La Pasqua dei cristiani: insieme è una necessità

Al III ritiro mondiale dei sacerdoti, promosso dall’International Catholic Charismatic Renewal Services e dalla Catholic Fraternity, papa Francesco ha detto che con gli ortodossi siamo riusciti a litigare sulla diversità della data della Pasqua e ha ridicolizzato il fatto immaginando un incontro tra un ortodosso e un cattolico; domanda e risposta: “Il tuo Cristo è risorto? Il mio invece risorge la settimana prossima”.La celebrazione unitaria della cristianità intera della Pasqua, infatti, avviene di rado e solo per coincidenza di fatti astronomici che qui sarebbe difficoltoso spiegare. La prossima data comune dovrebbe essere il 16 aprile 2017 e solo eccezionalmente coincide. La diversità della data dipende da calcoli riferiti a due diversi calendari adottati, il calendario riformato gregoriano, opera di papa Gregorio XIII (1582) secondo criteri puramente astronomici e non confessionali, che però non è stato accettato dal mondo ortodosso che ha continuato a fare calcoli con il vecchio calendario lunare chiamato giuliano, proprio da Giulio Cesare, piuttosto “datato” e non conforme a calcoli più esatti.La questione della data della Pasqua, in realtà, con modalità e motivazioni diverse ha attraversato la storia della cristianità fin dall’inizio della Chiesa nascente e ciò che fa pensare e profondamente colpisce, come ha notato papa Francesco, è il dato che i cristiani nonostante vari tentativi non sono riusciti a trovare una soluzione.Probabilmente al fondo c’è la convinzione che la data è meno importante del fatto che Cristo è morto e risorto: l’evento della risurrezione travalica ogni confinamento rituale o di calendario, essendo di portata cosmica ed eterna. L’evento conta più che il giorno e l’ora in cui si ricorda e si celebra.Tuttavia, celebrare insieme, tutti i cristiani, e proclamare al mondo ad una sola voce, in un determinato giorno del calendario universale che “Cristo è risorto, è veramente risorto!”, in convinta e compatta adesione all’integra fede pasquale, assume una forte rilevanza sul piano della comunicazione e, quindi, dell’evangelizzazione. I non credenti e i seguaci di altre religioni, nella disparità della celebrazione della Pasqua, sono facilmente indotti a notare segni di dubbio e incertezza storica e, quindi, una debolezza dell’annuncio e, inoltre, possono riscontrare lo stato di disunione, se non di conflittualità, tra cristiani. È per questo, pensiamo, che papa Francesco abbia tirato fuori la questione in un momento in cui nessuno ci pensava ed è per lo stesso motivo che nel movimento ecumenico moderno il problema è stato affrontato a livello di dialogo interconfessionale.Nell’ottobre 1998 la Consulta teologica ortodossa-cattolica aveva sottolineato l’importanza pastorale di giungere ad una data condivisa riaffermando “le norme stabilite dal primo Concilio ecumenico di Nicea (325) secondo le quali la Pasqua deve cadere nella domenica che segue la prima luna di primavera e calcolare la data astronomica (equinozio di primavera e luna piena) con gli strumenti scientifici più accurati, basando il calcolo sul meridiano di Gerusalemme”. Da parte delle Chiese cristiane non resta che mettere in atto con umiltà e disponibilità un progetto comune e ascoltare l’invito di san Paolo, come un grido che risuona più che mai urgente oggi, in un mondo globalizzato e mediatico: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa”. Insieme.