Nuovi scenari di geopolitica

  l mondo, in particolar modo nell’ultimo periodo, sta vivendo una fortissima evoluzione – verrebbe quasi da definirla una “rivoluzione” per i cambiamenti che sta portando nei vari assetti socio-politici cui eravamo abituati fino ad adesso -. Anche per la Chiesa è importante comprendere e approfondire i cambiamenti in atto, per dare risposte quanto più concrete alle comunità in cammino.Sulla scia di questo si è svolta gli scorsi 9 e 10 gennaio, presso Casa Maria Assunta di Cavallino (VE), la due giorni di riflessione e dialogo dei vescovi del Triveneto. Accanto a loro, anche tre rappresentanti per ciascuna delle 15 diocesi, per un totale di circa 60 persone tra vescovi, sacerdoti, diaconi, religiose e laici.Per la nostra arcidiocesi erano presenti, oltre all’arcivescovo Redaelli, Valentino Cappella, impegnato nella pastorale cittadina e membro dell’ufficio per Go!2025, Julijan Caudek in rappresentanza dei fedeli di lingua slovena dell’arcidiocesi, e Selina Trevisan, giornalista del settimanale diocesano Voce Isontina.A dare il via ai lavori di “Guerra, pace e nuovi scenari di geopolitica mondiale” (questo il tema scelto per la due giorni), dopo il saluto e la preghiera iniziale guidata da S.E. mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia e presidente della CET, l’introduzione curata da mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, il quale ha ricordato come non solo il mondo ma “la Chiesa stessa è in evoluzione con esso e, come richiamato anche da papa Francesco, ci troviamo di fronte ad una “guerra a pezzetti” ovvero globale ma presente in più punti del mondo. Punti che a volte sembrano lontani ma la distanza che separa, per esempio, Gorizia dal confine con l’Ucraina, è la stessa che la separa da Napoli”.La parola è passata quindi al primo dei relatori, il padre gesuita Luciano Larivera, direttore del “Centro Veritas” di Trieste, il quale, partendo dalle parole del profeta Abdia su Edom, ha proposto una Lettura Sapienziale della realtà che la Chiesa può dare nell’odierna situazione, declinandola attraverso i diversi linguaggi che essa può incontrare: quello giovanile, quello giornalistico, quello della rivelazione, solo per fare alcuni esempi.La “lectio” di padre Larivera ha spaziato quindi su diverse tematiche legate all’attualità, toccando la guerra in Ucraina ma anche quella in corso, spesso in maniera “silenziosa”, in molti altri stati, fino a soffermarsi anche sul grave problema del cambiamento climatico, sempre più veloce e urgente. “La grande sfida oggi, anche di fronte ai fenomeni della guerra e dei grandi cambiamenti climatici – ha sottolineato- è trovare i modi per riconciliare antagonismi o polarità differenti, recuperare il livello superiore – l’esperienza della carità e del bene che rigenera – e riscoprire così la comune fraternità umana, che è una categoria che non si può abolire”.Padre Larivera ha quindi stimolato i presenti con tre domande: “Quale “giorno del Signore” riconoscete nel passato recente e anticipate nel prossimo futuro? Quali dualismi/antagonismi necessitano di essere riconciliati in cooperazione, gemellaggi, fraternità? Per quale costosa azione di adattamento ai cambiamenti climatici dover essere in prima fila? Partite considerando le acque”. Queste tre sollecitazioni sono quindi state affrontate all’interno di 4 Gruppi di Lavoro, esperienza interessante di conoscenza e interscambio tra le realtà diocesane.Nel pomeriggio la sessione dei lavori è proseguita con un approfondimento proposto dal dottor Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas Italiana e responsabile dell’Area Internazionale, su “Un “cambio d’epoca” dal punto di vista dei poveri e delle Chiese non occidentali”. A fare le spese delle guerre, sono sempre più i civili, che rappresentano ben il 90% delle vittime. Importante in tutto questo cogliere il punto di vista e lo sguardo dei poveri, per i quali guerre e disuguaglianze colpiscono “sempre più con fenomeni nuovi e inquietanti” ha commentato il vicedirettore Caritas.Anche Beccegato ha invitato quindi i presenti al lavoro di gruppo, riflettendo su “rilevanza ed esperienze di educazione alla pace e alla gestione dei conflitti nelle nostre comunità, parrocchie, diocesi” e su “rilevanza ed esperienze di educazione all’uso/accesso dei media nelle stesse”.In serata i presenti hanno potuto quindi ascoltare un’interessante testimonianza, riportata dal presidente di Caritas Libano, padre Michel Abboud, e dal direttore di Caritas Giordania, Wael Suliman. Tra i punti che maggiormente hanno colpito la sala, quello presentato da padre Abboud, il quale ha portato alla luce come, dallo scoppio della guerra in Ucraina, gli aiuti dall’Europa solitamente destinati al territorio libanese abbiano di fatto conosciuto uno “stallo”, venendo dirottati sull’emergenza bellica. Questo certamente avrà ripercussioni rilevanti sullo svolgimento della regolare funzione umanitaria messa in atto da Caritas sul territorio e rappresenta un fenomeno che andrà sicuramente tenuto sotto osservazione.La giornata successiva ha visto due ulteriori interventi: quello di padre Larivera, ritornato sul “Punto di vista dei poveri e punto di vista del Vangelo”, e quello del professor Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il quale, partendo dal titolo di uno dei suoi ultimi scritti, “Titanic o il cambio di rotta per l’ordine liberale”, ha presentato una lettura sulla democrazia, le sue forme, la sua possibilità di essere esportata e in che misura. La tematica ha molto interessato i presenti che, al termine della relazione del professore, hanno sollecitato il relatore con numerose domande per approfondire la questione, percepita quanto mai come attuale e urgente, anche alla luce dei recenti fatti accaduti in Brasile.Tra i “punti di forza” della due giorni, certamente quello dell’aver creato conoscenza e interscambio tra i presenti, andando a rafforzare legami già esistenti e creandone di nuovi, all’insegna sempre più di una Chiesa che, anche in un’ottica sinodale, cammina e cresce insieme, sostenendosi e sollecitandosi vicendevolmente.

