Padre nostro…

La preghiera del “Padre nostro” è attestata nei vangeli di Matteo e di Luca e nella Didachè. Si sviluppa con sei o sette petizioni nel testo di Matteo e nella Didachè e solo con cinque in quello di Luca. La sequela di richieste può essere suddivisa in due parti. Nella prima esse riguardano principalmente l’azione di Dio, mentre nella seconda quella degli uomini. Tuttavia, come si potrà constatare da un’analisi più dettagliata, l’intervento umano concerne anche le petizioni della prima parte e l’azione divina anche quelle della prima.     La petizione iniziale risulta anche quella più enigmatica. A che cosa si pensa quando si dice “sia santificato il tuo nome”?  Le risposte sono le più fantasiose, le più strampalate. L’espressione citata vuol dire che auspichiamo che colui al quale ci rivolgiamo sia riconosciuto come Dio, come Santo? Sì, sono significati più o meno pertinenti, ma che certo non vanno al cuore del messaggio, non dicono il significato profondo della richiesta. Queste parole infatti sono talmente radicate nel linguaggio biblico da risultare di difficile comprensione. Esse sono riprese dall’Antico Testamento e chi non ne ha una buona frequentazione ha difficoltà a comprenderne il valore. Nella vita religiosa si compiono tanti gesti e si dicono molte parole il cui senso ci sfugge, ma come è possibile che si pongano atti e si dicano parole di cui non conosciamo la portata? Di che cosa è rivelatore il fatto che si pongano atti e si recitino parole di cui non conosciamo pienamente la portata?  Ciò vuol dire che non c’è un autentica e matura relazione personale con Dio. È un rapporto formale, stereotipato, convenzionale, abitudinario. Si ritiene che nel post-Concilio siamo diventati tutti più consapevoli, più responsabili. Accusiamo i fedeli dell’Islam di obbedire a tutto quello che viene loro ordinato, come dei soldatini che non capiscono quello che fanno, ma la stessa accusa può essere rivolta a noi.Per tutte le tre versioni, la richiesta “Venga il tuo regno” è invariata. Questo è il contenuto per eccellenza dell’annuncio di Gesù. Se si dovesse sintetizzare qual è la grande novità che Gesù viene a portare, essa dovrebbe appunto essere individuata nell’ annuncio della venuta del Regno. Tuttavia se a qualcuno di noi venisse chiesto a bruciapelo che cos’è il regno di Dio, avremmo qualche difficoltà a fornire una risposta adeguata e pertinente. Se non rispondiamo alla domanda, cosa significa rivolgere a Dio la richiesta della venuta del regno?La petizione “dacci oggi il nostro pane quotidiano” dovrebbe insospettirci: perché non basta l’avverbio “oggi”, ma ricorre anche l’aggettivo “quotidiano” che risulta ad un orecchio attento pleonastico?  Inoltre, perché viene usato non il singolare “mio”, ma il plurale “nostro”?     L’espressione “sia fatta la tua volontà”, non è presente nel Vangelo di Luca, ma solo nel testo di Matteo e nella Didaché. Perché per Matteo è di grande interesse il tema della volontà divina? Sebbene sembrino apparentemente semplici, le parole della petizione sono fortemente fraintese. Si è infatti portati a dire che tutto quello che accade corrisponde alla volontà di Dio e quindi lo dobbiamo passivamente e supinamente accettare. Assolutamente no. Questa è una concezione un po’ infantile della volontà di Dio.Nella richiesta: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, il termine usato è “debito” e non “peccato”, mentre nella versione lucana si dice “e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore”. Il rapporto evidente reso solo da Matteo di causa-effetto tra perdono ricevuto e perdono accordato, non risulta nel terzo vangelo canonico. Questa petizione è spesso intesa in senso moralistico. Questa interpretazione induce alla convinzione che dobbiamo perdonare, anche a costo di fare uno sforzo mastodontico, rendendo la richiesta un “tu devi”. Ma è proprio questo il senso della preghiera?  Anche la petizione che riguarda la tentazione risulta profondamente enigmatica.  Cosa vuol dire “non indurci in tentazione”? Le parole sono stereotipate, qualche traduzione le modifica in: “non abbandonarci nella tentazione”. Esse sono comunque un problema annoso, sempre oggetto di un interminabile dibattito. Chi è che tenta: Dio, il diavolo, noi stessi? E che cosa significa in realtà essere tentati al di fuori della sfera sessuale che nella tradizione biblica non è mai individuata come l’ambito di questa esperienza?  E infine abbiamo la richiesta:”ma liberaci dal male”, presente solo in Matteo, ma assente in Luca, che invece, in accordo con la Didaché, continua con l’ultima frase: “perché tua è la potenza e la gloria nei secoli”. Anche in questa petizione si manifestano non poche ambiguità. Che cos’è il male, visto che con la vicenda evangelica la croce, evento drammatico per eccellenza della sua manifestazione, diventa il luogo della salvezza?

Foto: La chiesa del Padre Nostro a Gerusalemme