La Parola nella terra dove è ambientata

Si è svolto dal 28 luglio al 14 agosto il pellegrinaggio per giovani in Terra Santa. Il gruppo proveniente dalla diocesi di Gorizia era composto da 9+2 persone: 9 che hanno fatto l’itinerario intero e 2 che si sono fermati a fare un’esperienza di volontariato a supporto di una comunità palestinese nei dintorni di Betlemme. La comitiva nella sua totalità era formata da 40 persone, provenienti oltre che dall’isontino, anche da una collaborazione pastorale di Milano e poi da varie parti d’Italia. A guidare l’itinerario i gesuiti p. Iuri Sandrin (originario di Aquileia), p. Nicola Gobbi e lo scolastico Nicolò Mazza. La formula di questo pellegrinaggio, essenziale e spartano nelle condizioni di vita e ricco di parola di Dio, è stata ideata dal biblista Francesco Rossi de Gasperis e poi portata avanti da altri giovani gesuiti. L’idea è quella di leggere la Parola di Dio lì dov’è ambientata, facendo parlare non solo la storia, ma anche la geografia e la vita della Terra Santa

Il desertoL’itinerario è cominciato scendendo a Sud d’Israele, inoltrandosi nel deserto del Neghev e rileggendo la storia di Abramo e del popolo nel deserto. Le tappe hanno permesso di visitare ed esplorare il kibutz di Sde Boker, il wadi Zin con la sorgente di Ain Avdat, il panorama ampio del Makhtesh Ramon, il Red Canyon con le sue rocce rosse, le miniere di Timna dove abbiamo trascorso la prima notte, la barriera corallina del Mar Rosso ad Eilat, la solitudine e la pace del deserto di Borot Loz, il sito surreale di Sodoma con le sue rocce che si sgretolano al tatto, la costa del Mar Morto in una spiaggia bianca di sale, l’assurdità della fortezza di Masada, il ristoro offerto dall’oasi di Engaddi. Le ultime due tappe della prima parte del viaggio sono state la Tent of Nations, una fattoria di una famiglia palestinese, in territorio palestinese, che sta resistendo in modo non violento alle pressioni di alcune colonie israeliane che vorrebbero prendere la loro terra; e il sito del battesimo di Gesù a Qasr El-Yahud. Sono luoghi estremamente affascinanti per la bellezza del paesaggio e per la sua forza evocativa se letta insieme alla Parola di Dio. Questi luoghi sono stati l’occasione per riguardare la storia di Abramo chiamato a lasciare le proprie sicurezze per vivere nel deserto, per analizzare gli inganni della logica abusante di Sodoma, per ripercorrere l’itinerario dell’Esodo che ha costituito un popolo, per scoprire le caratteristiche della salvezza offerta da Dio che assomiglia all’acqua che discende e che giunge a portare vita, per guardare in faccia i “giganti” che impediscono di entrare nella Terra Promessa.

La GalileaIl secondo tempo del pellegrinaggio si è svolto in Galilea, facendo base a Tabga, nelle vicinanze al sito dove si ricorda il pasto organizzato da Gesù per 5000 persone, proprio sulle rive del lago di Galilea. L’esplorazione della Galilea è cominciata da Seforis, città romana costruita nei primi decenni dell’era cristiana, dove è verosimile che Gesù abbia lavorato, ed è poi continuata a Nazareth tra la casa dei Piccoli fratelli di Charles di Foucalt e la Basilica dell’Annunciazione. Un momento molto forte è stato vissuto sulle rive del Giordano, nella zona di Betsaida, dove è stato compiuto un gesto simbolico di immersione nelle acque del fiume che dona la vita a tutta la Terra Santa. La vista del lago dall’alto dell’Arbel e la conoscenza dei santuari del lago, hanno preparato all’approfondita conoscenza di Cafarnao dove è stata celebrata un’eucarestia itinerante, ripercorrendo i movimenti di Gesù all’interno del villaggio che ha scelto come sua casa durante il ministero pubblico. Ultima tappa in Galilea è stata presso le sorgenti del Giordano a Bannias, antica Cesarea di Filippo, dove con Gesù abbiamo ripercorso la sua decisione di andare fino in fondo nella sua missione e scendere in Giudea. Il tempo della Galilea è stata l’occasione per ripercorrere da un punto di vista biblico il significato del mistero dell’incarnazione soprattutto dal punto di vista di Maria e per rivivere gli inizi del ministero di Gesù, frequentando i luoghi da lui frequentati. La visita a Cesarea di Filippo ha aiutato a comprendere la scelta di Gesù di andare a Gerusalemme e di percorrere fino in fondo la “logica antimoltiplicativa” che ha caratterizzato il suo annuncio.

Betlemme e GerusalemmeL’ultima parte del viaggio è stata dedicata alle città della Giudea, Betlemme e Gerusalemme. Siamo stati ospiti alcuni giorni della parrocchia latina di Bet Sahour, quartiere di Betlemme dove si trova anche il campo dei pastori. Lo stare a Betlemme ha permesso di contemplare la scelta di Dio di stare dalla parte degli ultimi, ma anche di incontrare chi oggi vive in una situazione di difficoltà. Una giornata è stata infatti dedicata a conoscere più da vicino la condizione del popolo palestinese recandosi ad Hebron e in un villaggio sulle colline a sud di Hebron chiamato At-Tuwani dove Afez e il suo villaggio hanno fatto una scelta chiara di non violenza e i volontari dell’Operazione Colomba (organismo collegato con l’Associazione Giovanni XXIII) aiutano a mantenere la tensione a livelli accettabili. Anche la notte trascorsa presso la casa delle Comboniane di Betania, nel cui giardino è stato costruito il muro che separa i palestinesi da Israele, ha dato la misura della sofferenza di un popolo. Gerusalemme è stata la meta finale del pellegrinaggio ed il centro della meditazione del mistero pasquale con abbondante Parola di Dio. La Pasqua di Gesù comincia con la discesa del monte degli Ulivi dal Betfage, passando per il “Dominus Flevit” fino ad arrivare alla spianata delle moschee, dove sorgeva il tempio. Continua con la condivisione di una città complessa e difficilmente comprensibile dove popoli, lingue e religioni si incontrano e si scontrano. La visita alla Sion cristiana, con il cenacolo e il luogo della dormizione di Maria, il Gallicantu ha permesso la transizione verso la notte dell’agonia e la contemplazione della croce e del sepolcro, come è possibile in quel “condominio” che è il Santo Sepolcro, dove persone diversissime stanno insieme (e cercano di andare d’accordo) solo a partire dalla risurrezione di Gesù. Un momento molto forte è stato vissuto con il pomeriggio di silenzio trascorso all’eremo che si trova al Getsemani. La meditazione finale sul significato della discesa agli inferi e della risurrezione, più che essere espressa in parole dai gesuiti che ci accompagnavano, è stata tenuta dal tunnel di Ezechia che permette di entrare nel cuore sotterraneo di Gerusalemme e di comprendere il passaggio dalle tenebre alla luce. La condivisione finale, durata quasi 5 ore, ha permesso di raccogliere i frutti di un’esperienza che ha parlato veramente molto ai giovani presenti e ai loro accompagnatori. Visitare la Terra Santa significa come leggere un vangelo in più che parla non attraverso le parole, ma attraverso i luoghi e le persone: la Parola di Dio diventa più viva ed efficace.