“Si riempiranno le anfore vuote del cuore”

Si è ripetuto anche quest’anno l’Incontro davanti al presepe promosso dall’Ordine francescano secolare di Gorizia e Nova Gorica. L’appuntamento quest’anno era nella cappella della Castagnevizza.Ottocento anni sono passati da quando Francesco d’Assisi, durante la quinta crociata, nel giugno del 1219, incontrò il sultano Malik al-Kamil, discendente del grande Saladino, la somma autorità del potere islamico, allora, in Egitto. Lo scopo del dialogo che il santo ebbe con il sultano, non fu, semplicemente, di testimonianza del Vangelo; egli desiderò far conoscere ai musulmani – come agli altri infedeli – la Grazia di Cristo, quella stessa che lo aveva toccato da giovane e gli aveva radicalmente trasformato l’esistenza.16 anni son passari da quando, nel 2003, Sara Jonan Bevc, originaria di Baghdad, capitale dell’Iraq, venne fatta scendere nei pressi della stazione di Nova Gorica, insieme alla sua famiglia e credette di essere giunta in Italia. Quando capirono l’inganno dei contrabbandieri erano stanchi psicologicamente, stremati fisicamente. In quello stesso giorno, Sara invano, di superare il confine. Rischiarono di arrivare, invece, oltre il confine tra Slovenja e Hrvatska. Del loro viaggio, che finì in un centro per richiedenti asilo a Ljubljana, è proprio Sara a raccontare a Stanko, ministro della fraternità slovena, e a tutti i francescani secolari arrivati da tutta la Slovenja e dal vicino Friuli Venezia Giulia a Kostanjevica na Krasu per il tradizionale incontro fraterno davanti al Presepe, giunto alla XXII edizione.L’Iraq – il “sole sorgente” – la Mesopotamia di una volta, culla di civiltà e cultura, arte e scienza, è, oggi, dopo secoli di guerre, una Repubblica prevalentemente musulmana.Sara, cattolica caldea, ricorda gli anni della fanciullezza e della giovinezza trascorsi nella sua terra, Paese di armi nucleari e di distruzione di massa, di guerre e rivoluzioni. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, in Iraq fu la volta della Guerra Civile. Fu allora che Sara lasciò il sole sorgente d’Oriente seguendo la speranza che la condusse in un’Europa cristiana eppure spesso ostile verso lo straniero e il migrante.Non è stato facile per Sara e la sua famiglia: in quale Vangelo credono i cristiani?E cosa ne sarà dei cristiani in Europa, troppo tiepidi nella fede, se non sapranno fronteggiare le mire espansionistiche e le conquiste aggressive dell’Islam?Papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, proprio un anno fa, il 14 gennaio 2018, ricordando le parole scritte nel Levitico “Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio”, invita la Chiesa ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare Gesù Cristo che si identifica con lo straniero di ogni epoca.Così Sara augura la pace alla sua cara Slovenja, auspicando per tutti i cristiani di ogni terra, una fede salda come quella che portò san Francesco, disarmato, davanti al sultano Malik al-Kamil. E al Padre Nostro, Padre di tutti i popoli, canta la preghiera in aramaico, così come ci è stata insegnata da Gesù, nella sua lingua.Al termine della sua testimonianza, in una chiesa dell’Annunciazione gremita di fedeli sloveni e italiani, viene celebrata la Santa Messa nelle lingue dei due popoli.Fra’ Niko Žvokelj, padre superiore del Monastero francescano, è commosso mentre racconta, durante l’omelia, come si sia sentito bene vicino al Gesù Bambino di Greccio, là dove san Francesco volle rivivere la Natività di Betlemme per la prima volta, proprio qualche giorno prima di questo incontro fraterno davanti al presepe di Kostanjevica, “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli e pace alle genti sulla terra!” Non agli sloveni o agli italiani, non agli iracheni o agli americani. No: alle genti tutte! Dio non s’è incarnato per essere Dio, Dio s’è incarnato per essere bambino. Cosa proviamo davanti al miracolo dell’amore di Dio che si fa Bambino per portare la pace a tutti gli uomini?Se vogliamo capire il messaggio di Dio nell’incarnazione, dice fra’ Niko, dobbiamo diventare come quei bambini che, appena prima dell’inizio della celebrazione eucaristica, intonavano canti francescani e natalizi davanti all’altare quasi interamente adornato con un grande e curatissimo presepe e con luminose decorazionFra’ Niko trasporta i fedeli, con l’immaginazione, in una sala di Cana.In quella sala due sposi celebrano il pranzo nuziale ed in quel lungo tempo – allora i festeggiamenti si protraevano anche per un’intera settimana – avvenne che l’abbondanza si trasformò in bisogno. Fu una Madre, Maria, ad accorgersi, prima che la gioia potesse tramutarsi in tristezza, di ciò che venne a mancare. Fu una Madre, Maria, a chiedere al Figlio, senza domande, di colmare quel vuoto. Fu una Madre, Maria, a credere e ad ordinare, senza indugio, ai servitori “Fate quello che vi dirà!” Cosa proviamo davanti al miracolo dell’acqua trasformata in vino, a Cana?Dalla sala di Cana, fra’ Niko, invita i fedeli a trasferirsi nella sala dell’ultima cena, a Gerusalemme. In quella sala, Gesù mangerà l’abituale Pasqua con i suoi discepoli presenti anch’essi, molto tempo prima, alla festa di nozze. In quella sala, Gesù sa che quella sarà l’ultima festa insieme a coloro che non chiama più servi, ma amici. In quella sala, Gesù si congederà dai suoi chiedendo loro di far memoria di lui.Cosa proviamo davanti al miracolo del vino trasformato in sangue, a Gerusalemme?Anche in questa Santa Messa celebrata interamente in sloveno dall’Arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Redaelli, abbiamo vissuto il miracolo del pane di ogni giorno che diventa corpo di Cristo e del vino della festa che diventa sangue di Gesù. Nel miracolo dell’Eucaristia il Suo messaggio: “Io sono con voi fino alla fine del mondo!”Fate ciò che vi dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore. E si trasformerà la vita, da vuota a piena. (p. Ermes Ronchi)