Per diventare una Chiesa di santi

L’omelia nella festa dei Santi Patroni di Gorizia di quest’anno ha avuto un titolo, che era indubitabilmente caratterizzato da una nota di pessimismo e di amarezza: Una Chiesa senza santi. Effettivamente la nostra Diocesi dall’epoca di Paolino di Aquileia non ha più avuto santi o beati propri, almeno quelli riconosciuti tali dalla Chiesa. Come precisava il testo della stessa omelia, la santità non può però essere ridotta a quella “canonizzata”: nella nostra Chiesa c’è stata e c’è una santità diffusa e non meno autentica anche se spesso nascosta. Resta però il fatto che la mancanza di beati e santi riconosciuti ufficialmente può comunque indicare il bisogno per la nostra Chiesa di un salto di qualità nella vita spirituale e di un maggior impegno nella preghiera attraverso cui chiedere al Signore il dono della santità.

Tenendo conto di queste considerazioni, si intuisce come abbia accolto con grande favore e interesse l’esortazione apostolica di papa Francesco, resa nota pochi giorni fa, intitolata “Gaudete et exultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Ritengo che faccia proprio al caso nostro. Evidentemente papa Francesco, mentre la scriveva, non pensava ovviamente in modo specifico alla nostra comunità cristiana, ma le sue considerazioni sono molto utili per noi, sia per quanto sottolinea in generale circa la santità cristiana, sia per i suggerimenti molto concreti che ci offre. Anche solo da una prima lettura, si intuisce che quanto scritto da papa Francesco nasce dalla sua lunga e intensa esperienza di guida pastorale e spirituale. Invito pertanto a leggerla personalmente e a metterla in pratica con l’aiuto della grazia di Dio. Vorrei qui solo richiamare brevemente quattro passaggi molto significativi.

Anzitutto quello dedicato alla santità quotidiana che cresce tramite semplici gesti e atteggiamenti. Riporto le parole del papa caratterizzate da esempi molto semplici, ma reali: “Questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: “No, non parlerò male di nessuno”. Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti”.

Poi mi preme attirare l’attenzione sull’ampia parte dove papa Francesco presenta le beatitudini come via alla santità. Al termine dell’illustrazione di ogni beatitudine, il papa conclude con una frase sintetica molto illuminante che traduce la beatitudine evangelica in chiave di santità: ”Essere poveri nel cuore, questo è santità. Reagire con umile mitezza, questo è santità. Saper piangere con gli altri, questo è santità. Cercare la giustizia con fame e sete, questo è santità. Guardare e agire con misericordia, questo è santità. Mantenere il cuore pulito da tutto ciò che sporca l’amore, questo è santità. Seminare pace intorno a noi, questo è santità. Accettare ogni giorno la via del Vangelo nonostante ci procuri problemi, questo è santità”.

Un terzo passaggio molto significativo mette in guardia circa due rischi contrapposti: quello di fare della Chiesa una specie di “ong”, per cui le esigenze del Vangelo vengono separate dalla propria relazione personale con il Signore, dall’unione interiore con Lui, dalla grazia, e quello di cadere nell’errore “di quanti vivono diffidando dell’impegno sociale degli altri, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista. O lo relativizzano come se ci fossero altre cose più importanti o come se interessasse solo una determinata etica o una ragione che essi difendono”. Sempre a questo proposito sono molto chiare le parole di papa Francesco sui migranti – perché l’atteggiamento verso di loro c’entra con la santità…-: “Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero (cfr Mt 25,35)?”.

Da ultimo sottolineo la parte finale dell’esortazione dedicata al tema decisivo del discernimento: “Come sapere se una cosa viene dallo Spirito Santo o se deriva dallo spirito del mondo o dallo spirito del diavolo? L’unico modo è il discernimento, che non richiede solo una buona capacità di ragionare e di senso comune, è anche un dono che bisogna chiedere”. Il discernimento oggi è particolarmente decisivo: “Al giorno d’oggi l’attitudine al discernimento è diventata particolarmente necessaria. Infatti la vita attuale offre enormi possibilità di azione e di distrazione e il mondo le presenta come se fossero tutte valide e buone. Tutti, ma specialmente i giovani, sono esposti a uno zapping costante. È possibile navigare su due o tre schermi simultaneamente e interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali. Senza la sapienza del discernimento possiamo trasformarci facilmente in burattini alla mercé delle tendenze del momento”.

            Ho voluto richiamare solo alcuni passaggi dell’esortazione di papa Francesco. Ci sarà modo di approfondire la sua conoscenza e di comprenderla con riferimento alla nostra Chiesa, anche sulle pagine di Voce Isontina. Ma mi permetto di insistere sulla letture personale e in gruppo: può essere uno strumento prezioso affinché la nostra Chiesa diventi una Chiesa di santi.