“I campi già biondeggiano per la mietitura”

In un intenso passo della lettera ai Galati, l’apostolo Paolo presenta il frutto dello Spirito, contrapposto alle opere della carne, un frutto che si articola in nove elementi. Subito dopo l’amore, che giustamente tiene il primo posto, Paolo elenca significativamente la gioia. La gioia cristiana che non è la semplice contentezza o l’allegria, ma qualcosa che riempie la profondità del cuore di serenità, di esultanza, persino di ebbrezza. Non per niente nei versetti, che proseguono il brano degli Atti che abbiamo ascoltato come prima lettura, si riporta la reazione della gente di fronte al parlare in lingue degli apostoli la mattina di Pentecoste: “Tutti erano stupefatti e perplessi, e si chiedevano l’un l’altro: “Che cosa significa questo?”. Altri invece li deridevano e dicevano: “Si sono ubriacati di vino dolce”” (Atti 2,12-13). Sì, lo Spirito rende ebbri di gioia e così è anche per noi questo pomeriggio.Una grande gioia perché oggi è Pentecoste, una grande e incontenibile gioia perché oggi, nel giorno che celebra il dono dello Spirito, finalmente dopo anni, due giovani della nostra diocesi vengono ordinati, Manuel presbitero e Matteo diacono.Tutti dobbiamo esultare di gioia, con il cuore pieno di riconoscenza verso il Signore e verso i nostri due amici, vedendo che ancora oggi ci sono dei giovani disposti in piena libertà a dedicare la loro vita al Signore e al servizio della Chiesa. Pare qualcosa di sempre più raro e non solo in riferimento alla vocazione presbiterale e diaconale, ma anche a quella matrimoniale o della vita consacrata. Concepire la vita come vocazione, come dono ricevuto e da impiegare impegnando la propria libertà, sembra essere qualcosa che è scomparso dall’orizzonte della nostra società.La vita oggi viene considerata come qualcosa di frammentato, un susseguirsi di esperienze, di emozioni, di sentimenti, di suoni, di immagini spesso esibiti senza pudori sui vari social, e non più come un tutto unitario di cui essere responsabili. Esiste un passo dell’autobiografia di un grande teologo e pensatore tedesco di origine italiana che nel secolo scorso è stato educatore e punto di riferimento per generazioni di giovani in Germania e altrove, Romano Guardini, dove viene descritta la sua scelta di fede e poi di vocazione: “mi sentii nell’animo come se portassi nelle mie mani tutto – ma veramente “tutto”, il mio essere, come su una bilancia, che fosse in equilibrio: “Posso farla pendere a destra o a sinistra. Posso dare la mia anima o tenerla”” (R. Guardini, Appunti per un’autobiografia, Brescia 1986, p. 92). Manuel e Matteo hanno deciso da che parte far pendere la bilancia, da che parte orientare la loro vita: quella del Vangelo. E per questo siamo loro riconoscenti e ci auguriamo che la loro scelta coraggiosa sia di esempio per molti giovani e per molte ragazze della nostra diocesi.Ho detto scelta coraggiosa, perché oggi ci vuole coraggio per essere cristiani e per esserlo nel ministero. Come sapete, non mi piace la troppa retorica che a volte si fa sul prete ed è vero che diventare prete e prima diacono è impegnativo in ogni tempo e in ogni luogo. Vengo da giorni di assemblea di Caritas internationalis è ho ascoltato diverse testimonianze sulle difficoltà nel vivere oggi da cristiani e da preti in certi paesi, dove ci sono guerre e povertà o anche dove la fede cristiana è perseguitata. Da noi non è così, dobbiamo riconoscerlo con sincerità. Però è vero che Manuel diventa prete e Matteo diacono (e, speriamo, presto, prete pure lui) in un tempo di grandi cambiamenti. Da tempo, con grande lucidità, papa Francesco parla di “cambio d’epoca” e non semplicemente di un’epoca di cambiamento. E questo riguarda anche la Chiesa.In concreto non sappiamo bene come sarà il ministero presbiterale e anche quello diaconale in futuro. Dove per “futuro” non intendo tra 20 o 30 anni, ma tra 5 o 10 anni. La Chiesa sta mutando, non ovviamente nei suoi elementi essenziali, ma nella sua forma e nel suo modo di intendere e vivere diversi aspetti tra cui la stessa ministerialità. Viviamo ancora, nonostante il rinnovamento promosso dal concilio Vaticano II, sulla scia della Chiesa uscita dal concilio di Trento e vissuta in