Il pane spezzato tra le mura di casa

Questo periodo di pandemia è entrato con forza anche nel quotidiano delle famiglie, cambiandone i ritmi, le abitudini e, non da ultimo, il modo di vivere la fede. Valentina e Luca hanno raccontato per noi come hanno vissuto questo tempo con le loro rispettive famiglie, entrambe residenti e facenti capo alla parrocchia di Cervignano del Friuli.Partiamo, per conoscerci un po’, raccontando qualcosa a proposito delle vostre famiglie e della comunità di cui fate parte: da quanti componenti è formato il vostro nucleo famigliare? Da quanto tempo fate parte della vostra parrocchia di riferimento? Partecipate, in genere, a qualche attività particolare della comunità parrocchiale? (penso ad esempio ai Gruppi della Parola, al catechismo, all’animazione…)Luca: Siamo una famiglia di 4 persone, Cristiana, Luca e le nostre 2 figlie, Rossella, la maggiore, di 12 anni e Sveva di 9. Siamo cresciuti qui, a Cervignano, e ci siamo conosciuti 24 anni fa proprio al termine di una celebrazione eucaristica. Dopo il matrimonio ci siamo trasferiti ad Aquileia dove abbiamo vissuto 10 anni, ma il richiamo del paese natio, l’allargamento della famiglia, la necessità di più spazio ci hanno riportato a Cervignano.E’ stata l’occasione per poter riprendere quei contatti che, vivendo ad Aquileia, si erano inevitabilmente raffreddati. Abbiamo sempre frequentato la parrocchia ma, dallo scorso anno, con la partecipazione delle nostre figlie all’Azione Cattolica e di Rossella al gruppo dei Ministranti, abbiamo avuto l’opportunità di iniziare un percorso di crescita e di impegno con i giovani in preparazione al Sacramento del Matrimonio. Una bellissima iniziativa che ci ha permesso di condividere le nostre esperienze di 15 anni di vita coniugale ma, anche, di confrontarsi con le giovani coppie che hanno saputo trasmetterci le loro paure, le gioie, le emozioni di chi pur avendo alle spalle, nella maggior parte dei casi, periodi di convivenza cerca nel matrimonio cristiano un punto di partenza per un rapporto più intenso e duraturo.Valentina: La nostra famiglia è composta da me e mio marito David; siamo sposati da 15 anni e abbiamo tre figli: Caterina di 13 anni, Mariachiara di 10 anni e mezzo e Lorenzo che ha 5 anni.Io sono originaria di Milano, mi sono trasferita qui quando mi sono sposata, mentre David è originario di Ruda; prima del nostro matrimonio frequentavamo quindi le parrocchie delle nostre rispettive città d’origine.Da circa 10 anni, da quando Caterina ha iniziato a frequentare l’asilo parrocchiale, ci siamo pian piano inseriti nella parrocchia di Cervignano. Personalmente ho aderito al Coro parrocchiale della messa delle 9.30, dove suono il flauto traverso – posso dire che l’amore per la musica mi ha dato il “coraggio” per chiedere di partecipare -. Dallo scorso anno ho anche iniziato a fare la catechista per i bambini che si preparano alla Prima Comunione.Per il resto cerchiamo di partecipare, ove possibile e compatibilmente con gli impegni di lavoro e della famiglia, alle iniziative della parrocchia, quali momenti di preghiera, feste…Le mie figlie attualmente frequentano il catechismo e partecipano alle iniziative parrocchiali e del ricreatorio (campi, Sabati in Ricre, Estateinsieme….). Ogni tanto Caterina, che suona come me il flauto traverso, si unisce al coro. Lorenzo infine, frequenta l’asilo parrocchiale.Questa pandemia, tra le varie conseguenze, ha cambiato anche le nostre abitudini su più aspetti: la vita in famiglia, al lavoro e anche nella fede. Come avete vissuto queste settimane, come avete “rimodellato” i vostri ritmi?Valentina: Per quanto riguarda me, non è cambiato moltissimo perché faccio la mamma a tempo pieno: ho la fortuna di poter rimanere a