Tempo delle ordinazioni e di riconoscenza

Giugno è tempo di esami di matura, di scuola che finisce e, nella vita ecclesiale, di assemblee e di incontri. Soprattutto è stato tempo di ordinazioni. Scorrendo l’annuario diocesano -fatte le debite eccezioni- ancora il maggior numero di ordinazioni singole o a gruppi è concentrato appunto nel mese di giugno, ed in particolare attorno alla festa dei santi Pietro e Paolo e, le prime messe solenni nelle comunità a cavallo con la prima domenica di luglio. Di solito, a parte qualche anno bisesto, un tempo di grandi calori e di luce; un tempo di vigilia non tanto di vacanze ma anzi di cambiamenti e soprattutto di inizi. Dalla grande festa delle ordinazioni sacre alle feste delle famiglie e delle parrocchie che poi erano la stessa cosa, a prova che erano giornate ed appuntamenti nei quali si ma- nifestava in modo clamoroso la comune appartenenza alla comunità ecclesiale. Di più, nella grande festa, si viveva un tempo di rinnovo di vite e di energie, di ricambio e di futuro.E’ stato così anche per la classe dei sacerdoti di cinquanta anni fa, una delle ultime classi numerose -sempre nelle proporzioni del tempo che non erano più quelle mitiche degli anni quaranta, ma nemmeno quelle scarse degli anni venti e trenta – che erano maturate nel ricostituito seminario (insieme minore e maggiore) dell’ultimo dopoguerra: quattro sacerdoti in ordine alfabetico (Guido Baggi, Giampiero Facchinetti, Duilio Nardin, Gioacchino Raugna, Flaviano Scarpin). Fra questi, come è stato ampiamente segnalato – e per lui era un vanto che ha vissuto come una singola straordinarietà per tutta la vita – uno, Duilio Nardin (1946 – 2018) aveva anticipato la sacra ordinazione per le mani del Papa Paolo VI che nel mese doi maggio del 1970, festeggiava appunto cinquanta anni di messa. Per gli altri – don Flaviano Scarpin (1946-2000) apparteneva alla parrocchia di Aquileia – la celebrazione ha avuto luogo nella basilica madre della diocesi ed è stata presieduta dall’arcivescovo Pietro Cocolin (1920-1982) che era anche lui all’inizio della suo servizio pastorale nella diocesi  goriziana. Basilica affollata – con una comprensibile grande partecipazione della gente di Aquileia – con grande afflusso di gente da Gorizia e Grado che poteva contare su due nuovi giovani neomisti, Facchinetti e Raugna, ma anche una larga partecipazione diocesana che si riconosceva profondamente nel seminario e nell’appuntamento diocesano. Alla intensità della concelebrazione faceva sicuramente da sponda le attese e le speranze dell’impegnativo futuro delle cinque nuove forze nella vita diocesana.Cinquanta anni dopo – e quest’anno non è stato possibile festeggiare traguardi e anniversari – tutto appare diverso e perfino difficilmente paragonabile. Resta non solo i cinquanta anni di vita e di testimonianza, caratterizzati da grandi diversità e fedeltà, ma ricche di umanità e di qualità di  servizi; doni che hanno arricchito il tessuto diocesano, le singole persone con intenso calore. Fra di loro, due hanno testimoniato nella lontana e vicina missione diocesana in Costa d’Avorio, le loro felici intuizioni e il peso della novità; altri hanno – in situazioni diverse – continuano ad offrire il loro servizio appassionato e dedicato. Meritano la riconoscenza e l’abbraccio della fraternità.***Invece, venticinque anni fa, nella basilica di Aquileia, veniva partecipato il sacerdote ministeriale a don Michele Centomo. Originario di Valdagno, completati gli studi in diversi seminari, era stato ordinato sacerdote per le mani dell’arcivescovo Antonio Vitale Bommarco. Una nuova stagione per la Chiesa goriziana con  l’apporto di vite ed esperienze lontane. Monsignor Michele, ha servito nelle parrocchie, in arcivescovado come segretario, ha sempre insegnato alle scuole materne e superiori, collabora con questa giornale, presiede la commissione liturgica e, dopo essere stato parroco ad Aquileia, è ora arciprete di Grado e parroco di Fossalon. Uniamo la sua ricorrenza a quella di don Paolo Jannaccone di Trieste, oggi parroco, ma per un tempo significativo assistente Aci e redattore del settimanale “Vita nuova” che sentiamo indissolubilmente legato alla nostra storia.  Due esistenze, una unica testimonianza di donazione e di amicizia.