Sempre più intolleranti verso chi non si omologa

L’articolo apparso negli scorsi sulla stampa locale riguardante l’aggressione avvenuta a Gorizia da parte di due ubriachi nei riguardi di un ragazzo africano, suscita indignazione e fa pensare subito ad aspetti legati al razzismo. Personalmente, però, in questo caso non attribuirei l’accaduto al razzismo: per essere razzisti bisogna già articolare una serie di pensieri. Fatto che per certe persone sarebbe già di per se complicato ed è proprio per questa incapacità che  collocherei l’episodio sul fronte della sempre più diffusa intolleranza nei confronti di chi non solo è diverso da noi per razza o costume, ma anche nei confronti di chi non si omologa alla corrente di pensiero.Oggi è difficile poter esprimere liberamente un punto di vista diverso senza essere attaccati anche in modo violento.Non è certo un’attenuante, l’ignoranza non lo è mai, ma se oggi sempre più frequentemente rileviamo nella nostra società incapacità di convivenza pacifica e di tolleranza qualche domanda ce la dobbiamo fare. Il fatto che in due abbiano aggredito una persona sola, fa pensare alle dinamiche che si stanno creando in diversi settori della nostra società, unione di gruppi per andare contro altri, comunità che formano coalizioni per sostenere tesi o avvalorare i propri desideri nei confronti, volere a tutti i costi che le nostre voglie i nostri desideri siano assecondati, l’incapacità di ubbidire, di stare alle regole, di rispettare, di avere cura sono tutti aspetti che richiamano a situazioni già viste.La violenza chiama violenza e c’è quella gratuita fatta dalle persone ignoranti e quella politico sociale che delle persone ignoranti si serve, vedi gilet gialli in Francia, ma bisogna riflettere che dalla violenza e con la violenza non può venire niente di buono, lo abbiamo già visto nei corsi e ricorsi storici.Non c’è una situazione in cui nello scontro violento fra persone, paesi, nazioni, anche il vincitore non ci abbia rimesso, con la violenza non c’è mai nessun vincitore, per questo credo sia importante non cadere nel tranello che ci tendono nel metterci l’uno contro l’altro, ma riflettiamo su quanto sia necessario saperci accogliere, capire, conoscere e vivere aiutandoci reciprocamente perché è l’unica ricchezza vera che abbiamo.Papa Francesco in un suo discorso dice:”Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. Siamo invitati a promuovere una cultura del dialogo cercando con ogni mezzo di aprire istanze affinché questo sia possibile e ci permetta di ricostruire il tessuto sociale. La cultura del dialogo implica un autentico apprendistato, un’ascesi che ci aiuti a riconoscere l’altro come un interlocutore valido; che ci permetta di guardare lo straniero, il migrante, l’appartenente ad un’altra cultura come un soggetto da ascoltare, considerato ed apprezzato. È urgente per noi oggi coinvolgere tutti gli attori sociali nel promuovere “una cultura che privilegi il dialogo come forma di incontro” portando avanti la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta capace di memoria e senza esclusioni. La pace sarà duratura nella misura in cui armiamo i nostri figli con le armi del dialogo insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro e della negoziazione. In tal modo potremo lasciare loro una cultura che sappia delineare strategie non di morte ma di vita, non di esclusione ma di integrazione….” Credo che siano questi gli argomenti su cui riflettere e richiamare a riflettere profondamente, non possiamo accettare una deriva che non può far altro che accumulare nubi nere all’orizzonte che non promettono niente di buono. L’analisi dei comportamenti deprecabili dei due “nostri” due goriziani ad atteggiamenti razzisti non deve fare abbassare la guardia su quelli che sono i malesseri e paure di questa nostra società che perdendo ogni tipo di riferimento sta perdendo se stessa.