casa, dedicarmi alla mia famiglia, alle mie passioni, ai miei impegni, anche parrocchiali, quindi questo periodo non ha portato enormi cambiamenti nella mia quotidianità. Mio marito ha continuato a lavorare, con l’unica differenza che ha potuto appoggiarsi su un ufficio più vicino casa, pertanto gli è stato possibile rientrare per pranzare e, alla sera, rincasare prima rispetto al solito. Questo è stato vissuto molto positivamente dai ragazzi, contenti di avere più tempo da poter trascorrere con il papà.I nostri figli hanno, dal canto loro, sofferto il fatto di non poter stare con i loro amici, ma abbiamo avuto più tempo per poter stare insieme in famiglia, per svolgere attività che magari in un momento “di routine” venivano rimandate, per cucinare insieme, sempre coinvolgendoli, e anche per pregare insieme.Luca: Certo, le restrizioni imposte intese al contenimento della diffusione della pandemia hanno certamente inciso sul tessuto sociale e sulle abitudini familiari e personali. Ci hanno spinto a chiuderci in casa evitando il più possibile i contatti con gli altri, ci hanno impedito di continuare a frequentare le persone e mantenere le nostre abitudini ma, paradossalmente, ci hanno anche dato l’opportunità di riscoprire atteggiamenti e modi di vita che, se non dimenticati, apparivamo certamente saltuari ed ai quali non si dava più il giusto peso.Ci riferiamo soprattutto all’ambito religioso, le preghiere in famiglia, il periodo di Quaresima vissuto interamente in casa e la possibilità di prepararsi assieme alla Santa Pasqua con momenti di preghiera ed, anche, con piccole iniziative volte a coinvolgere i figli in questo importante evento per noi cristiani. Abbiamo veramente sofferto per la sospensione forzata di tutte le celebrazioni e delle iniziative cui eravamo soliti partecipare, ma abbiamo scoperto nuovi modi per continuare a vedersi e, grazie all’iniziative “social” della nostra Parrocchia, a condividere le celebrazioni eucaristiche, video, pensieri ed immagini dei fedeli della Comunità di Cervignano. Lo stare insieme, il vederci ogni giorno, il condividere momenti che prima non erano affatto quotidiani e neppure comuni a tutti i componenti, ha rafforzato i nostri legami di genitori e di coniugi e ci ha dato più forza, più consapevolezza sul significato di essere famiglia e chiesa domestica.Valentina, voi in casa come avete vissuto (ma anche continuato a partecipare) in questo momento di distanziamento la vostra fede?Durante la Quaresima, grazie ai sussidi che la parrocchia ci ha fatto avere, ogni sera dedicavamo un momento alla preghiera insieme, si preparava un angolo bello della casa in cui porre una candela e un crocifisso. La Settimana Santa è stata un evento molto forte, partecipato: la domenica delle Palme abbiamo cercato di renderla speciale, pur essendo in casa; abbiamo recuperato dei ramoscelli di ulivo e li abbiamo portati, dopo la benedizione, anche ad alcuni vicini di casa, davvero felci per questo regalo e per averli coinvolti. Durante il triduo abbiamo preparato insieme il pane azzimo, abbiamo rivissuto la lavanda dei piedi, abbiamo seguito la Veglia pasquale e vissuto il Rito della Luce accendendo le candele del battesimo. A Pasqua, abbiamo cercato veramente di dare importanza a questo giorno: ci simo alzati presto, ci siamo vestiti eleganti, abbiamo partecipato alla Messa seguendola su YouTube e, alla fine, io e Caterina ci siamo messe anche a suonare.Ora, in maggio, stiamo proseguendo con l’abitudine della preghiera con il sussidio per pregare il rosario: la sera ci riuniamo e coinvolgiamo i ragazzi, a partire proprio dal piccolo Lorenzo che ci “aiuta” nella recita dell’Ave Maria. Caterina e Mariachiara conducono la preghiera.Le domeniche sono state vissute