“Se oggi il Risorto venisse qui che sentimento troverebbe?”

Il Kulturni Dom di Gorizia ha ospitato mercoledì 19 settembre l’incontro di presentazione della Lettera pastorale 2017/18 dell’Arcivescovo Carlo intitolata “Anch’io mando voi…”La serata si è aperta con la presentazione dell’Inno della Visita pastorale scritto da don Francesco Fragiacomo e con il saluto di monsignor Paul-Siméon Ahouanan Djro, arcivescovo di Bouakè, ospite nei giorni scorsi in diocesi.È seguito l’intervento del vescovo Carlo (di cui di seguito pubblichiamo alcuni passi; il testo completo può essere letto sul sito diocesano all’indirizzo http://www.gorizia.chiesacattolica.it/la-presentazione-della-lettera-pastorale-2018-2019-allassemblea-diocesana/) e la presentazione delle esperienze da quelle comunità dove le Unità pastorali sono già attive da tempo (che pubblichiamo nelle prossime pagine).

Un caro saluto a tutti e grazie per la vostra disponibilità all’ascolto e soprattutto all’impegno.Partirei dall’ultima frase che abbiamo ascoltato dal brano della lettera pastorale (dal n. 23): “offrire loro la possibilità di vivere la comunione con il Padre e con il Figlio nello Spirito”. Questo è lo scopo della missione della Chiesa. Questo è il motivo per cui stasera siamo qui. Tento di dirlo con altre parole: “andare in paradiso”. Questo è quello che mi interessa, quello che ci interessa e che ci interessa per tutti gli uomini e per tutte le donne del nostro tempo, di questo territorio, ma anche di ogni tempo della storia e di ogni parte del mondo. Vi sembra poca cosa “andare in paradiso”? Se sì, se non vi interessa, perché restare qui? perché essere dentro le nostre comunità? perché impegnarsi? perché andare a Messa? perché vivere il Vangelo? Perché il paradiso c’è o, se volete usare giustamente un linguaggio più biblico, il Regno di Dio c’è, dove – e utilizzo una serie di citazioni tratte dalla Bibbia – “dimorerà la pace e la giustizia”, “non ci sarà più né pianto, né lamento”, perché sarà la casa del Padre dove Gesù “è andato a prepararci un posto”, dove “Dio passerà ad asciugare ogni lacrima dai nostri volti”, dove il Signore “ci farà mettere a tavola e passerà a servirci”, dove diremo “abbiamo fatto bene a sperare”… E perché desideriamo questo, perché possiamo sperarlo? Paolo risponde: perché Cristo è risorto. E se Lui non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede e saremmo da compiangere come i più grandi illusi.Il Risorto: la nostra meta. Perché il regno è Lui, è la comunione con il Padre per mezzo di Lui nello Spirito. Ma è anche la nostra partenza: “anch’io mando voi!”. Lo abbiamo ascoltato dal Vangelo. È il mandato del Risorto, da cui prende il titolo anche la lettera pastorale. Se ci siamo come Chiesa, come comunità cristiana, stasera come assemblea, è per questo. C’è una meta e c’è un mandato che ci è stato affidato, come attestano anche gli altri brani pasquali, che ho voluto stampare nella lettera pastorale (n. 13) non perché non li conoscete, ma affinché possiate farne oggetto di “lectio” nei consigli e nei vari gruppi. Nella lettera pastorale mi sono soffermato solo sulla “lectio” di Gv 20,19-23. Non si tratta di una specie di fervorino spirituale, da leggere velocemente o da saltare per andare alle cose che contano, per esempio i criteri per gli orari delle Messe nelle unità pastorali, che trovate al n. 33. No, è un brano della Parola di Dio che dobbiamo assimilare con calma da soli e con gli altri in tutti i suoi elementi, a cominciare dal radicamento della nostra missione, sia come avvio, sia come meta, nella Trinità, restando aperti alle scoperte che lo Spirito del Signore ci farà fare (un aspetto che mi ha particolarmente colpito nello stendere la lettera, è stato un elemento cui finora avevo fatto poco caso, ma decisivo, quasi una scoperta: il fatto che nel Vangelo di Giovanni Gesù si definisca continuamente in rapporto con il Padre: Lui non è solo il mandato dal Padre, ma Colui che realizza la sua volontà, che agisce come Lui, che è in comunione con Lui, ecc.).Lasciando alla vostra lettura e preghiera l’episodio del Risorto nel Cenacolo – e poi però alla vita e all’azione, perché il Vangelo è vero per noi solo se cambia la vita… -, mi soffermo solo un momento sul clima che c’era in quella sala prima che arrivasse il Signore. Lo si può definire con una sola parola: paura. Nella lettera, al n. 15, ho elencato i molti passi del Vangelo di Giovanni dove si parla di paura e di timore: non sono pochi. Come vedrete, si tratta tutti di situazioni in cui c’è la paura di riconoscere Gesù e di caratterizzarsi come suoi discepoli. Vi ricordo solo i genitori del cieco nato, che non prendono posizione per paura di essere cacciati dalla sinagoga. Per questo si ha paura: essere riconosciuti come discepoli di Gesù, oggi di essere riconosciuti come cristiani. E aggiungo nella lettera – ma si tratta di un leit-motiv su cui spesso ritorno – che la prima missione che oggi viene richiesta, in particolare ai fedeli laici, è quella di non nascondere, non dico esibire…, ma di non nascondere di essere cristiani, di andare a Messa, di frequentare la parrocchia. Un non nascondere che diventa impegnativo, perché poi la gente – i tuoi familiari, i tuoi figli, i tuoi nipoti, i tuoi colleghi, i tuoi amici, … – attende che tu viva (o cerchi di vivere) in coerenza.Mi domando, però, se oggi il Risorto venisse qui in questa sala, nelle nostre comunità, che sentimento troverebbe? Non so se mi sbaglio, ma ritengo che non troverebbe paura, ma smarrimento, incertezza, disagio, forse scoraggiamento. Che cosa dobbiamo fare Signore? Su che cosa dobbiamo puntare? Dove indirizzare le nostre poche risorse di persone, di tempo, di entusiasmo? Che cosa fare in questa società dove ormai da tempo le nostre parrocchie non sono più punti di riferimento? dove sempre meno la gente frequenta, dove non si sa che cosa proporre ai giovani, dove si resta perplessi di fronte a tante scelte di vita che ormai sono diventate la normalità? Che cosa ci direbbe il Signore? Le parole del profeta:  “Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio […]. Egli viene a salvarvi”” (Isaia 35,4). E ci ripeterebbe come quella sera ai discepoli: “pace a voi”. E ci riproporrebbe il suo mandato. Per l’oggi. Perché di oggi noi siamo responsabili. E ci donerebbe il suo Spirito per renderci capaci di discernere come oggi vivere quel mandato.  “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13), affermava Paolo, e anche noi lo possiamo ripetere con tanta fiducia. E Maria come a Cana anche a noi dice: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Che cosa ci chiede oggi il Signore con il suo mandato? Lasciamo per ora in sospeso la risposta, ma non il nostro desiderio di obbedirgli. (…)Il testo completo su http://www.gorizia.chiesacattolica.it/la-presentazione-della-lettera-pastorale-2018-2019-allassemblea-diocesana/