Le riflessioni dai laboratori

Due i laboratori cui i partecipanti alla due giorni hanno potuto prendere parte. Il primo, su sollecitazione di padre Larivera, si è incentrato sui quesiti “Quale “giorno del Signore” riconoscete nel passato recente e anticipate nel prossimo futuro? Quali dualismi/antagonismi necessitano di essere riconciliati in cooperazione, gemellaggi, fraternità? Per quale costosa azione di adattamento ai cambiamenti climatici dover essere in prima fila? Partite considerando le acque”.Tra le restituzioni dei 4 gruppi di lavoro, sono emersi alcuni punti particolarmente rilevanti, quali ad esempio la consapevolezza di porsi come una Chiesa “artigiana” del dialogo, dove anche le voci discordanti sono importanti e tra le quali deve trovare la “forza di essere conciliatrice, più che mediatrice”. Non da ultimo è emersa l’urgenza di creare “un’alleanza tra le generazioni” per rendere più vivi tutti i nostri territori.Per quanto riguarda la sollecitazione riguardante il cambiamento climatico, tutti sono stati particolarmente colpiti da alcuni dati riportati dai rappresentanti della diocesi Concordia – Pordenone: da un’indagine che hanno svolto sul territorio del Friuli Venezia Giulia è emerso come in regione vi sia uno spreco idrico che raggiunge anche i 150mila litri al secondo dai circa 50mila pozzi artesiani esistenti. Un problema quanto mai rilevante alla luce anche della siccità che quest’estate ha colpito i nostri territori.Nel successivo laboratorio, nato dalla sollecitazione di Beccegato su “rilevanza ed esperienze di educazione alla pace e alla gestione dei conflitti nelle nostre comunità, parrocchie, diocesi” e su “rilevanza ed esperienze di educazione all’uso/accesso dei media nelle stesse”, è emersa in particolar modo la necessità di essere maggiormente presenti e attenti, in un’ottica post-pandemica, all’interno delle comunità e delle famiglie, nonché nel mondo della scuola, “struttura nella quale, come cristiani, possiamo investire davvero tanto”. Tutte queste realtà, nel corso degli anni del Covid, hanno incontrato numerose difficoltà e conflittualità, in particolar modo le fasce più giovani che fanno fatica a rapportarsi nuovamente tra loro.È necessario quindi trovare misure che offrano accompagnamento a queste urgenze, anche proponendo “alternative” che consentano alle famiglie e soprattutto ai ragazzi di condividere momenti insieme, apprezzandone il “bello” e ciò che li circonda.Selina Trevisan

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Povertà e guerra: una relazione interconessa