tra pro e contro, mi spiego: i pro sono l’avere più tranquillità, il non doversi alzare presto, preparare e andare velocemente a messa, il che ha permesso anche di essere in qualche modo più concentrati – non dovevo, per esempio, pensare ai canti, a che pezzo suonare… – potendo ascoltare più attentamente la Parola. Quindi da un lato abbiamo vissuto le celebrazioni più “rilassati” e più consapevoli di ciò che stavamo facendo; dall’altro lato però è mancata e manca la vita comunitaria, il ricevere la Comunione, incontrare gli altri, fare proprio “comunità”.Come sono stati coinvolti i membri più piccoli della vostra famiglia?Luca: Le nostre figlie hanno vissuto e continuano a vivere con partecipazione le iniziative che i gruppi parrocchiali d’appartenenza hanno pian piano proposto ed attuato, i social network in questo senso hanno dato un grosso contributo ad attenuare il distanziamento sociale. Disegni, video ed immagini di vita quotidiana sono circolati rapidamente: la preparazione del pane insieme, la raccolta e benedizione dell’ulivo, il rito di Pasqua vissuto e “celebrato” all’interno delle mura domestiche. L’allestimento di un piccolo altare davanti allo schermo televisivo, durante la partecipazione alla Santa Messa domenicale della nostra parrocchia in streaming, hanno coinvolto piacevolmente le nostre figlie e dato gusto, come un pizzico di sale nella preparazione delle pietanze, a questa “strana” ma intensa Quaresima.Abbiamo consolidato ancora di più il valore della preghiera in famiglia, già presente prima della pandemia, le preghiere serali, la recita del Santo Rosario nel mese di maggio, di quei momenti di fede che la frenesia della vita quotidiana ante Coronavirus ci aveva estremamente limitato.Valentina: I bambini sono stati coinvolti – dopo che ci è stato permesso di uscire -, nel pensare a chi è stato meno fortunato di noi in questo periodo, preparando una borsa con generi alimentari che abbiamo poi portato in chiesa, dov’è stata allestita una cesta per chi si trovasse in difficoltà.Grazie a Dio a noi non è successo nulla, ma abbiamo spiegato loro che ci sono persone che in questo periodo hanno perso il lavoro, trovandosi dall’oggi al domani in grossa difficoltà, abbiamo voluto fargli capire che non è tutto scontato e anche responsabilizzarli nei confronti degli altri.In molti (sia gruppi, associazioni, ma anche sacerdoti) hanno “sfruttato” i social e le nuove app di comunicazione per rimanere in contatto e continuare ad essere presenti come comunità, pur nella distanza. Avete fatto anche voi uso di questi mezzi? C’è stata qualche attività particolare che volete raccontare?Luca: Zoom, Teams, Skype hanno dato modo di mantenere, seppure virtualmente, dei contatti sociali e, forse, anche l’opportunità di scoprire quanto tempo perdevamo in corse, affanni e riunioni che, invece, avrebbero potuto essere meglio gestite attraverso i sistemi informatici già messi da tempo a disposizione, ma poco utilizzati. Certo, ci riferiamo soprattutto all’ambito lavorativo, ma anche nella vita quotidiana, religiosa e del volontariato il poter condividere con altri alcuni pensieri, immagini e documenti senza essere fisicamente presenti potrà permetterci di meglio gestire il nostro tempo e, perché no, evangelizzare in maniera diversa.L’occasione del Coronavirus ha spinto il nostro parroco, don Sinuhe Marotta, ad attivare un canale Youtube “Chiesa Bassa Friulana” che, inizialmente pensato per poter partecipare da casa alla Santa Messa domenicale, si è via via arricchito di iniziative. Vengono pubblicati video, immagini, disegni e pensieri dei bimbi e delle famiglie della comunità, condivisi annunci ed alcune preghiere dei fedeli sono lette direttamente da casa durante le celebrazioni. Lo