La ricerca di una risposta di senso alla pandemia

Un anno fa, all’inizio della pandemia, avevamo intervistato sulle pagine di Voce Isontina alcuni sacerdoti della nostra diocesi per farci raccontare come stavano vivendo quel tempo così particolare segnato dall’impossibilità per i fedeli di partecipare alle liturgie in chiesa e dalla sospensione di tutte le attività in parrocchia.Dopo dodici mesi siamo ritornati ad intervistare mons. Paolo Nutarelli, parroco nell’Unità pastorale che comprende le comunità di Cormons, Brazzano, Borgnano e Dolegna del Collio.

Don Paolo, ormai siamo giunti a toccare i 12 mesi dall’arrivo del Covid19 nel nostro Paese. Ad un anno dall’inizio della pandemia, che Chiesa troviamo dinanzi? La definirebbe più forte o più fragile di “prima”?Siamo nel deserto come ci ha ricordato il Vescovo Carlo nella sua ultima Lettera pastorale “la nube luminosa”. Dopo lo smarrimento iniziale la Chiesa sta cercando di dare una risposata di senso a quanto stiamo vivendo. Non è facile. La pandemia ha secondo me, comunque, evidenziato problematiche che già erano presenti e che ha acuito. Da qui bisogna ripartire o meglio continuare il cammino… stando dietro al Signore…

Per Lei come sacerdote, cos’è cambiato e qual è stata la cosa più difficile da imparare (o anche da accettare) da questo cambiamento? Si è mai sentito “solo” nel corso della pandemia?  Non vivo in una bolla; ho presente la pesantezza di questi mesi per le famiglie e per la Comunità. In questo contesto, però, abbiamo avuto la grazia di poter continuare, in forme diverse, le varie attività. Grazie alla tecnologia e alla presenza delle Suore della Provvidenza, come sacerdoti dell’Equipe pastorale abbiamo sempre potuto celebrare la S.Messa (in presenza delle suore), abbiamo potenziato i servizi in streaming e abbiamo cercato di esserci come potevamo ma di esserci. Nella seconda parte di questo “annus horribilis” abbiamo comunque pertanto avanti le attività catechistiche ed associative, siamo riusciti a fare i Campi estivi il centro estivo… è vissuto al meglio i vari incontri sacramentali. Non mi sono “non solo mai sentito solo” ma ho sempre sentito l’affetto e la vicinanza di tutta la Comunità cristiana, E questo vale per noi sacerdoti di Cormòns, Brazzano, Borgnano e Dolegna.

A livello di società e di comunità dei cristiani, cosa osserva? Ci sono nuovi timori e preoccupazioni, o a prevalere è la stanchezza (anche mentale)? C’è qualche aspetto sociale in particolare che cattura la Sua attenzione e La preoccupa – penso ad esempio a disattenzione verso le misure sanitarie precauzionali, disinformazione…-?Le persone sono stanche… la seconda parte del lockdown è stato un continuo “aprire” e “chiudere” e tutto ciò ha portato anche a tensioni… La comunità cristiana non è avulsa dalla storia per cui sente anch’essa il peso di nuove preoccupazioni e nuovi timori: perdita del lavoro, difficoltà nei rapporti etc…

Stiamo vivendo la “seconda fase” della pandemia, con una graduale distensione e riapertura ma allo stesso tempo il contagio ancora in atto, ora anche con nuove varianti. In tutto questo come si muove la Sua comunità? Cos’è stato ripreso e quali i prossimi “passi” nella ripresa?Come ho già detto abbiamo ripreso ufficialmente tutto “giocando” tra la PaD (pastorale a distanza) e le attività in presenza. Un grande sforzo organizzativo è l’impegno dei volontari della Caritas che sempre hanno continuato a stare accanto alle famiglie in difficoltà cercando soluzioni e e modalità nuove d’incontro e sostegno. In queste settimane abbiamo iniziato a sognare l’estate… speriamo di riuscire a realizzare i vari percorsi formativi a tutti i livelli

Lei è anche insegnante alla secondaria di primo grado. Cosa vede guardando questi ragazzi? Cosa chiedono e cosa Lei chiede per loro?La scuola… un grande luogo/tempo nel quale i nostri ragazzi ci sono… Innanzitutto “alle medie” siamo riusciti a fare lezione in presenza (fino ad oggi) e questo è stato molto importante sia per i ragazzi che per per gli insegnanti. Nelle occasioni in cui qualche classe è andata in quarantena, gli insegnanti hanno comunque portato avanti i programmi e, soprattutto, le relazioni.Pensando alla “scuola” che io vivo il primo pensiero è la gratitudine: ho il dono di poter collaborare con insegnanti che non sono solo docenti ma soprattuto educatori e ho visto e sperimentato la passione educativa nel stare accanto ai nostri ragazzi. Sono anche contento per la risposta dei nostri ragazzi: la quasi totalità di loro ha capito quello che stiamo vivendo e collaborano con la scuola perché tutto avvenga nel migliore dei modi. Hanno voglia di vivere… c’è la paura ma se sostenuti riescono ad affrontarla e trasformarla in un punto di forza. Questa esperienza ha tolto loro tanto ma li aiuterà nel corso della vita. Ne sono certo.