennaio, mons. Redaelli si è soffermato proprio su tale prossimo appuntamento collegandolo in modo particolare al messaggio che papa Francesco ha dedicato alla Giornata mondiale della pace di quest’anno.

Un anno che ieri sera è cominciato un po’ a sorpresa per noi goriziani con gli inaspettati complimenti del Presidente della Repubblica per la designazione della nostra città insieme a Nova Gorica come capitale della cultura europea nell’anno 2025, anno in cui tocca appunto alla Slovenia e alla Germania esprimere le due capitali della cultura europea. Penso che tutti siamo stati colpiti dalle parole del Presidente Mattarella per il significato che ha voluto dare a questo impegnativo riconoscimento per le due città. Parole che ci impegnano anche comunità cristiana di Gorizia. Le riprendo: “Si tratta di un segnale che rende onore a Italia e Slovenia per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune. Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa, in cui vi sono scontri spesso aspri e talvolta guerre anziché la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse”.Il Presidente ha quindi persino additato ad esempio per altre situazioni di confine tuttora conflittuali la convivenza, il rispetto reciproco, la collaborazione e le prospettive di un futuro comune che caratterizzano i rapporti tra Italia e Slovenia e ovviamente in particolare le nostre due città. Dicevo che sono parole impegnative, che ci chiedono di corrispondere effettivamente a quanto affermato dal Presidente. Ci sarà tempo per riflettere su questo e per vedere quali passi compiere anche tra le due comunità cristiane goriziane, tenendo conto anche della duplice ricchezza linguistica e culturale della nostra comunità cristiana di Gorizia. Ci sono certo già dei segni concreti. Ne cito solo due di questo periodo: la relazione tra le due Caritas che ha portato ad aprire recentemente anche da noi un emporio per l’infanzia riprendendo un’iniziativa già avviata a Nova Gorica e, poco dopo l’Epifania, il tradizionale incontro attorno al presepe delle due fraternità francescane. Dobbiamo però continuare nel lavoro di conoscenza, di stima, di relazione e di servizio comune al Vangelo e alla società. Anzitutto approfondendo, tra le altre, due indicazioni che ci vengono da papa Francesco. La prima è offerta dal messaggio per l’odierna giornata della pace. Un messaggio che si inserisce con molta concretezza nella difficile situazione che stiamo vivendo. Il titolo è infatti: La cultura della cura come percorso di pace. Cultura non nel senso di una riflessione intellettuale sulla cura e sulla pace, ma di un atteggiamento di fondo della persona che porta appunto a prendersi cura. Un prendersi cura, ricorda il papa, molteplice: del creato, della persona e della sua dignità, del bene comune. Con l’impegno a educarci a una cultura della cura. Il tutto ricorrendo alla solidarietà che – afferma papa Francesco – “esprime concretamente l’amore per l’altro” e con l’intento di un cammino comune, quale quello che dovrebbe esserci tra le nostre due città. Sarebbe molto bello che si fosse insieme capitali non solo della cultura storica, letteraria, artistica, scientifica, ecc. ma capitali della cultura del prendersi cura.Una seconda indicazione che ci viene data da papa Francesco è costituita dalla sua recente enciclica “Fratelli tutti” dedicata alla fraternità universale. Tutto il testo merita di essere ripreso e meditato da parte nostra, ma forse per tutti noi, da una parte e dall’altra del confine, possono essere particolarmente illuminanti le pagine che l’enciclica dedica alla “memoria” e al “perdono”. Troveremo certo l’occasione, con l’aiuto dello Spirito del Signore e senza lasciarci bloccare dalla pandemia, per fare nostri questi suggerimenti e per maturare insieme verso una cultura del prendersi cura e di una reale fraternità. Ci aspetta quindi un anno, anzi anni di lavoro e di impegno, protetti dalla benedizione del Signore.