Incarnare la Parola

Nel suo cammino terreno, prima di ascendere alla destra Padre, Gesù ha insegnato molte parole e lasciato molti segni ed esempi ai suoi discepoli, per poter vivere in pienezza la vita cristiana. Essi, pieni di Spirito Santo e da Esso irrobustiti, a loro volta hanno trasmesso il “lascito” del Maestro ai propri discenti, tanto che il bagaglio della conoscenza e della testimonianza è arrivato fino ai nostri giorni, fino a noi. Spetta a noi, ora, vivere con tale sicura fede, tale viva speranza ed tale operosa carità da attirare l’attenzione degli uomini che ancora non Lo conoscono o hanno ricevuto soltanto una superficiale notizia del Padre del Figlio e dello Spirito.Nell’eredità testamentaria di Gesù è collocata anche la preghiera. Non una semplice supplica o lamento, ma un corollario di parole, soppesate e mirate, che non hanno bisogno di aggiunte nè mutamenti: il Padre nostro.Nei giorni particolari della quarantena (anzi, due quarantene, visto che il tempo emergenziale è durato dall’inizio di marzo alla metà di maggio) tanti sono stati i cuori, tante le labbra e tante le occasioni per ripetere la Preghiera del Signore: individualmente o anche comunitariamente – seppure uniti in spirito, per tecnologia avanzata, per fede di un unico Popolo di Dio.Questa preghiera è data a tutti i santi (cfr. 1Cor, 1,1; At 9,32….): cioè noi che viviamo ancora il tempo storico e quelli che vivono già nella pienezza dei tempi. Ora, mentre loro adorano, lodano, inneggiano al Padre vis à vis, faccia a faccia, volto a volto, noi  lo facciamo nella speranza, nell’attesa, nel presente orientato verso il futuro. L’efficacia della preghiera però è identica: rende profondo il rapporto con il Padre, lo schiarisce, lo completa.Nei mesi precedenti, i mesi primaverili, segnati dal Tempo Quaresimale e Pasquale, abbiamo atteso con viva speranza che il periodo del contagio terminasse, che la vita ordinaria continuasse, che i rapporti tra gli uomini si rinnovassero. La speranza, l’attesa (non senza momenti di sconforto, di tempi di buio, di esperienza di solitudine, di sensazione d’incapacità, di logorio della monotonia solitudinaria, della paura…) non era vana: oggi già ne assaporiamo alcune conseguenze positive. Se dunque siamo stati capaci attendere con speranza la fine del lockdown, come non potremmo essere capaci di attendere con speranza il nostro vis à vis con il Padre celeste?Abbiamo una buona maestra, s. Bernardetta, che non pretese il miracolo in terra, ma attese il compimento della promessa: “Non vi prometto la felicità in questo mondo, ma nell’Altro”.