Il secondo tema dell’aggiornamento organizzato dalla Regione Ecclesastica Triveneto – Conferenza Episcopale Triveneto ha visto come relatore il vice direttore vicario e responsabile dell’area internazionale di Caritas Italiana il dott. Paolo Beccegato, con alle spalle anche un’esperienza biennale di vita e di servizio nelle Filippine che ha trascorso con la moglie subito dopo il matrimonio.Il dott. Beccegato ha trattato il tema del cambio d’epoca dal punto di vista dei poveri e delle Chiese non occidentali. La sua riflessione è partita fornendo alcuni dati riguardanti la situazione dei conlitti a livello mondiale. Infatti, negli ultimi anni, nel mondo, c’è stato un aumento del 12% di guerre di media entità e di conflitti locali, che colpiscono sempre più con fenomeni nuovi ed inquietanti. In questi eventi bellici si può constatare un crescente rapporto di vittime civili che raggiunge anche punte estremamente drammatiche del 90%. Tutto questo ha, inoltre, provocato un aumento del 44% di persone che sono dipendenti da aiuti umanitari. È raddoppiato il numero dei rifugiati e degli sfollati che per la grande maggioranza rimangono nei paesi limitrofi a quello in cui vi è il conflitto e solo una parte minore si decide per migrare verso i paesi occidentali. L’aumento dei conflitti, secondo il dott. Beccegato, e delle violenze è anche conseguenza di una realtà connessa ed interconnessa con quanto succede a livello di rapporti bilaterali ed internazionali. Tutto questo provoca un aumento della povertà, che richiede da parte dei paesi più sviluppati maggiori sforzi riguardo la fornitura di generi di prima necessità, la cui diponibilità è però legata alla situazione socio-politica dei paesi in cui si produce. Ne è esempio l’Ucraina, che dopo essere stata aggredita militarmente da parte della Russia non ha più potuto rifornire di grano i paesi in cui vi è carestia.Ci dobbiamo rendere conto che ci sono altri 20 conflitti di cui non se ne parla, ha rimarcato Becegatto.Il vice direttore vicario di Caritas Italiana sì è posto la domanda dei perché dell’aumento della povertà.Che i conflitti la provochino è palese. Ma dall’esperienza e da quanto stanno rilevando gli operatori della Caritas, la povertà sta aumentando anche nelle zone in cui vi è benessere. Beccegato ha inoltre stimolato la platea ha chiedersi riguardo al livello di povertà nel contesto in cui ciascuno vive, all’equità delle politiche sociali adottate e ai risultati delle misure preventive attualmente in atto. La povertà, ha sottolineato Beccegato, dipende da quattro fattori: la povertà assoluta, le diseguaglianze, la dipendenza da poche fonti di reddito e la recessione.Un altro fattore che è causa dell’aumento della povertà è l’attuale situazione climatica. Su questo aspetto il dott. Becegatto ha fornito il dato in base al quale si evidenzia un forte aumento dei conflitti su base ambientale. Questo tipo di guerre o scontri locali sono maggiormente presenti nell’America latina. E non bisogna dimenticare la speculazione finanziaria che influisce sull’andamento dei prezzi dei beni e di conseguenza sulla povertà. Tutto questo chiama in maniera forte, ha sottolineato Beccegato, all’esigenza di una maggiore governace della finanza.Il peso delle armi e dell’industria bellica è un particolare aspetto, che bisogna considerare rapportando la povertà alle guerre ed ai conflitti. Papa Francesco ha più volte fortemente richiamato i paesi sviluppati riguardo la loro enorme responsabilità su questa enorme ferita in cui s’intrecciano interessi industriali, finanziari e politici che vanno ad alimentare e prolungare i conflitti, invece di ridurli, ha ribadito il dott. Beccegato.Quali sono le possibili azioni che si possono intraprendere, si è chiesto in conclusione il vice direttore vicario della Caritas Italiana. Intanto bisogna prendere maggiormente in considerazione il valore pedagogico dell’informazione che ha un’importante influenza sulla formazione delle persone. Proprio per questo è importante conoscere la rilevanza che hanno il mass media e dall’altro canto il livello di accesso all’informazione dei cittadini. Anche sul tema della povertà in rapporto con i conflitti bisogna aumentare la consapevolezza del ruolo dei media per far conoscere le cause, le conseguenze, i rapporti e le corresponsabilità. Abbiamo bisogno di un maggiore impegno sulla gestione dei conflitti e considerare che proprio il ruolo dei media e l’accesso all’informazione hanno un’enorme valenza pedagogica e di condizionamento, ha concluso il dott. Beccegato.All’intervento è seguito il lavoro nei quattro gruppi in cui i partecipanti hanno riflettuto sulle domande se nei territori delle nostre diocesi vi sono dei conflitti, come sono percepiti e come si cerca di far prevalere la parte migliore, come anche sulla rilevanza e dell’accesso all’informazione.Julijan Cavdek

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Quali prospettive per l’ordine liberale?

