Sulle orme di Paolo: spunti per le comunità di oggi

La proposta del viaggio sulle orme di S. Paolo è arrivata al nostro gruppo di Rinascita Cristiana in un momento di preoccupata riflessione sullo stato della nostra chiesa, locale e globale, in cui non sempre viene udita la voce dello Spirito, ed è sempre più difficile comprendere quale sia la direzione da prendere per il bene dell’uomo. L’esperienza vissuta ci porta a dire che l’esperienza di Paolo è ancor oggi fondante e ricca di spunti per la vita delle nostre comunità. Questi gli aspetti che ci hanno particolarmente toccati:

 – volontà e capacità di dialogare in modo aperto con la realtà contemporanea, di confrontarsi con tutti a 360 gradi, comprese le elites del tempo e il mondo “politico”, di incontrare i lontani in modo reale e fisico, senza temerne la diversità, e di comunicare l’essenzialità del messaggio evangelico cercando gli elementi comuni su cui innescare e incarnare l’annuncio;

– esistenza di piccole comunità domestiche: così si sono formate le prime comunità cristiane, che si ritrovavano per l’ascolto della Parola e la celebrazione dell’eucarestia durante la condivisione del pasto all’interno delle famiglie che avevano accolto l’annuncio; essendo prive di riferimenti e di modelli tradizionali il confronto sulla Parola consentiva di comprendere e affrontare in modo nuovo le problematiche dell’esistenza, rendendo di fatto il Vangelo vera Parola per la Vita. Il modello delle comunità domestiche, fatta di relazioni anche affettuose e continuative, consentì di abbattere il muro di separazione tra pagani ed ebrei, tra credenti e non credenti, tra liberi e schiavizzati. A differenza di oggi tale modello vedeva la partecipazione attiva di tutti i membri, i quali collaboravano a vario titolo e in molti modi diversi a diffondere l’annuncio evangelico e a far crescere la comunità;

– la dimensione relazionale della fede: la conversione di Paolo (At 9, 10) ci aiuta a comprendere che l’esperienza del Cristo Risorto non consiste solo in un dialogo intimo e personale del singolo credente ma cresce e si esprime nella relazione con gli altri vissuta secondo lo stile proposto dall’esperienza evangelica, e cioè accoglienza, perdono, curarsi dell’altro in modo gratuito, condivisione. Oggi, invece, prevale spesso una fede intimista, privata e staccata dalla comunità, che porta a vivere le relazioni in maniera fondamentalmente funzionale e strumentale (mi incontro con chi coltiva i miei interessi, la pensa come me, può essermi utile);

– il discorso di Paolo all’Aeropago come metodo di annuncio: conclusosi apparentemente con un fallimento, tale discorso costituisce una straordinaria proposta di metodo per entrare in dialogo con il mondo pagano. Vi si evidenzia la capacità di ascoltare veramente l’altro con rispetto e senza pregiudizio o denigrazione (non si pretende di strappare l’altro dalla propria cultura per imporne una nuova), di adattare il linguaggio a quello utilizzato dagli interlocutori, di utilizzare i paradigmi logici e di pensiero dell’altro, mettendo in evidenza l’essenziale verità (nel più profondo del cuore dell’uomo è stato seminato il desiderio e la nostalgia di Dio). Egli dunque, nel contesto di una realtà pagana, fa conoscere il Dio d’Israele ai Gentili senza richiedere loro l’osservanza della legge di Mosè, proponendo “solo” la fede nel messaggio del Cristo; si batte “per avvicinare i lontani, per ammettere e accogliere gli altri, quelli che erano religiosamente bollati come esclusi, per superare quindi i molti recinti del sacro, della cultura, della razza e del sesso, tutte barriere che egli sa ormai irrimediabilmente abbattute in Cristo”;

– la logica della croce come strumento per superare le divisioni e vivere l’unità della comunità: Paolo si rivolge alla comunità di Corinto, profondamente segnata dalle divisioni, invitando ad accogliere la logica della croce come una logica di vita, a guardare cioè a come ha fatto Gesù, che non ha utilizzato forme di rivendicazione, ritorsione e prevaricazione per risolvere i conflitti. Per noi cristiani spesso la croce è semplicemente il simbolo sacro in cui identificarci, nel nome del quale talvolta ci dividiamo dagli altri. Paolo riempie di contenuto nuovo il tema antichissimo della sapienza di Dio comunicata agli uomini; all’interno della comunità di Corinto non ci sono nobili, non ci sono sapienti ma persone normali, ed è proprio attraverso la loro condizione di fragilità e di limite che Dio intende manifestare la sua forza. Dunque la comunità cristiana, fatta di persone limitate e fragili, diventa il luogo della manifestazione della potenza di Dio se attraverso la logica della croce si superano i conflitti e le divisioni;

– la fede come percorso dinamico di conoscenza e di discernimento: Paolo prega perché i credenti delle comunità crescano “sempre più in conoscenza e in pieno discernimento” (Fil 1, 9). La fede, quindi, non è un talismano, un’esperienza mistica, data una volta per tutte, ma è un percorso esigente, dinamico, che richiede a ciascun credente di formarsi, conoscere ed approfondire continuamente la Parola. Da questa esperienza nasce la capacità di ciascuno di accogliere e ascoltare lo Spirito di Dio, forza vitale che diventa capacità di vedere e leggere la realtà della vita in maniera nuova, che trasforma interiormente e profondamente la persona e le sue scelte di vita. In questo consiste l’azione salvifica di Dio, questi sono i frutti di giustizia, cioè il sentire di essere salvati che trasuda in tutti gli ambiti della nostra vita.L’esperienza vissuta da tutto il gruppo, in cui ognuno si è impegnato a stare bene con gli altri, sostenendosi reciprocamente negli inevitabili momenti di difficoltà, condividendo senza maschere le proprie idee e il proprio vissuto, ha lasciato una gioia profonda al rientro a casa e anche il desiderio di continuare a cercare modi nuovi per entrare in relazione, testimoniando come la comunità riunita attorno alla Parola, in cui le persone si vogliono semplicemente bene, non è un’utopia, ma una realtà possibile anche oggi.