Ora di Religione: fare dei ragazzi sempre di più i veri protagonisti

Come approcciare oggi l’insegnamento della Religione cattolica a degli adolescenti? Un mondo il loro che a noi “grandi” può sembrare distante e che forse a volte facciamo fatica a capire; che linguaggio quindi usare con loro per proporre la materia in maniera adeguata sia alla loro età che ai tempi che cambiano veloci?Parallelamente, quale “peso” ha oggi l’insegnamento e l’insegnante di Religione all’interno del corpo docente? In questa prima puntata del nostro viaggio per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo interpellato mons. Michele Centomo, insegnante di Religione cattolica nella sede di Grado dell’Istituto “Pertini” di Monfalcone.Mons. Centomo, quali classi le sono state affidate quest’anno e com’è la frequentazione delle lezioni? I ragazzi scelgono ancora di avvalersi dell’insegnamento della Religione cattolica, c’è interesse?Seguo tutte le classi, dalla I^ alla V^, dell’Isis Pertini di Monfalcone nella sua sede di Grado, indirizzo professionale “Enogastronomia e Ospitalità alberghiera”.Quando sono arrivato, cinque anni fa, più della metà degli alunni non si avvaleva dell’insegnamento della Religione.La causa, analizzandola e affrontandola sia con i ragazzi sia con i colleghi, si trovava in una mancanza di relazione umana e di dialogo con questi giovani che, pur nella diversità di tanti elementi e la vivacità tipica dell’adolescenza, amano confrontarsi, sono sempre disponibili a dialogare se ci si mette in loro ascolto.Il primo anno ho quindi deciso di ricucire la relazione umana attraverso argomenti legati alla loro crescita, cominciando dai dubbi, dall’accettazione di sé nei vari aspetti, dal capire anche l’elemento religioso che spesso in loro è “assopito”, cercando di ridare loro lo “sprint” nella voglia di conoscere e di capire.Successivamente quindi – questo devo dire la verità mi ha molto confortato – i ragazzi che hanno scelto di seguire l’insegnamento della Religione cattolica sono ben più della metà; in quest’anno scolastico – che conta 12 classi con un totale di 178 alunni – 116 si avvalgono dell’insegnamento.I ragazzi, se tu li ascolti, ti ascoltano; questa è la “condizione” che mi sono posto per loro; l’aspetto principale deve essere proprio l’Ascolto, il “perdere tempo” per loro; questo è lo stile che ho scelto.

Alla luce di ciò, che tematiche affronta principalmente con loro?Per arrivare a capire la realtà della Religione cristiana, nel corso del primo anno parto dalla loro realtà, dal linguaggio: umano, dell’affettività, della corporeità, della quotidianità, infine religioso.Il secondo anno ci si addentra, tenendo conto anche dell’indirizzo di studi, sull’acculturamento delle feste – cristiane e non – attraverso il cibo.In III^, IV^ e V^ invece ci si concentra sul prepararsi alla responsabilità morale, sociale e soprattutto alla realizzazione personale.Entrano qui i concetti (in terza) di Libertà – come svilupparla, il suo significato e i suoi perché -; in quarta di Morale, piano piano li accompagno al messaggio del Vangelo; in quinta infine si affrontano le tematiche della Bioetica.Permettetemi qui una “battuta”: credo che la vera Pastorale giovanile non sia in parrocchia, o non sia soltanto lì; è a scuola, perché è proprio lì che li si ha tutti i ragazzi, compresi quelli che non fanno Religione.

Guardando poi proprio al ruolo dell’insegnante di Religione, alla sua figura professionale, che rapporto c’è oggi con il resto del corpo docente?L’insegnante di Religione è un “perno” all’interno del corpo docente. Personalmente non ho ruoli di responsabilità o di “comando” – non sono un coordinatore o altro – ma per molte situazioni, anche disciplinari, l’insegnante di Religione è sempre coinvolto, viene sempre chiesto il suo apporto e il suo sostegno, il suo intervento.Ho sempre trovato un corpo docente rispettosissimo, tanto del ruolo che della persona, mai in contraddizione, un supporto di reciprocità sotto tutti i punti di vista, di vera interdisciplinarità.Non sei insomma messo ai margini, non ci sono professori di Serie A e di Serie B, c’è piena collaborazione.Credo che tutto parta dal sentirsi non tanto colleghi, quanto dei “compagni di viaggio” e questa è una cosa molto bella.

