La conversione come fonte di speranza

La Quaresima è un periodo particolare nell’esperienza di fede. Questo periodo è contraddistinto da momenti di riflessione, di raccoglimento per ritrovare quel senso di riconciliazione con Dio, con se stessi, con gli altri. I mezzi che la tradizione pone nelle nostre mani per raggiungere l’obbiettivo sono la preghiera, il digiuno, il sacrificio. Questo percorso certamente ha una sua portata significativa, perché richiama un cammino per ritrovare quell’armonia che è fonte di pace vera e di vita vera. Possiamo anche ripensare la Quaresima, partendo dalla tradizione biblica, come espressione simbolica, narrativa della vita di ciascuno di noi e del cammino fatto insieme: gli uni accanto agli altri. La Quaresima come i “quarant’anni nel deserto” della nostra vita, “nuda” con tutte le realtà che essa pone di fronte a ciascuno di noi da affrontare, vivere, sperimentare e trovarne il senso: come scoperta dell’autentica vita. In questa ricerca-scoperta c’è un’esperienza che contraddistingue in maniera “miracolosa” questo cammino che è la vita: l’incontro con Dio, una presenza che cambia il destino della nostra esistenza; ne dà una portata, fa cogliere il valore di quei “quaranta anni”. Un incontro vero, determinante, che dà sicurezza e speranza. Questa scoperta della potenzialità che ogni uomo ha – ed è – chiede un’attenzione definitiva, fondante: l’”accoglienza” di questa presenza, perché diventi fonte di vita concreta. Ecco perché il grande grido: convertitevi. Convertire la nostra vita, perché quella presenza diventi identità e potenzialità della vita. La conversione è quel mettere concretamente la nostra esistenza in quella potenzialità divina. È la fonte di quello scoprire la nostra umanità come espressione della ricchezza di Dio, perché diventi identità e capacità. Quando la nostra umanità incontra veramente la realtà di Dio, si realizza un convertire il nostro limite nella presenza vera di Dio. Allora il “destino” del nostro vivere trova la vera “strada”, le vere “potenzialità”, le vere “sicurezze”. La vita è un incontro continuo con Dio. Ogni momento diventa, allora, scoperta, identità, speranza, scelta. Convertirsi è scoprirsi in Dio. Questa è l’esperienza apice dell’umanità, che fa sì che ogni frammento dell’esistenza abbia senso e valore. Conciliarci nella conversione in Dio con la nostra umanità e con lo sguardo di speranza nei confronti di tutti gli uomini del mondo. È vincere ogni “mormorazione”, pur vedendo le difficoltà’: il senso della vita non sarà deluso.C’è un’espressione nel vangelo di Marco (1,15) che è la sintesi della figura di Gesù Cristo e la scoperta della sua portata: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”. È un’espressione quasi prodigiosa, perché non può essere un’invenzione: tanto è fuori da qualsiasi logica, che si può spiegare solo dentro una percezione vitale, un’esperienza autentica che meraviglia e che non può essere taciuta. Tentiamo di tradurla in un linguaggio non teologico – catechistico, ma che esprima intuitivamente la potenza non immaginabile, sconvolgente che viene comunicata, come speranza per ognuno: l’eterno – Dio – si “incastra” nel tempo, la potenza di Dio si “innerva” nella storia degli uomini e invoca di scoprire questo mistero, per fondare la nostra vita dentro di esso. Da questo nasce la logica dell’”ama come ama Dio”, “siate santi come è santo Dio”, “siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”.

(In foto: Bartolome Esteban Murillo, “Il figliol prodigo”)