Il “visitatore” misericordioso

Nella Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia il papa scrive: “La misericordia è architrave della vita della Chiesa… Tutto nella sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti, nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo della misericordia” (Bolla, 10). Nel centenario della morte del beato Charleston de Foulard possiamo accogliere la sua testimonianza su come ha incontrato la misericordia del Padre. “Mio Dio, come siete buono! È quello che avete fatto per me! Sì, giovane, sono andato lontano da voi, lontano dalla vostra casa, dai vostri santi altari, dalla vostra Chiesa, in un paese lontano, il paese delle cose profane, delle creature, dell’incredulità, dell’indifferenza, delle passioni terrene… Oh! come è dolorosamente lontano da voi quel paese! Ci sono rimasto a lungo, 13 anni, dissipando la mia giovinezza nel peccato e nella follia. La vostra prima grazia è di avermi fatto provare la carestia, carestia materiale e spirituale; avete avuto la bontà infinita di mettermi in difficoltà materiali che mi hanno fatto soffrire e mi hanno fatto trovare delle spine in questa folle vita; mi avete fatto provare la carestia spirituale facendomi provare dei desideri intimi di un migliore stato morale, dei gusti della virtù, dei bisogni di bene morale.”In queste righe Charles ripercorre il suo passato e si identifica con il “figlio prodigo” della parabola di Luca. La “carestia spirituale” è riconosciuta come il mezzo della bontà di Dio per riavvicinarlo a sé. Se comprendiamo questa testimonianza, misericordia non è buonismo, ma accompagnamento amoroso -anche se severo, intessuto di sofferenza e spine – della persona verso una vita migliore.”Gesù rivela la misericordia del Padre vivendola nel suo corpo, facendola nelle sue azioni, piegandosi amorevolmente su ogni forma di miseria umana, verso tutti coloro che fisicamente o moralmente avevano bisogno di pietà, di compassione, di presenza, di aiuto, di sostegno, di comprensione, di perdono”. Così si esprime la Scheda teologica-pastorale dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute. “Essere misericordiosi – medita ancora Charles contemplando il Beneamato Gesù – è chinare il proprio cuore verso i miserabili, i miserabili spiritualmente, intellettualmente, materialmente… verso i cattivi, i folli e gli ignoranti, i poveri, i malati, i sofferenti, verso tutti gli infelici, tutti i bisognosi, che conoscano o no i loro mali e i loro bisogni, che chiedano o no soccorsi, che meritino o no misericordia… Siamo misericordiosi e predichiamo la misericordia; insegniamola e pratichiamola: verso le anime, gli spiriti, i cuori, i corpi… col pensiero, con la parola e con l’azione… Come Dio, come Gesù la praticano e l’insegnano… come desideriamo che Dio e Gesù la pratichino a nostro riguardo e ce ne insegnino la pratica”.La misericordia verso il sofferente trova la sua icona nel “buon samaritano” (Lc. 10,29-37). La misericordia si concretizza allora nella benevolenza, indulgenza, amicizia, bontà, con-passione, presenza. Il visitatore entra nella stanza dell’infermo in punta di piedi e con profondo rispetto.La sofferenza, la malattia feriscono la persona fisicamente e moralmente. Il visitatore offre discrezione, amore, vicinanza. Deve ricordarsi sempre che il protagonista è il malato. E questo può vivere sentimenti di rabbia, di rifiuto, di negazione: non è obbligato ad essere sempre gentile, accogliente. Il visitatore allora, deve essere capace di ascolto, di empatia. Deve saper accogliere i sentimenti negativi, patire insieme e venirne fuori insieme con il sofferente, confidando nella propria formazione e nell’aiuto dello Spirito.

Venerdì 19 febbraio, alle ore 16.00 presso la Struttura Sanitaria di Pineta del Carso di Aurisina verrà celebrata la Messa del Malato presieduta dall’Arcivescovo Carlo Maria Redaelli.