Nel corso del suo lavoro come insegnante, che la occupa ormai da diversi anni, come ha visto mutare ma anche evolvere l’insegnamento della Religione all’interno dei percorsi scolastici?Pur permanendo un aspetto di disciplina scolastica, essa è vista con interesse da parte degli studenti – al di là di alcuni preconcetti che ci possono essere, dovuti magari al “sentito dire” o per esperienze non adeguate all’età -, come un’opportunità per allargare gli orizzonti.È sì insegnamento della Religione cattolica, ma coinvolge in particolar il punto di vista culturale; si deve credo avere l’accortezza di far approcciare gli studenti ad un mondo a 360°, certamente con l’indirizzo cristiano, ma lasciandoli essere protagonisti.Personalmente ho notato una cosa: quando ho iniziato ad insegnare, la Religione era vista più come una “disciplina”; oggi voglio siano loro i protagonisti, i ragazzi; propongo certamente io il cammino – da soli non ne sarebbero in grado – ma sono loro gli interpreti di questo percorso.Questo è l’aspetto evolutivo.Dico poi sempre che anch’io imparo da loro, proprio perché il cammino è svolto insieme.Questo accade particolarmente quando mi propongono realtà legate al loro vissuto, dove entro in punta di piedi.

Accennava ora al loro vissuto. Sappiamo tutti che gli ultimi due anni scolastici, in particolar modo per i ragazzi delle scuole superiori, sono stati molto particolari… Come ha vissuto con loro questi momenti e i suoi studenti hanno forse chiesto una presenza, un dialogo con lei anche extra – scolastico?Sì, gli ultimi due anni sono stati tosti. Il primo periodo è stato per tutti un po’ particolare, nessuno sapeva come gestire la Didattica a Distanza, abbiamo un po’ navigato a vista…Lo scorso anno scolastico poi i ragazzi hanno davvero accusato, patito, la non presenza.Per loro è bello sì stare a casa, all’inizio era una bella novità, ma alla lunga è diventato pesante perché ha impedito di rapportarsi non solo con gli stessi coetanei ma anche con i docenti.Ci si vedeva in video, con tutte le difficoltà della rete, ma non era la presenza, la fisicità dell’essere insieme, di confrontarsi, di guardarsi. Mancava loro anche quel “Prof, ha un minuto, posso parlarle un momento?”… Il desiderio di condividere il presente, il proprio cammino, è stato forte.In diversi hanno anche chiesto di poter parlare al di là della scuola.Per fare questo abbiamo utilizzato videochiamate, sempre con il consenso dei genitori – questo è importante e voglio sottolinearlo – il tutto comunque sempre con grande discrezione e attenzione a non invadere il loro privato. Come dicevo in precedenza, è importante “perdere tempo per loro”.

Alla luce di questi nuovi bisogni che sono emersi e stanno emergendo, che direzioni ritiene sia da far prendere all’insegnamento della Religione nel percorso scolastico? Quale futuro per questa materia?Credo si tratti un po’ di “lasciare il libro” nel senso scolastico del termine e costruire il testo con loro all’interno del percorso nell’ambito della Religione cattolica, attraverso il loro vissuto.Il messaggio cristiano passa appunto attraverso il vissuto delle persone e questo dovrebbe essere lo stile dell’insegnante di Religione; il che non vuol dire che debba abbandonare i testi, questo assolutamente no, ma deve calarli in questo vissuto e condividerli con loro.Ho notato che approcciandosi così, anche chi non fa Religione chiede molte volte di chiacchierare, di parlare, di affrontare anche personalmente certe questioni, certi dubbi.La voglia di confrontarsi c’è, va dato ascolto ai ragazzi. Approcciandosi con delicatezza nelle loro vite, risponderanno; spesso proprio con altrettanta delicatezza e spontaneità.