Il purgatorio: abbraccio che purifica

Oggi la Chiesa ricorda i fedeli defunti e prega per loro. Questa preghiera viene definita preghiera di suffragio e si riferisce all’idea che le persone passate all’altra vita, anzitutto i nostri cari, abbiano bisogno della nostra preghiera per raggiungere la gioia del paradiso. E’ quindi sottesa anche la convinzione che non siano santi. Non si fanno preghiere di suffragio per i santi, ma caso mai si chiede la loro intercessione. Per i defunti, invece, ci viene chiesto di pregare.Tutto ciò si ricollega alla dottrina sul purgatorio. Circa questa realtà l’insegnamento della Chiesa è sempre stato molto sobrio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice semplicemente così: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo” (n. 1030). E a proposito dei suffragi sempre il Catechismo afferma: “Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti” (n. 1032).A fronte di questa sobrietà ed essenzialità dell’insegnamento della Chiesa, occorre riconoscere che in relazione al purgatorio si è spesso esercitata la fantasia che si espressa anche attraverso raffigurazioni non sempre corrette e sulle quali anche il magistero è intervenuto per evitare malintesi. Così, ad esempio, si è immaginato il purgatorio come una specie di inferno, un po’ meno pesante e comunque temporaneo, dove le cosiddette anime purganti sono tormentate dal fuoco. Ma il Catechismo precisa: “La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati” (n. 1031). Altre volte si è pensato al purgatorio come a un luogo e soprattutto come a un tempo dove le anime devono scontare una penitenza, tempo che può essere abbreviato se qualcuno per così dire ottiene uno sconto di pena per loro attraverso Messe fatte celebrare, preghiere e sacrifici quasi pagando al loro posto una specie di ammenda. Ma che idea di Dio è sottesa a questa visione? Un Dio Padre che ci ama, che ha misericordia per noi, che è contento se stiamo con lui o un Dio giudice inflessibile, che custodisce  le anime prigioniere in un luogo simile a un carcere e vuole essere pagato a suon di preghiere per liberarle?Anche considerare il purgatorio come una specie di sessione di esami di riparazione o come un’opportunità per fare corsi di recupero non funziona. Non sembra rispettosa della verità e dell’unicità della nostra vita in cui si gioca definitivamente la nostra libertà. Non possiamo fare come certi ragazzi che non si impegnano troppo durante l’anno scolastico, perché tanto c’è comunque la possibilità di un recupero a fine estate… No: la vita, questa vita è una cosa seria e unica.Che cosa allora dire del purgatorio e della nostra preghiera per i defunti? Rispettando ovviamente il dato dottrinale e la sua corretta essenzialità, penso che qualche spunto di riflessione possa esserci offerto dalla Parola di Dio di oggi. Anzitutto la prima lettura che parla di una prova, di una nostra purificazione come dell’oro nel crogiuolo. Tutti abbiamo bisogno di purificazione non perché ci viene imposta, ma perché la sentiamo come necessità. Io in paradiso vorrei essere finalmente purificato e liberato dai miei difetti, dalle mie mancanze, da tutto ciò che mi pesa. E vorrei anche ritrovare lì i miei cari migliori di come erano qui: belli e splendenti, senza i limiti che anch’io ho riconosciuto (e anche sopportato…) in loro. Insomma, se ben ci pensiamo, che ci sia il purgatorio, un qualcosa che ci purifichi nel momento della morte prima di farci entrare nella comunione definitiva di Dio, è una nostra profonda esigenza. Dobbiamo poi considerare il Vangelo, quello delle beatitudini. Di solito lo leggiamo dal nostro punto di vista evidenziando quello che dobbiamo o dovremmo essere noi: poveri, miti, affamati di giustizia, puri, operatori di pace, ecc. Invece è interessante leggere le beatitudini dal punto di vista di Dio e del suo agire verso di noi: Lui ci dona il Regno, Lui ci consola, Lui ci regala la terra, Lui ci sazia di giustizia, Lui ci offre misericordia, Lui si mostra a noi, Lui ci chiama suoi figli, Lui ci assicura una ricompensa. Fa tutto questo solo per i bravi, per i perfetti, per i santi o per tutti i suoi figli?Sulla stessa linea si colloca la seconda lettura affermando che Dio abiterà con gli uomini e che “asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno”. Un Dio che consola, che asciuga le lacrime, che fa sparire lutto, lamento e affanno. E se il purgatorio fosse questo abbraccio consolante del Padre, fosse questo gesto di tenerezza con cui Dio asciuga le lacrime e toglie in noi ogni negatività?Contro questa visione l’obiezione è facile: dove sarebbe allora la purificazione per tutte le nostre mancanze? Dio farebbe finta di niente circa la nostra vita, i nostri sbagli, le nostre cattiverie? Ci assicurerebbe a tutti, come chiedevano gli studenti ai tempi del ’68, il “6 politico”: tutti promossi in paradiso a prescindere? E dove sarebbe la sua giustizia, ma anche la nostra responsabilità, la nostra libertà e la serietà della nostra vita? Domande vere e del tutto corrette. Ma l’amore e la misericordia non sono alternative alla giustizia e alla necessità della purificazione. Vorrei spiegarmi con un esempio. Mi auguro che tutti i presenti siano sempre stati corretti nei confronti degli altri e fedeli verso gli amici, il coniuge, i figli, i genitori, i colleghi, … Però purtroppo capita a volte di tradire gravemente qualcuno a cui si vuole o si dovrebbe voler bene. E forse è successo a qualcuno di noi. Avviene, però, per fortuna – anzi, direi per grazia – che la persona offesa, tradita, trattata male ci offra talvolta il suo perdono. Spero sia un’esperienza che qualcuno abbia fatto. Nel momento in cui ricevi il perdono, in quell’abbraccio tu provi due sentimenti. Anzitutto una grande gioia, un grande senso di liberazione, un grande sollievo, un sentimento molto forte di riconoscenza. Ma poi anche una grande sofferenza, perché proprio ricevendo il perdono capisci quanto quella persona ti ha voluto e ti vuole bene, e ti rendi conto di come non hai compreso quell’amore, di come stupidamente lo hai trascurato, lo hai tradito. E ci soffri. Una sofferenza che è purificazione, che purifica il tuo fragile voler bene, che ti fa crescere nell’amore.E se il purgatorio fosse proprio questo? L’abbraccio con il quale il Padre al momento della morte ci accoglie nel suo amore nonostante i nostri peccati e i nostri tradimenti, un abbraccio che riempie di gioia, ma che ci dona anche una sofferenza purificatrice, una sofferenza d’amore che finalmente ci farà capire quanto, senza che ne fossimo consapevoli fino in fondo, siamo stati amati e quanto avremmo potuto amare?Resta un’ultima domanda circa il purgatorio: e le nostre preghiere, le nostre opere a suffragio dei defunti che cosa sono, a che cosa servono? E se le vedessimo come segni di amore che – per così dire – amplificano l’abbraccio del Padre nella comunione d’amore dell’intera Chiesa? Anche il nostro povero amore per i nostri cari, dentro l’amore infinito di Dio acquista infatti un senso e diventa un partecipare già ora all’abbraccio del Padre, in attesa di viverlo in pienezza quando anche noi arriveremo da Lui. Allora, ne sono certo, anche i nostri cari defunti ci abbracceranno e aiuteranno a loro volta il Padre ad asciugare le nostre lacrime, a sostenere il nostro cammino di purificazione, a introdurci nella gioia. Quella gioia che non finirà mai e che oggi speriamo e attendiamo con grande fiducia.