Quando la fedeltà si coniuga con il coraggio di osare ancora

Il tempo lungo di una fedeltà quotidiana e senza risparmio consente di trovare parole giuste per rispondere alla domanda di discernimento e per avere anche il coraggio di guardare avanti, perfino di osare. In questo caso si tratta di rispondere a quella domanda di spazio -cioè di aprire orizzonti e appunto spazi- che anzi stimola a guardare in avanti con fiducia, senza per questo dimenticarsi da dove si viene, ma anche stimolando tutti ad abbandonare la stretta logica dei numeri per spingere sul futuro che solo in parte può appartenerci. a buona notizia del Concilio che ritorna in tutta la sua fragranza da apprezzare ancora di più e, soprattutto, da attuare.E’ stata questa la sensazione tangibile che è emersa dall’incontro dell’arcivescovo Carlo Redaelli con una trentina di sacerdoti che hanno superato la settantina e che nella maggior parte non hanno messo da parte coraggio ed entusiasmo sottolineando alcune intuizioni e hanno ribadito da punti diversi alcuni punti fermi: primo fra tutti la priorità di guardare alla persona, di riconoscere il ruolo ma non a scapito della centralità delle relazioni tra le persone, di privilegiare rispetto alla ingegneria pastorale il tema urgente e impegnativo della comunicazione e della formazione. Il dialogo -al quale hanno partecipato quasi tutti i presenti a dimostrazione dell’interesse e della partecipazione- non poteva non parlare delle trasformazioni in atto: una trasformazione che ha modificato anche il calcolo migliore e insieme rovesciato posizioni e situazioni, rendendo difficoltoso anche l’abbrivio al panorama culturale e pastorale.Non parliamo delle ipotesi di soluzione che se da una parte consentono di ribadire la vocazione del presbiterio diocesano votato da sempre alla missionarietà, alla vicinanza con il sentire del popolo cristiano, all’impegno sociale e culturale nella condivisione della sorte della comunità degli uomini; una vocazione che si attende di essere mantenuta nella sostanza ma che evidenzia la necessità di un rinnovamento nella tradizione e di un ripensamento urgente delle risposte in atto in questo momento.La passione degli interventi e dei contributi segnala l’esigenza di una vitalità che continua ad esprimersi avendo come punto di illuminazione da una parte le intuizioni conciliari -intuizioni che oggi sembrano rivivere coraggiosamente- e dall’altra il tremore per i punti deboli. La positività di alcune intuizioni che potevano sembrare esagerate cinquanta anni fa, dimostrano oggi tutta la forza di un vero rinnovamento. E sanno di futuro.L’attenzione alle piccole comunità -non in atteggiamento di minorità ma di acquisizione del senso di minoranza capace di essere testimoniale- hanno trovato posizioni condivise: anzi una condivisione di tutti. Il modello del coordinamento non è certo la riduzione a centri, ma assicurare a tutti una presenza, quella eucaristica e della Parola di Dio, che viene prima di ogni altro schema a dimensione unica,  catecumenale.  Modalità da ricercare insieme valorizzando i carismi e i doni di tutti, recuperando presenze dormienti e riaffermando la dimensione della laicità nella chiesa. Una dimensione che valorizza la comune vocazione ed il sacerdozio ministeriale: percorsi da approfondire e da rinnovare, mettendo in prima pagina appunto la attualità di quelle periferie che appaiono abbandonate.Il tema della comunicazione -e quindi della formazione- della fede e della testimonianza cristiana ha trovato validi interlocutori che hanno puntualizzato insieme l’esigenza di una fede pensata e di una comunicazione (non solo tecnologica) capace di parlare alla cultura di oggi, all’anima dell’essere umano. La coscienza che un surplus di catechismi risulta oltre che improvvido perché assorbe troppe energie, non ha portato frutto; solo la pazienza dell’educazione -che è fondata sull’ascolto delle persone-  trova corrispondenza di affetti e di sentimenti oltre che di una prassi cristiana coerente.Nessun alibi -secondo i partecipanti- è pensabile rispetto a tecniche pastorali che privilegiano attenzione alle forme, merletti e paramenti in testa; una posizione di responsabilità che si allarga alla fiducia sostanziale per chi sa che occorre camminare dentro una tradizione onorata e anche allargare lo sguardo. Iniezioni esterne  appaiono discutibili anche se ogni forma di collaborazione merita attenzione. Esperimenti sempre ma con giudizio.Non è tempo, questo di rifondazioni, anche se è vero che è tempo di prova e di purificazione per la Chiesa di Dio, una fiducia faticosa che non spegne appunto gli entusiasmi e ne valorizza la fedeltà. Una fedeltà attiva e fiduciosa. La ricerca di nuovi candidati al sacerdozio e il loro percorso formativo va ancora traguardato con realismo.