La leadership del Papa: punti fermi per il cambiamento anche nella Chiesa

Continuare a interrogarci sul dopo…  anche per la Chiesa, è una responsabilità di tuti, credenti e non credenti. Una Chiesa dentro alla società nella quale gli esseri umani vivono.. Sono ore e giorni complicati e pesanti. E non solo per lo shock che tocca tutti; lasciarsi interpellare in quello che accade ed era imprevisto, significa tentare di leggere i segni dei tempi alla luce dello Spirito.Operazione oltremodo esigente. A fatica abbiamo capito che siamo di fronte ad un passaggio epocale e con conseguenze imprevedibili. La tentazione di liquidare quanto è accaduto (e, sta accadendo!) si accompagna con la preoccupazione per il futuro; il rischio è di accorgersi di “quanto ci è mancato quello che sempre si è fatto”; e, inevitabilmente, di “essere pronti a ricominciare come se niente fosse accaduto”. Sarebbe un terribile autoinganno.  Sono proprio i termini della questione che vanno approfonditi e rivisti. La pandemia ha posto tutti -anche i credenti e le loro comunità- nella condizione da una parte di riscoprire il ridimensionamento di ogni leadership della politica e della scienza,e prendere atto -ad esempio- della centralità della figura che il Papa che, nel silenzio di ritti e tradizioni, ha esercitato ed esercita: una vera e propria leadership morale, costruita non sulle apparenze ma sulla qualità della Parola, sulla coerenza dei gesti e sul patrimonio valoriale di riferimento. Una testimonianza implacabile nella sua grandezza, riconosciuta da tutti. La Messa e la preghiera quotidiana di Papa Francesco a S.Marta dettano l’agenda di tanti (persone, governi e episcopati), soprattutto di chi sente di avere bisogno di una parola indicativa e impegnativa.Innanzitutto -come ha affermato il consiglio permanente dei vescovi (20 aprile)- occorre leggere bene gli eventi: “La situazione attuale è un kairos che traccia una cesura rispetto al passato re lascia una eredità preziosa a livello sociale e ed ecclesiale, dalla quale ripartire con fiducia e speranza, facendo tesoro delle esperienze di solidarietà, di attenzione agli ultimi e alle persone in difficoltà”. Opzione che nessuno deve dimenticare.Tre momenti (e non ultimi, ogni giorno da S.Marta viene una parola ed un gesto “sapienziale” per tutti) lo hanno dimostrato davanti al mondo intero: la preghiera sul sagrato della basilica di S.Pietro il 27 marzo; i riti del triduo pasquale e infine il messaggio pasquale all’Angelus (12 aprile). Tre “passaggi” come la Pasqua, tante domande e alcuni punti fermi, all’interno di un contesto – la settimana più santa  dell’anno, che è “segno visibile” anche dell’esplosione della Vita e della Speranza.Il primo “segno”: “Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.” Un gesto che ha saputo rappresentare ogni persona e la comunità umana, accolta nella sofferenza e perdonate.”Il secondo (venerdì santo): “La pandemia ci ha bruscamente risvegliati dal pericolo maggiore che hanno sempre corso gli individui e l’umanità, quello dell’illusione dell’onnipotenza”. Attraverso la parola suasiva del predicatore apostolico è venuta una chiara indicazione sulle cause del male ed un invito suasivo ad una presa di coscienza delle responsabilità di ciascuno e di tutti nella certezza di un perdono che salva.Infine,  il terzo passaggio “(omelia di Pasqua): ” Con l’annuncio della Chiesa che Gesù è veramente risorto, si è accesa una luce nuova nella notte di un mondo segnato da sfide epocali che mette a dura prova la grande famiglie umana. E’ un altro contagio che si trasmette da cuore a cuore: ogni cuore umano attende questa buona notizia. Non è una formula magica…non fa svanire i problemi… La resurrezione invece è la vittoria dell’amore sulla morte, non scavalca la sofferenza, trasforma il male”. Un invito “a vincere l’indifferenza, a ritrovarsi in una nuova fiducia, a non lasciare nessuno solo, a riconoscersi in una sola famiglia. Non è questo il tempo delle divisioni; è una sfida epocale dalla quale dipende il mondo intero.”Punti fermi che, anche all’interno della Chiesa, impongono una revisione: la stessa teologia, nel suo complesso, “è invitata a navigare tra la concezione della fondamentale bontà del mondo creato e la percezione fattuale della violenza e della malattia che abitano le forze della natura”. Di più, scrive Civiltà cattolica “La nostra pratica religiosa era a immagine delle nostre società: il consumo della religione non ci rende ancora uomini e donne di Dio. E’ l’ascolto della Parola, la sua meditazione nei nostri cuori  che ci fa volgere verso Dio. Non è il divino, inteso come prodotto  religioso da consumare, a darci un senso di felicità, mail Padre, che ci ama oltre la nostra fine, oltre la nostra  morte. E una vera e sincera conversione ci porta sempre verso gli esseri umani creati da Dio e da lui amati.  Una vera versione non si limita a trasformare il nostro cuore, ma cambia anche il nostro modo di vivere, le nostre azioni.”Una centralità, per la Chiesa, non di potere ma di profezia e di servizio. Ha detto il Papa in occasione di alcune celebrazioni a S.Marta nelle settimane dopo Pasqua. “Qui sta la nostra forza, se ci lasceremo guidare dallo Spirito. A noi spetta solo il compito di invocarlo, non di comprarlo, come vorrebbe fare Simone il mago (At 8,9-25) né di incasellarlo nei nostri programmi pastorali. Ciò che la pandemia può insegnarci è che, anche nella prova, noi tutti siamo figli amati dal Padre che si è servito di tante persone per dircelo, non che siamo padroni di Dio, della vita, del mondo. Eccoci, deboli, poveri, abbandonati alle nostre capacità di ripresa, ma non soli: quando siamo deboli è allora che siamo forti (1Cor 12,10).    Ed ancora: “Sempre, dai tempi dei profeti ad oggi, c’è il peccato di resistere allo Spirito Santo: la resistenza allo Spirito (…) Questo è il peccato che Stefano rimprovera proprio ai membri del Sinedrio: “Voi e i vostri padri avete resistito sempre allo Spirito Santo”. La resistenza allo Spirito Santo. ’No: sempre è stato fatto così, e deve farsi così’. Non venire con queste novità, Pietro; stai tranquillo… prenditi una pastiglia che ti calmi i nervi… Stai tranquillo… è la chiusura alla voce di Dio.” Sono le linee fondanti di un progetto di ricostruzione anche pastorale che proietta la Chiesa nel domani che è già oggi.