Impegnati a creare una cultura della tutela e della protezione

Si farà anche il punto sul cammino percorso sino ad oggi dai Servizi per la tutela dei minori e degli adulti fragili nel corso della prossima assemblea della Conferenza episcopale italiana in programma la prossima settimana a Roma. Nella nostra diocesi il Servizio è già stato attivato da quasi tre anni: per fare il punto sul suo funzionamento ne abbiamo parlato con il Referente diocesano don Nicola Ban.

Don Nicola, con quali obiettivi è stato istituito anche nella nostra diocesi il Servizio per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili?Il servizio è stato istituito circa tre anni fa ma purtroppo, a causa della pandemia, abbiamo dovuto un po’ rallentare le attività. L’obiettivo è molteplice: il compito principale è quello formativo e preventivo. L’idea è infatti quella di sensibilizzare le comunità, soprattutto coloro che lavorano con i minori, su tematiche relative alla tutela, per mettere in atto le linee guida affinché i nostri ambienti e le nostre attività siano sempre più luoghi sicuri e positivi per la crescita dei piccoli. Dall’altra parte si tratta anche di avere un occhio rivolto agli operatori, affinché non siano ingenui e non si espongano a comportamenti che possono essere mal interpretati, seppur messi in atto con buone intenzioni. Da adulto devo avere coscienza e percezione che il mio comportamento, anche se ben intenzionato, visto da un bambino che magari in altri contesti subisce delle forme di molestia o abuso, può essere mal interpretato.Obiettivo “grande” del Servizio è quello di aiutare a formare una “cultura della tutela e della protezione”, che non riguarda solamente i singoli operatori ma dovrebbe essere una mentalità diffusa all’interno della comunità ecclesiale.Altra finalità, quella di aprire un luogo di ascolto per chi è stato oggetto di comportamenti abusanti in ambito ecclesiale. C’è in questo una responsabilità della comunità cristiana nell’ascoltare chi è ferito nella Chiesa. Il Centro d’Ascolto per eventuali vittime è lo strumento che offra questo ascolto. Un ascolto che non ha obiettivo giudiziario o terapeutico ma piuttosto dell’affermare, come comunità cristiana, che chi è stato ferito ci sta a cuore e c’è un “magistero delle vittime” che dobbiamo accogliere.

Come è strutturato il Servizio nella nostra diocesi? Come opera e quali attività ed iniziative avete sino ad oggi posto in essere?L’equipe è formata da me, da Elisa Moschion, psicologa e psicoterapeuta, da Silvana Radaelli, medico e psicoterapeuta, e Fulvio Gaggioli, ex insegnante ed educatore. Come professionalità quindi c’è una dimensione pedagogica e psicologica di riferimento.Siamo in collegamento con il Servizio regionale per la tutela dei minori e il coordinamento triveneto:, si opera in rete e; nel caso in cui ci fosse bisogno di consulenze anche da un punto di vista legale, ci sono alcune professionalità che vi collaborano e con cui si può essere messi eventualmente in contatto.Non abbiamo al momento fisicamente uno sportello ma è stata istituita un’email, tutelaminori@arcidiocesi.gorizia.it, dove chi desidera essere ascoltato può contattarci.A livello diocesano, a seguito dell’istituzione del Servizio, avevamo iniziato l’attività con una presentazione ai sacerdoti nell’autunno del 2019, illustrando le intenzioni e gli obiettivi del Servizio. A febbraio 2020 avevamo svolto un primo intervento formativo, all’interno del Corso animatori, con i ragazzi maggiorenni del Terzo Livello, poi però è arrivato il Covid e abbiamo dovuto fermarci. Proprio in questi giorni abbiamo ripreso il cammino – che comunque a livello di formazione dell’equipe non si è mai arrestato -, e nel frattempo il Servizio nazionale ha emanato delle Linee Guida per la Tutela dei minori e dei volumetti utili alla formazione.Proprio in queste ultime settimane abbiamo proposto un percorso di formazione, riservato soprattutto ai responsabili dei campi estivi ma aperto a tutti, invitando a far sì che ci fosse almeno un partecipante per campo estivo. Gli aderenti sono stati una quarantina, abbiamo stampato anche un volumetto – Manuale pratico per il benessere e la tutela dei minori – che serve un po’ da promemoria sulle tematiche illustrate durante il corso.L’idea è, nel tempo, di far diventare obbligatoria questa formazione sul tema della Tutela dei minori per chi è responsabile dei campi estivi o delle attività educative con i ragazzi. Stiamo ora cercando la formula giusta per proporla, da una parte per non “spaventare” – perché si tocca qualcosa di importante e si caricano gli educatori di una responsabilità grande -, dall’altra parte non possiamo nemmeno dire “è una cosa che riguarda gli altri”: è qualcosa di cui bisogna parlare, anche perché abuso non è solo violenza sessuale ma può essere psicologica, può essere una mancanza di cura… consapevoli inoltre che la definizione di abuso è molto soggettiva – ci sono questioni oggettive ma come poi uno lo percepisce soggettivamente può variare molto anche in base al vissuto personale -.

