“Incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti”

L’intervento del presidente nazionale Matteo Trufelli ha concluso domenica 29 a Roma i lavori del convegno delle presidenze di Azione Cattolica.Alla domanda “quale AC per questo tempo?” la risposta è nel nostro essere capaci di  “mettere sottosopra la mappa del nostro essere Chiesa e ricalcolare il percorso del nostro andare per le vie del mondo”. Di certo servirà “imparare a condividere meglio le esperienze fatte, per farne patrimonio comune, e non avere paura di esplorare sentieri nuovi, nuove  modalità di vivere la nostra missionarietà”. Per Truffelli “spetta a ciascuna associazione diocesana , parrocchiale, saper leggere in profondità il proprio contesto, il proprio territorio, la propria realtà, per capire come essere dentro di essa”, ricordando che “essere un AC più missionaria non significa fare cose: significa assumere un atteggiamento, una tensione costante in tutto ciò che si fa: essere un’associazione protesa ad accorciare le distanze con tutti, con la vita di ciascuno,  accorciare le distanze tra esperienza associativa e il resto della folla dei discepoli di cui facciamo parte”.L’impegno dell’Azione Cattolica è “incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti”.  Ecco perché più delle parole sono importanti gesti concreti e per questo; Truffelli, ha raccontato alcuni gesti compiuti da papa Francesco. In conclusione “”Un’Ac più popolare è un’Ac fatta di ’perditempo’; è fatta di persone che non escono di casa solo se ci sono cose importanti da fare, ascoltare una bella relazione, organizzare un incontro, avere fatto cose utili. Persone che non vanno in Ac solo se pensano di portare a casa qualcosa”.Nel corso del convegno ci sono stati 3 miniconvegni sui temi popolari: AC popolare, Parrocchia popolare, Religiosità popolare.Di seguito proponiamo gli spunti di due miniconvegni.

Ac Popolare

Il laboratorio “Ac popolare” è stato animato dalle voci di Pina de Simone, docente di etica alla facoltà teologica dell’Italia meridionale, e Daniela Lombardi, presidente parrocchiale di San Barnaba che ci ha ospitati nel pomeriggio. Partendo dall’assunzione che “la popolarità è una questione del cuore” e non di numeri o iniziative, l’intervento della Prof. De Simone è stato articolato in quattro spunti. Il primo riprendendo il riferimento al cuore, ha voluto evidenziare che l’essere e divenire popolo è un dinamismo che si sviluppa attraverso una trama di relazioni.Il secondo, che può essere riassunto in “per tutti e con tutti”, enfatizza la dimensione di casa che l’AC ha e trasmette. È in un clima di cordialità e amicizia, in cui le persone si sentono accolte e guardate, che a loro volta posso poi ritrasmettere agli altri quell’attenzione che hanno ricevuto per primi. Il terzo spunto ha aperto uno sguardo sulla dimensione profetica e sulla mancanza di speranza che permea il nostro tempo; davanti a questa sfida dobbiamo essere “lucciole e lanterne”, “motori di novità”, “non intimoriti nel dire e testimoniare la speranza dei piccoli passi”. Il punto conclusivo ha fatto riferimento “alla radice che ci porta” che è la spiritualità, solo lasciandoci ispirare da Dio possiamo trovare nuovi modi per portare la Sua parola. La presidente parrocchiale di San Barnaba, dopo un caldo benvenuto animato dal coro dei bambini dell’ACR e da una sostanziosa merenda, ci ha raccontato la sua esperienza e come hanno, con tutta l’AC parrocchiale, cercato di dare sempre nuovo brio all’associazione. Sono stati organizzati i “Friday Cafè”, riproposte di incontri tematici su questioni attuali promosse dall’Ac nazionale (come il #cresceredigitali o la Laudato sì), momenti spirituali, incontri e gite pomeridiane dal tema “arte e cultura”. I giovani sono partecipi della vita associativa e sono al contempo incoraggiati a vivere altre esperienze “in giro per il mondo” per condividerle poi a casa. Dopo il laboratorio la domanda che mi resta è “Qual è l’identità dell’Ac nel 2018?”, probabilmente la risposta è in una giusta tensione tra l’essere all’altezza della proposta che l’AC offre e la capacità di adeguare questa proposta. Concludo con alcune parole della Prof. De Simone che sono di grande stimolo “L’AC popolare è gioiosa e inquieta, si compromette e sogna, giorno dopo giorno, passo dopo passo, con tutti e per tutti”.  

Parrocchia Popolare

Nel  laboratorio per il quale era stato scelto come titolo “Parrocchia Popolare” il filo conduttore è stato l’intervento del  vice assistente ecclesiastico generale di Azione cattolica italiana, don Antonio Mastantuono, con la testimonianza del parroco della comunità, la parrocchia romana di San Pio V, don Donato Le Pera. Don Mastrantuono ha iniziato il suo intervento sottolineando in modo particolare il passaggio tra una cristianità diffusa, legata a una cultura cattolica, tra tradizione e vita ad una cultura religiosa che non intercettala vita delle persone e quindi “Tra una fede che non è più di tutti a una fede proposta a tutti”.Il suo intervento è stato una significativa lettura del presente, con uno sguardo a quanto fatto, e ha offerto spunti di riflessione. Innanzitutto ci ha ricordato il paradigma di fondo enunciato anche nell’Evangelii Gaudium che la Chiesa è missionaria: questo segno distintivo non può passare in secondo piano nell’agire pastorale. Non esistono modelli predefiniti di Chiesa ma un cattolicesimo popolare attento affinché le proposte di fede raggiungano tutti. “Anche il più povero e isolato appartiene ad una comunità per il semplice fatto di trovarsi da qualche parte”. Allo stesso tempo è sbagliato dire comunità parrocchiale, ma popolo che si ritrova nella parrocchia. Popolo presente e solidale che recupera così il senso di appartenenza: popolo di Dio attento all’ascolto e all’annuncio del Vangelo.  Rifuggendo la tentazione di richiudersi dentro le mura, il ritenersi i più bravi, i più buoni, i più santi.L’intervento di don Donato Le Pera è stata una testimonianza del suo vissuto, fatto di situazioni le più diverse, di una chiesa in cui “ci sono 5 porte per entrare/ uscire, mi piace questa immagine di gente che entra ed esce. La Chiesa o sarà di popolo e non sarà. La Chiesa di popolo o sarà parrocchiale o non sarà. Non può non essere parrocchiale e quindi accogliere tutti. Questa è la chiave di volta per rimanere sulla soglia ed accogliere con un sorriso le persone per far loro intravedere con un sorriso la bellezza di Cristo”.In questo il tema fondante sono le relazioni: fanno sì che la comunità non sia anonima. L’accompagnamento è così per tutti, senza distruggere l’individualità, e il non sentirsi estraneo  permette di vivere l’esperienza . Questi interventi hanno fatto sorgere degli interrogativi, spunti per un discernimento nelle nostre parrocchie: nella nostra opera pastorale siamo efficaci o solo efficienti? Trasmettiamo una Parola accogliente? Facciamo esperienza di Chiesa accogliente? Siamo Chiesa di tutti e per tutti?