Offrire a Dio, condividere con i poveri

Secondo l’OGMR, 72 la presentazione e preparazione dei doni corrisponde al gesto di Gesù che nell’ultima Cena «prese il pane»: «Nella preparazione dei doni, vengono portati all’altare pane e vino  con  acqua,  cioè  gli  stessi  elementi  che  Cristo  prese  tra  le  sue  mani». Si possono anche presentare  «altri doni per i poveri o per  la  Chiesa»  (OGMR,  73).  Già  Giustino nella  sua Prima Apologia raccontava: «I facoltosi e i volenterosi danno ciò che vogliono; e il raccolto è consegnato al  capo, il  quale sovviene gli  orfani, le vedove, i  bisognosi per malattie o altro, i  detenuti e i forestieri capitati; egli soccorre, in una parola, chiunque si trovi in bisogno» (nn. 65-67). In questo testo emerge il profondo legame tra il rito eucaristico e la carità, manifestata attraverso la colletta a favore dei  poveri collocata all’interno  della celebrazione liturgica.Dai doni portati in chiesa si prelevano sia i doni per i poveri, sia i doni da offrire a Dio: offerta a Dio e attenzione ai poveri costituiscono un unico atto di culto, testimoniato anche  dal fatto che il  vescovo che presiede l’offerta liturgica della comunità presiede anche l’offerta di carità in favore dei poveri della comunità. Un altro testo che vale la pena citare è quello della Didascalia, un documento del III secolo di origine siriaca. In esso, quasi un’eco di  Gc  2,2-6,  leggiamo:  «Se mentre sei seduto qualcuno dovesse entrare, sia esso un uomo o una donna, una persona investita di un qualche onore del mondo e proveniente dallo stesso distretto oppure da un’altra comunità, tu, o vescovo, se stai parlando, ascoltando o leggendo  la  parola di Dio, non devi inchinarti  davanti a lui. Non devi sospendere il ministero della Parola per trovare un posto per lui; resta dove sei, indisturbato, e non interrompere quello  che stai dicendo; saranno i fratelli a  prendersi  cura  di  lui  (…). Se invece dovesse entrare un povero, sia esso uomo o donna, di quel luogo o di un’altra comunità, soprattutto se esso è anziano e non c’è posto per  lui, allora tu, o vescovo, con tutto  il  tuo cuore dovrai provvedere che si trovi un posto per lui, anche qualora tu dovessi sederti per terra». Anche oggi dunque  la  celebrazione  eucaristica  si  manifesta  indissolubilmente legata a una vita  cristiana  di carità. L’Eucaristia presuppone la carità, come il Battesimo presuppone la fede. In ordine all’invocazione  della  misericordia di Dio è inoltre degna  di nota l’apologia che il sacerdote recita sottovoce: «Umili e pentiti accoglici, Signore …».Con questo testo ispirato a Dn 3,39-40 il sacerdote, esercitando il suo ruolo ministeriale, chiede a Dio l’accoglienza del sacrificio che sta per essere offerto. L’invocazione della misericordia di Dio è infine presente nella formula con la quale il sacerdote accompagna il gesto della lavanda delle mani significandolo  come evocativo di purificazione (cf. Sal 50,4).