La stola e il grembiule del diacono Pietro

A cinque anni dal suo improvviso ritorno alla Casa del Padre, desideriamo ricordare, con immutato, riconoscente affetto, il diacono Piero Basile, una bella figura della nostra Chiesa diocesana e della Comunità Diaconale, il quale ha saputo coniugare “stola e grembiule” per dirla con don Tonino Bello, oppure sempre usando una sua immagine, “si è convertito al popolo”.Nel 2013, quando gli venne conferito il “Riconoscimento dei Santi Pietro e Paolo”, già nell’annuncio privato che gli feci, si schernì dicendo che era troppo per lui e che non meritava tanto. Ricordo che, allora, gli chiarificai che non si trattava di un premio, ma era solo un segno, per richiamare tutti noi a vivere quello stile evangelico che ci aveva testimoniato con la sua dedizione alla chiamata e con il suo costante spirito di servizio. Questa spiegazione lo convinse e finì con l’accettare. In questo ricordo diamo voce ad alcuni diaconi che, con lui, hanno condiviso il ministero e la vocazione. Così lo ricorda il diacono Paolo Zuccon: “E’ stato un riferimento per tutti noi, specie per noi primi cinque ordinati. Mi ha sempre colpito la sua semplicità e la sua discrezione nell’operare, in particolare nel vivere la carità, sempre disponibile ad aiutare chi incontrava, ad ospitare a casa sua chi aveva bisogno, a condividere tempo, e credo anche denaro, con i poveri, vedendo in loro il volto del Cristo. Viveva tutto spontaneamente; il servizio era il suo stile e la scelta diaconale lo sbocco di un cammino di fede intrapreso, assieme alla sua cara Olimpia, già da molto tempo. Quando ci vedevamo ai pellegrinaggi a Lourdes con l’Unitasi, mi colpiva quel suo mettersi a disposizione di tutti, anche nelle cose più umili; schivo nel suo fare, qualche volta preferiva, invece di servire all’altare, mettersi dietro la carrozzina di un ammalato per assisterlo. Era il suo modo di vivere la diaconia, senza mettersi in mostra, ma nel nascondimento. Prediligeva gli ammalati e a loro, negli anni, sia visitandoli a casa, sia quando li andava a trovare in casa di riposo o nel suo servizio all’ospedale di Ialmicco, portava consolazione con una parola, un gesto, un sorriso. Una testimonianza quella di Piero, per noi diaconi e per tutta la nostra Chiesa diocesana, di cui far tesoro e ringraziare il Signore per il dono della sua vita”.Così di lui dice il diacono Renato Nucera: “Non potremo mai dimenticarlo, perché è stato un esempio per quanti scelgono di mettersi a servizio dei fratelli più poveri, quelli che vivono ai margini delle nostre comunità. Era un uomo schivo e riservato che non amava essere al centro dell’attenzione, ma che ha saputo essere un testimone concreto e trasparente del messaggio di Amore che Gesù ha annunciato con le sue opere e le sue parole nel Vangelo. Piero era sempre disponibile a cingersi l’asciugamano e a mettersi a servizio delle comunità in cui ha svolto il suo ministero diaconale, soprattutto verso le sorelle e i fratelli più fragili e poveri.Aveva sempre tempo da dedicare all’ascolto di chiunque si trovasse in difficoltà e chi spettava da lui una parola di speranza, un consiglio e un aiuto concreto, non restava deluso. Il diacono Piero aveva compreso bene che la testimonianza dell’Amore verso gli ultimi non è un fatto personalistico, ma di tutta la comunità cristiana: ecco perché, assieme a sua moglie Olimpia e ad altri volontari, ha costituito la Caritas parrocchiale del decanato di Visco, che voleva essere un segno concreto di prossimità di tutte le comunità cristiane dell’allora decanato di Visco, verso coloro che vivevano percorsi di fragilità e di povertà”. Infine, un passaggio della testimonianza del diacono Franco Baggi: “La tua spiritualità era semplice, ma incisiva come la tua testimonianza. Non ti serviva il diploma in teologia per parlare di Dio, la Sua Parola era sempre fra le tue labbra, la tua stessa vita ha parlato a tutti noi di Dio Amore. Come mi dicevi sempre, richiamando San Paolo “Se non avessimo la carità, saremmo come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita”:, l’Inno alla Carità lo avevi sempre impresso nella mente e nel cuore. “Ciò che abbiamo qui ricordato di Piero può trovare spazio e senso compiuto nell’ambito della cosiddetta “Nuova Evangelizzazione” per la trasmissione della fede cristiana, con la Parola che si fa carità per trasmettere, attraverso nuove strade, all’uomo contemporaneo, la perenne novità di Gesù Cristo. Chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, potrebbe pensare a un dovuto, quanto scontato, elogio alla memoria, ma il diacono, anzi, l’uomo, Piero era proprio così. Lungi dall’essere perfetto, metteva i suoi limiti nelle mani del Signore, dal quale attingeva forza e lucidità operativa e si limitava ad essere se stesso, con i suoi limiti e le sue delusioni, ma “forte con Dio”. La caratteristica precipua che lo contraddistingueva era il sorriso. Un sorriso accattivante e sincero, aperto e timido insieme; che allargava il cuore di chi lo incontrava ed era una catechesi senza parole, ma iconica; che andava dritto al cuore e profumava di accoglienza, senza distinzioni; di resa alle pretese degli interlocutori, ancor prima di conoscerne le richieste; che celava il desiderio di non apparire invadente, ma alla pari. Un sorriso che sapeva di pane fragrante condiviso, di vino offerto con amore… di Eucarestia ! Grazie, Piero. il tuo sorriso allieta, ora, in cielo le schiere degli angeli!