secoli di “cristianità”. Ma ora tutto sta velocemente cambiando, che ne siamo o non siamo consapevoli. Possiamo solo intuire che stiamo andando – e lo speriamo – verso una comunità cristiana più consapevole del dono della fede, più capace di testimoniare, più sciolta, più libera, più ministeriale, più sinodale. Tanti “più”, ma anche – lo intuiamo già ora – con diversi “meno”: meno battezzati, meno vocazioni, meno giovani, meno famiglie, meno risorse. E dentro questa realtà in trasformazione tu Manuel sei chiamato a essere presbitero e tu, Matteo, diacono sulla strada di diventare presbitero. Immagino che abbiate un po’ di timore e di preoccupazione, ma anche – ne sono certo – di fiducia e di voglia di inoltrarvi con la guida dello Spirito e in comunione con il popolo cristiano su strade in parte inesplorate.Ci sono però dei punti fermi: il Padre che ci ama e – come afferma Paolo nella seconda lettura – “opera tutto in tutti”; il Signore Gesù, che suscita – è sempre Paolo ad affermarlo – “i diversi ministeri” e lo Spirito che dona “i diversi carismi”, permette di dire “Gesù è il Signore”, rende tutti un solo Corpo ed è fonte del ministero del perdono che il Risorto affida agli apostoli. Il tutto per il bene comune della Chiesa.E c’è in ogni caso il popolo di Dio dove siete e sarete inseriti, con il suo senso della fede – papa Francesco parla di “fiuto” della fede – che non si sbaglia nel trovare il cammino da percorrere.Ma anche il ministero nei suoi elementi è e sarà quello di sempre e viene espresso negli impegni che tra poco, davanti alla comunità cristiana, assumerete: il servizio, l’annuncio del Vangelo, il celibato, la preghiera nella liturgia delle ore, la conformazione a Cristo per il diacono; la cooperazione con l’ordine dei vescovi, la predicazione della Parola, la celebrazione dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, la preghiera assidua, l’unione a Cristo con la consacrazione a Dio per la salvezza di tutti gli uomini per il presbitero. A entrambi vi verrà poi richiesta la promessa di obbedienza al vescovo, segno di comunione con la Chiesa particolare a cui vi dedicate, anzitutto con il vescovo, i presbiteri e i diaconi. Il ministero, infatti, non è qualcosa da vivere per così dire da “solisti”, ma in comunione, dentro la Chiesa concreta in cui si è inseriti, guidata dal vescovo con il presbiterio, rispondendo alle sue necessità evangeliche, mettendo a servizio di essa le proprie capacità, camminando con pazienza e disponibilità in modo sinodale con essa. E naturalmente non chiudendosi in essa, perché, come afferma il Concilio “qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli” (Presbyterorum ordinis, 10).La nostra Chiesa ha il dono e il privilegio di una lunghissima storia di fede, come attesta questa splendida basilica in cui ci troviamo, ma non può accontentarsi di questo. E’ infatti impegnata a vivere oggi e nel prossimo domani, in comunione con le altre Chiese in Italia, una maggiore unità di intenti e di attività, il primato della Parola, una rinnovata cura dell’iniziazione cristiana di bambini e di adulti, una proposta di fede adatta alle nuove generazioni, una reale accoglienza verso chi viene da lontano e professa altre religioni, una carità che si fa ascolto e concreto aiuto, una modalità più comunitaria di presenza nel territorio quale quella realizzata dalle unità pastorali, una più diffusa ministerialità, una presenza più incisiva e testimoniante nella società.Come vedete, cari Manuel e Matteo, la vigna del Signore in cui lavorare è molto vasta e – nonostante quello che pensiamo – “i campi già biondeggiano per la mietitura” (Gv 4,35). Non siete soli, ci sono i presbiteri e i diaconi – moltissimi qui presenti – che vi accolgono con fraternità, affetto e simpatia e con cui condividerete il vostro ministero; ci sono consacrate e consacrati che testimoniano una vera fedeltà al Signore e una dedicazione generosa al suo Regno; ci sono tantissimi fedeli laici, uomini e donne, che all’interno della comunità cristiana e, ancora di più, nei diversi ambiti della società testimoniano con la vita e la parola i valori del Vangelo.Vi auguro un buon cammino nel ministero e che la gioia dello Spirito sia sempre nei vostri cuori.