Mensa dei Cappuccini: porte aperte anche la sera

La storia della mensa dei padri Cappuccini a Gorizia affonda le sue radici lontano nel tempo, non è una novità in città. Ma da qualche tempo, dimostrando un’incredibile resilienza, ha saputo rinnovarsi, facendosi carico – accanto a Caritas e Curia – dei richiedenti asilo che, fuori convenzione e non presi sotto l’ala delle istituzioni civili, si trovano senza un posto dove dormire e senza almeno un pasto quotidiano. La mensa dei Cappuccini ha quindi aperto le sue porte anche alla sera, coadiuvata da uno dei punti di forza che oggi fanno davvero girare il mondo: il volontariato.Abbiamo incontrato padre Giorgio Basso, dallo scorso settembre guardiano del convento di piazza San Francesco, e ci siamo fatti raccontare di questa nuova esperienza per la mensa.

Padre Giorgio, in che modo e su che base viene allestito il servizio di distribuzione dei pasti?Solitamente e storicamente siamo impegnati con il pranzo, alle 11.30 iniziamo la distribuzione del pasto, preparato qui in convento con prodotti che o compriamo grazie alle offerte di tante persone e associazioni caritatevoli, o che ci vengono donati. La provvidenza è davvero un dono importante.Nel tempo ho visto che generosità chiama generosità: se doni, ti verrà donato e anche qui alla mensa vedo che questo concetto è presente; ci permette di poter proseguire questo servizio, soprattutto in questo momento storico in cui i numeri sono piuttosto alti.

Attualmente su che cifre ci aggiriamo?Un tempo il convento era abituato ad avere 25/30 persone a pasto, ora siamo arrivati a picchi anche di 120 persone, registrate nel mese di gennaio; la media comunque gira attorno alle 70/75 persone.Possiamo far fronte a questi numeri anche e certamente grazie ai fondi dall’8×1000, circa 20.000 euro, con i quali possiamo sostenere il servizio pagando bollette, facendo manutenzione alle strutture, gestendo insomma la “regia” che sta dietro a questa mensa.

…e proprio la “regia” negli scorsi mesi ha preso una decisione importante…Da settembre, quando sono arrivato a Gorizia, ho visto con i miei occhi la situazione della gestione dei migranti; poco dopo ci si è trovati in piena “crisi” con Galleria Bombi, dove decine e decine di migranti avevano trovato riparo per la notte. Così, con il Vescovo e don Paolo Zuttion, direttore della Caritas diocesana, abbiamo mediato per offrire un riparo notturno presso la sede Caritas.Accanto a questo, siamo venuti incontro alla parrocchia di San Rocco e, successivamente, del Pastor Angelicus, dove dei volontari distribuivano alla sera un pasto, aprendo le porte della nostra mensa anche alla sera, di comune accordo con la Curia, per un periodo di tre mesi, iniziati lo scorso 8 aprile.

Quanto conta la figura del volontario in tutta questa situazione?È fondamentale: il servizio funziona grazie al contributo di tanti parrocchiani da tutta Gorizia, che – nelle loro case o nelle rispettive parrocchie – preparano del cibo, lo portano qui e lo distribuiscono. Ci sono anche alcuni degli utenti che si prestano per fornire servizio di distribuzione del pasto e riordino delle sale e trovo che questa sia una cosa molto bella. Questo, accanto al senso del “servire” da parte di questi parrocchiani, credo che rendano Gorizia, i suoi cittadini e le sue parrocchie, testimoni di qualcosa di unico e importante. Preparare ogni sera un pasto per 60/70 persone, non è cosa da poco.La mia unica paura è che questi volontari, a lungo andare, rimangano soli… ormai non siamo più nello “straordinario”, la situazione è quasi cronicizzata.

Com’è strutturata l’utenza della mensa?La composizione degli utenti vede circa 25 persone a pranzo tra italiani e sloveni, più o meno sempre gli stessi e conosciuti alla mensa già da tempo; di loro 6 o 7 frequentano il servizio anche alla sera. Tutti gli altri sono richiedenti asilo.Il pranzo viene distribuito dagli “Amici di San Francesco Onlus”, associazione nata in seno alla Comunità dei Cappuccini del Triveneto, con circa 40 volontari che si alternano; la cena invece, come accennavo, è distribuita dai volontari delle varie parrocchie, coadiuvati da 5 ragazzi richiedenti asilo.Tra poco inizierà il periodo del Ramadan e, insieme alla Caritas, ci stiamo già muovendo per capire come poter garantire la distribuzione del pasto serale, cercando magari di posticipare l’orario di ingresso presso il dormitorio Faidutti e la sede Caritas. I volontari si sono già detti disponibili per iniziare la distribuzione un po’ più tardi; c’è davvero una grandissima collaborazione tra tutte le realtà in campo.

Come vede la situazione allo scadere dei 3 mesi di servizio?Credo si tratterà di vedere anche cosa la nuova politica regionale intenderà fare nei confronti di queste persone. Al momento attuale, per come sono le leggi, il problema degli afflussi permane.Noi, come servizio mensa serale, se la Curia e la Caritas decideranno di non proseguire con il servizio, questo verrà interrotto. Dipenderà tutto da che accordi verranno presi nonché dalla disponibilità dei volontari.

Lei è qui in città da settembre. Che idea si è fatto della situazione goriziana?Credo che queste persone siano servite decentemente, vengono loro garantiti per lo meno i servizi minimi assistenziali: hanno un posto al coperto dove trovare riparo, caldo in inverno, un pasto al giorno gli può essere garantito.Il problema di fondo però è sempre quello: mancano le istituzioni preposte a questa problematica. Questo è un servizio che non dovrebbe essere svolto dalla Chiesa ma dagli enti istituzionali, che dovrebbero tutelare la salute di chi soggiorna sui propri territori. È facile ignorare i problemi, quando sono gli altri a pensarci…