Qual è stata la risposta della comunità diocesana in questo primo tempo di attività? Come è stato accolto dai sacerdoti e dai fedeli?Il corso è andato bene ed è stato accolto positivamente e in maniera interessata. Si parte dalla consapevolezza che se non nomini le cose, se non pensi possano esistere, nemmeno le vedi. Nel momento invece in cui le nomini, ti si aprono gli occhi e hai una categoria in più per poter interpretare la realtà. Anche in quest’ottica abbiamo raccontato che alcune cose possono accadere – non si vuole spaventare nessuno ma è anche vero che in un campo scuola o in situazioni in cui si sviluppa un legame di confidenza dei ragazzi con gli educatori, può essere che qualcuno di loro riporti qualcosa di accaduto nel proprio vissuto personale -.Quando si parla di questi argomenti c’è il rischio di essere poi spaventati dalla relazione educativa, pensando di eliminare qualsiasi contatto con i ragazzi, prendendo le distanze. Il contatto invece è importante ma deve essere ovviamente un contatto adeguato, cosciente dei limiti, in una relazione adeguata per il tuo standard, per lo standard del bambino e della comunità.La relazione educativa richiede un equilibrio dinamico, che evita di patologizzare tutto, e allo stesso tempo che non vuole minimizzare, prendendo seriamente il vissuto dei nostri ragazzi.Nella società c’è un’evoluzione molto rapida dal punto di vista della sensibilità: in 20 anni sono cambiati gli atteggiamenti sia all’interno del contesto famigliare ma anche dei contesti ecclesiali. Fino agli anni 2000 l’attenzione principale era quella di evitare gli scandali e di parlare apertamente di queste cose, e lo stesso succedeva anche in famiglia. C’è stata poi, dopo quegli anni, una nuova consapevolezza che porta a mettere al centro, al cuore, l’esperienza dei minori e la loro difesa. È cambiato il focus e su questo è stata fatta molta strada.…. Anche se molto c’è ancora da fare.

Le cronache giornalistiche hanno dato spazio specie negli ultimi anni a diversi scandali relativi ad abusi commessi anche nel nostro Paese in ambiente legati al mondo ecclesiale. Come costruire insieme alle famiglie, ai minori ed alle persone vulnerabili un futuro diverso?C’è oggi, come dicevamo, un’attenzione formativa, una cultura della tutela dei piccoli che ne mette al centro le esigenze, un cambiamento che accade nelle famiglie e anche all’interno del mondo ecclesiale. Giustamente nei confronti della Chiesa c’è attesa da questo punto di vista, si aspetta e si richiede grande coerenza per quanto concerne la tutela dei minori. Altrettanto giustamente la Chiesa viene accusata di non essere stata all’altezza dei valori che proclama. La “batosta” è stata forte; speriamo di aver appreso la lezione e di essere più profetici. A volte accade che proprio il mondo “da fuori”, ci richiama ad essere più evangelici  e profetici.Questo si costruisce senz’altro parlandone, facendo sì che non sia un tabù, nominando le cose, potendone discutere esplicitamente, anche per ridurre la forza del disagio che ci può essere. Poi formandosi, rilanciando quel patto educativo globale richiamato più volte anche da papa Francesco, mettendo insieme energie e forze nella collaborazione, avendo a cuore l’educazione delle future generazioni.C’è poi la dimensione dell’ascolto del passato, su cui forse si deve fare ancora un po’ di strada. Ci sono delle ferite che magari da un punto di vista giuridico non sono più rilevanti, o perché chi ha commesso degli abusi nel frattempo è mancato, o perché sono passati anche svariati decenni dall’epoca dei fatti, ma ciò non vuol dire che non si debba essere disponibili ad ascoltare queste storie di sofferenza. Potrebbe essere una grande scuola di Vangelo anche per noi.

Quali attenzioni educative mettono in campo le parrocchie e le associazioni ecclesiali per fare in modo che i minori loro affidati non si trovino ad essere vittime potenziali di abusi?Diffonderemo ora il manuale pratico contenente alcune linee guida CEI che desideriamo far conoscere. Ci saranno poi alcuni moduli formativi, per i quali suggeriremo l’adesione ad educatori e animatori, affinché ognuno sia consapevole della propria responsabilità anche da questo punto di vista. C’è quindi, in questo momento, particolare attenzione nel formare. Le linee guida CEI richiamano un po’ i principi base che sarebbe bene tutti avessero a mente: il primo è che, quando si lavora con minori, si dovrebbe essere almeno due maggiorenni; poi, il contatto fisico deve rispondere ai bisogni del bambino ma deve essere fatto nei momenti opportuni e appunto come risposta ad un bisogno del bambino. È necessario poi saper porre dei limiti – saper dire di “no” è uno dei compiti educativi – e questo vale sia per le cose in presenza, sia per i contatti online. Com’è normale che si incontrino i minori entro una certa ora, così anche i contatti online devono avvenire entro una certa ora e bisogna essere molto attenti all’uso degli strumenti – se tu hai una relazione educativa, anche lo strumento elettronico che ti trovi ad usare deve avere una finalità educativa -. Inoltre, com’è giusto che ci sia una comunità educativa alla quale rendere conto del proprio lavoro educativo, così è anche giusto che rendere conto dei contatti online.È poi importante che si rispetti la sfera di riservatezza del minore ma allo stesso tempo è importante non “lasciar correre”: come educatori, se si notano delle forme di maltrattamento, di bullismo, di rapporti inadeguati, è vitale non girare la testa dall’altra parte.Con parrocchie e associazioni si sta lavorando, anche con questo corso di formazione, affinché ci sia particolare attenzione. Di per sé alla fine del corso viene chiesto ai presenti di impegnarsi in una sorta di alleanza per la tutela dei minori, consapevoli delle norme che la nostra Chiesa adotta, dedicandosi a costruire, anche all’interno delle comunità di appartenenza, una responsabilizzazione delle persone nel costruire una “cultura della tutela”.