stesso gruppo dell’Azione Cattolica ha poi promosso incontri domenicali su Zoom, con l’obiettivo di continuare la condivisione coi ragazzi degli argomenti del percorso formativo iniziato a ottobre.Valentina: Devo dire che il nostro parroco è molto tecnologico e, come catechiste, ci ha coinvolte in alcune di riunioni su Zoom; abbiamo poi optato per mandare ai ragazzi, tramite dei gruppi Whatsapp, dei sussidi di preghiera e delle attività da svolgere soprattutto la domenica, che riguardano il Vangelo.Sempre i ragazzi sono stati coinvolti dal parroco per realizzare un video in cui raccontavano le loro sensazioni, emozioni e come avevano vissuto la Settimana Santa, che è stato poi trasmesso dopo la messa. È stato molto bello perché ha permesso di dare voce ai più piccoli, che in questo periodo sono un po’ “spariti.Altri video sono stati realizzati dall’Azione Cattolica e dall’asilo parrocchiale, sempre per dare spazio ai membri più giovani e piccoli della comunità. Sono stati momenti molto dolci, toccanti.Tra adulti, con il gruppo Whatsapp del coro ci sentiamo ogni domenica, per farci un augurio e immaginare di essere uniti a cantare e suonare.Siamo da poco entrati nella Fase 2 e, pian piano, ci stiamo avviando tutti verso una nuova normalità. Cosa pensate porteremo con noi da tutto questo? Quali le vostre preoccupazioni ma anche quali pensieri positivi?Valentina: Di positivo, credo rimarrà l’aver capito che si può vivere dell’essenziale: degli affetti, del tempo, dell’apprezzare i momenti passati insieme. Noi ringraziamo molto il fatto di essere in cinque, non è una banalità, e il mio pensiero è andato spesso a chi ha vissuto queste settimane da solo.Vorrei poi che potessimo vivere senza l’ansia di contrarre in qualche modo il virus, non portandoci dentro questa preoccupazione che ci porta ad avere diffidenza verso chi incontriamo.L’augurio è quello di poter tornare presto a una vita comunitaria, perché ci manca incontrare le persone e coltivare gli affetti, non solo via web. Speriamo di poter tornare presto ad abbracciarci.Luca: Abbiamo parlato in famiglia varie volte nell’ultimo periodo su questo tema e siamo fermamente convinti che, in ogni accadimento riguardante la nostra vita, anche triste, c’è sempre un’qualcosa di positivo a cui attingere per un prossimo miglioramento e crescita personali. Le difficoltà, i confinamenti, ci hanno indotto momenti di riflessione. Potremmo veramente definire il nostro periodo di convivenza quotidiana, all’interno delle mura domestiche, come “gioioso”, perché il poter condividere quotidianamente e pienamente ogni aspetto della vita familiare senza l’affanno delle corse, del lavoro, del susseguirsi degli impegni fuori casa, è stato un dono e una grazia. Lo stare insieme nell’interezza della giornata, coltivando le relazioni e favorendo la trasmissione dei valori educativi cristiani, pensiamo sia l’essenza stessa della famiglia ed il fondamentale obiettivo cui dobbiamo puntare. Tutto parte dalla famiglia, cellula della società e vera piccola Chiesa che, se coltivata bene, produce frutti che vanno a beneficio dell’intera società stessa.La preoccupazione della fase 2 e, poi, della fase 3 con il “liberi tutti” è, paradossalmente, più quella di tornare ai ritmi per così dire normali, quelli frenetici ai quali, francamente, rinunceremmo volentieri. Non è certo il timore di contagiarsi perché, in fondo, siamo persone sociali, necessitiamo di contatti umani, di carezze, di baci e di trasmettere a chi ha bisogno, la nostra presenza. Regalare un sorriso, quello vero che, anche sotto la mascherina, è sempre presente seppure non si vede e può aiutare molto chi ci tende una mano ed a cui, nel periodo d’isolamento, non abbiamo potuto allungare la nostra.