Mons. Pangrazio e la riduzione delle diocesi

Ascoltando il discorso del papa in apertura dei lavori dell’assemblea della CEI, a chi scrive e non solo, è venuto alla mente un fatto di quarantasei anni fa: la testimonianza, a questo proposito appunto, dell’arcivescovo Andrea Pangrazio che – eravamo alla vigilia della visita del Papa ad Aquileia e Udine per il Congresso eucaristico nazionale – ospite del suo successore in arcivescovado concludeva anche il suo mandato di segretario generale della Cei.Nel corso di una cena familiare, introdotto dall’arcivescovo Cocolin che gli chiedeva quali nuovi impegni avesse all’orizzonte, monsignor Pangrazio sbottava di “essere stato liquidato dall’importante servizio (segretario della Conferenza episcopale italiana) peggio della serva, alla quale si danno almeno gli otto giorni.”Un ondata difficile da incanalare. Tra i motivi del suo defenestramento, oltre che le non condivisioni con il presidente (card.Poma), egli attribuiva la causa anche al progetto di revisione dei confini e delle diocesi in Italia.Compito, delicatissimo, che gli era stato affidato dalla congregazione per i vescovi e che, come noto, non era approdato a niente… Per la verità il prezzo, molto salato, aveva travolto il segretario generale.La storiaMonsignor Pangrazio, avuto l’incarico, aveva predisposto uno studio che da una parte non aveva riscosso l’attenzione dei vertici Cei e, allora egli, volle “sentire” il responsabile del dicastero vaticano – il milanese card. Carlo Confalonieri – per “doverosa informazione”. Fattosi annunciare più volte presso il prefetto Confalonieri, non aveva trovato udienza. Pensò,  mons. Pangrazio, di portare l’incartamento nell’appartamento privato dell’illustre cardinale, in modo che ne avesse informazione. Confalonieri si dichiarava malato; rompendo gli indugi, Pangrazio forzò la mano e dopo avere suonato il campanello, infilò il piede impedendo all’attonito segretario, di chiudere l’imposta.Finalmente, fu ammesso alla presenza del cardinale – il quale per dimostrare di essere malato – si era infilato sotto le coperte: e così Pangrazio ebbe modo di sciolinare premesse e criteri, ipotesi di soluzione del dossier sulle riduzioni delle diocesi. Numeri e confronti ai quali l’anziano cardinale annuiva, restando sottocoperta; alla fine sbottò “E chi va a dirglielo a quelli che la loro diocesi è scomparsa? E che non sono più vescovi titolari?”L’uscita di monsignor Pangrazio gli costò il posto e la riforma delle diocesi italiane fu messa nel dimenticatoio. A tutt’oggi, a sentire i presenti durante il dialogo con Papa Francesco, non solo non ha trovato entusiasmi, ma sembra destinata a tornare nel dimenticatoio. A meno che non trovi un kamikaze… pronto a pagarne il prezzo. Speriamo bene. Le ragioni di quella volta – non solo avevano fondamento serio – ma in tempo di capacità di misurarsi con la realtà, sono indispensabile segno di maturità delle chiese in Italia.