Responsabili del Creato

Vrh / San Michele dal Carso, frazione di Savogna d’Isonzo, un piccolo villaggio adagiato sulle pendici del monte San Michele sul lato orientale. Vedetta del sole che sorge sulle verdi colline del Carso. Punto strategico sul Vallone, una valle lunga e relativamente stretta che divide l’ultima parte del Carso. Luogo dove la storia ha lasciato il segno. Anche se i lunghi squarci scavati nelle rocce piano piano vengono ricoperti da foglie, arbusti, tronchi e muschi e lentamente si perde la memoria di ciò che è stato e perché. Gli squarci sembrano meno profondi e più lievi ed è bello passeggiare sotto le fronde dei pini e sentire il frusciare delle foglie, il canto dei grilli e degli uccelli, il profumo delle piante selvatiche, specialmente quando la pioggia le bagna, e il silenzio che avvolge come uno scialle colui che a bordo delle sue scarpe intraprende questo viaggio nel bosco.Càpita però che il delirio di onnipotenza e la miopia dell’uomo possano turbare, oltre quanto già fatto, questo balcone verso l’Oriente. Càpita che è bello pensare che tutto rimanga immobile come lo vorremmo, càpita possa sembrare sia così. Ma non sempre le cose vanno secondo i nostri piani. Càpita che lentamente, come la natura copre i segni di un passato che è una pagina intrisa di sangue della nostra storia, le cose cambino. E che i segni non vengano colti, che gli scienziati siano tacciati di catastrofismo, e che la causa di tutti i mali risieda altrove. È bello pensare che l’origine delle proprie disgrazie risieda sempre altrove e non in noi stessi. Càpita però che a volte i segni diventino un tantino più evidenti. Càpita che, come pronosticato da anni, un lungo periodo di siccità renda il carso una distesa di paglia tra arbusti secchi e alberi assetati e càpita che l’incuria, la malafede e il dolo trasformino questo già precario scenario in un inferno di fiamme. Fiamme che nonostante tutti gli sforzi di persone e mezzi riesca ad inghiottire km quadrati di verde e lambire i centri abitati con il rischio di spazzare via anni di sacrifici.Sono segni che nonostante tutto facciamo fatica a cogliere e soprattutto a ricordare. Facciamo fatica ad accorgerci che ognuno di noi è responsabile della propria casa, ognuno di noi può fare qualcosa. Non è sempre colpa degli altri.La serata è stata organizzata a livello diocesano dall’Equipe della Pastorale Sociale e del Lavoro coordinata da fra Roberto Benvenuto, nell’ambito della Giornata per la custodia del Creato indetta da Papa Francesco “dal 1 settembre al 4 ottobre”. La Pastorale Sociale e del Lavoro della nostra Arcidiocesi ha inteso farsi portavoce di chi ritiene sia importante riflettere su quanto accaduto e quanto potrà ancora accadere. Assieme ad alcuni abitanti di San Michele, ha deciso di sottolineare la riflessione facendo toccare con mano ciò che i giornali hanno narrato per giorni, ma forse già dimenticato. All’imbrunire del 23 settembre una cinquantina di persone hanno deciso di unirsi in questa riflessione itinerante proprio dove poche settimane prima frate Foco aveva insistito con forza.La presenza attiva dell’Arcivescovo Carlo e di mons. Nicola Ban, Vicario Episcopale per l’evangelizzazione ed i sacramenti, hanno dimostrato quanto stia a cuore alla Chiesa locale la cura del creato e l’attenzione alla nostra casa comune. L’aria fresca della sera, il silenzio delle colline rotto solo dal sommesso vociare e dai passi dei partecipanti, l’acre odore del bruciato che ancora in alcuni punti impregna la terra e le glauche pietre tra i tronchi anneriti, hanno sostituito le mura di una sala chiesa o di una sala convegni. Parlare di queste cose su di un sentiero all’imbrunire ha una forza diversa. Ci mette davanti ad una realtà più viva. Toglie quella patina che fa sembrare tutto lontano e ovattato. Vedere la natura che si riprende con forza dopo la devastazione degli incendi, accende la speranza, ma è anche un monito molto chiaro che la Terra può vivere benissimo anche senza di noi. Una riflessione itinerante su quello che papa Francesco da anni ripete, ma non molti ascoltano. Una serata semplice senza sala né chiesa (a parte per la benedizione finale e il bel canto in sloveno), tavoli e microfoni, un incontro intimo con le nostre colline. Tanti amici che sicuramente porteranno a casa qualcosa di più di una serata diversa e suggestiva. Un piccolo passo forse nella direzione del “anch’io posso fare qualcosa”.Grazie a tutti coloro che si sono adoperati per tutto questo, per averci accompagnati sia materialmente sia spiritualmente in questo cammino tra gli alberi e dentro noi stessi. Buon cammino a tutti