La relazione del prof. Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha ripercorso, attraverso una lucida e coinvolgente analisi, l’evoluzione dei principi filosofici e giuridici che progressivamente hanno plasmato la nostra società occidentale, contribuendo alla formazione di un mondo liberale e democratico. Innanzitutto, il prof. Parsi si è soffermato sul momento che, a suo dire, ha rappresentato uno spartiacque tra un prima e un dopo: la cultura dell’Illuminismo. Quest’ultimo fu un movimento filosofico che caratterizzò l’Europa del Settecento e che comportò delle conseguenze molto importanti in ambito politico, filosofico, sociale, letterario e religioso. Il principio cardine di questa svolta poteva essere sintetizzato con questo slogan: libertà per tutti. Infatti, mentre fino a quel tempo la libertà politica era stata un privilegio per pochi (la stessa nozione di potere popolare infatti è variata nel tempo.Si pensi al caso veneziano, nel quale il potere politico è stato per moltissimi secoli appannaggio di quello che veniva considerato il Popolo, ovvero il Maggior Consiglio, nel quale sedevano per diritto ereditario i membri del patriziato veneto iscritti nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana), dopo la svolta settecentesca la libertà o sarebbe stata per tutti o non sarebbe stata. Le democrazie nate in seguito a questa rivoluzione culturale (di cui gli Stati Uniti d’America rappresentano la nazione regina) hanno da sempre cercato di diffondere il loro sistema domestico, democratico nelle fondamenta.Secondo il prof. Parsi, il loro obiettivo è stato da sempre quello di rendere il mondo maggiormente sicuro per la loro sopravvivenza. Il presupposto concettuale del relatore è stato quello di considerare le democrazie liberali non come il miglior sistema di governo umano in assoluto, ma sicuramente come “il modo più gentile mai realizzato dall’uomo per governarsi”. Ecco perché il prof. Parsi ha definito la guerra in Ucraina come “un attacco esterno ai principi dell’ordine internazionale fondato sui principi della democrazia e del liberalismo – per il quale la libertà è cardine per tutti e non deriva da privilegi – e questo rende complicati i tentativi di risolvere il conflitto, perché potrà essere risolto solo riaffermando quei principi, altrimenti l’intera casa crolla e ci aspetta un mondo pre-illuministico e pre-liberale”. Di fronte alla guerra, ha proseguito, “riemerge il dilemma di Karl Popper: si può essere tolleranti con chi è intollerante? La risposta è no, altrimenti la tolleranza è morta. Certo, la guerra esiste e ritorna, eppure l’unico modo per respingerla o ridurla è stato, in particolare dal 1945 ad oggi, la costruzione di un ordine internazionale – non perfetto ma il migliore possibile e fondato su economia di mercato, democrazia rappresentativa e società aperta – che va tutelato ad ogni costo”.Ecco perché l’atteggiamento delle istituzioni occidentali dovrà rimanere saldo e ben radicato a quei valori che, seppur imperfetti, alla fine garantiscono il maggior tasso di libertà possibile all’interno delle nostre società. Tutto questo perché, se non altro, la democrazia consente ai popoli di poter cambiare i propri rappresentanti. Non garantisce per forza il cambiamento, ma la sola possibilità di poterlo effettivamente realizzare vale la lotta per poterla salvare e rafforzare. Il dibattito che si è generato in seguito alla relazione del prof. Parsi è stato anch’esso ricco di spunti e di nuovi stimoli. In particolare, il relatore è stato incalzato sulle gravi e oggettive responsabilità di cui il mondo occidentale è stato protagonista negli anni dell’imperialismo e del colonialismo. La replica del relatore, nel rimarcare la limitatezza del sistema liberale e democratico in quanto figlio di uomini e donne anch’essi fragili, si è soffermata sul rischio derivante dall’assunzione di una prospettiva semplicistica e riduzionistica. La stessa Chiesa infatti, in virtù di tale prospettiva, potrebbe venir duramente attaccata per le pesanti violazioni della libertà personale inflitte a molte donne e a molti uomini nel corso dei secoli. Valentino Cappella