Guardare la realtà con gli occhi degli ultimi

Con una due giorni a Roma, che ha visto riunite tutte le 218 Caritas del Paese, Caritas italiana ha celebrato i suoi 50 anni di fondazione.Costituita ufficialmente il 2 luglio 1971, con obiettivi che puntassero ad essere meno basati sul puro assistenzialismo ma più pastorali e pedagogici, Caritas italiana si è sempre più ramificata sul territorio per arrivare davvero agli ultimi, nelle periferie, vera “Chiesa in uscita”.Gli appuntamenti celebrativi del 50° anniversario si sono aperti nel pomeriggio di venerdì 25 giugno 2021, con l’incontro dei circa 850 rappresentanti delle Caritas locali nella basilica di San Paolo Fuori le mura.

Il saluto del cardinal TagleA guidare questo primo momento, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli – presidente di Caritas italiana – insieme al cardinale Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas internationalis e prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli.Il cardinal Tagle ha offerto tre punti di riflessione.Nel primo punto ha sottolineato come i doni dello Spirito non debbano “diventare occasioni di superiorità sugli altri, per Gesù è ipocrita chi fa del bene perché la gente lo ammiri”. Il cardinale ha quindi ricordato a tutti i presenti, con il secondo spunto, l’obiettivo principale del servizio come Caritas, ossia il porsi al servizio dell’altro per amore: “Serviamo perché amiamo”.Il presidente di Caritas Internationalis ha quindi richiamato alla sensibilità, “quella che deriva dall’Amore e che ci rende pazienti e comprensivi, rispettosi e umili nei confronti di chi soffre. La sofferenza ci rende fratelli”.Tagle ha concluso il suo intervento con una vera esortazione alla Caritas italiana, quello di “raccogliere storie di coraggio, solidarietà e amore, perché la carità non avrà mai fine”.

L’udienza con Papa FrancescoSabato 26 giugno, in Sala Nervi, papa Francesco ha incontrato le Caritas italiane. Momento segnato da gioia e tantissime emozioni, anticipato dalla condivisione di alcuni progetti realizzati dalle Caritas di tutto il Paese sul territorio.Successivamente, è stato il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha portare il saluto iniziale al Santo Padre: “Santità, non vogliamo essere una Chiesa ’timida’ ma – per usare una sua espressione felice – vogliamo essere una Chiesa che “fa chiasso” attraverso le opere di misericordia e di carità. Siamo qui per dirle questo, con lo scopo di essere testimonianza viva della carità in tutti i suoi molteplici aspetti: in una parola si voleva sostituire l’assistenzialismo con la promozione umana, con una opzione preferenziale per i poveri, come aveva detto il Concilio”.”I nostri centri di ascolto – ha proseguito il cardinale – forniscono dati sociali sul disagio sociale e sulla povertà che non sono basati solo su rilevazioni numeriche. Non ci interessa questo.Ci interessano soprattutto i volti, le storie, le situazioni concrete delle persone e delle famiglie”.Ha quindi ricordato le parole “inequivocabili” del Papa che sottolineano “la centralità dell’accoglienza in questo passaggio di millennio: la Chiesa è madre, e la sua attenzione materna si manifesta con particolare tenerezza e vicinanza verso chi è costretto a fuggire dal proprio Paese e vive nello sradicamento e nella fragilità”.”Oggi – ha concluso – lei ci invita a portare la speranza negli occhi ma soprattutto nel cuore dei poveri, dei rifugiati, di chi ha perso le proprie radici. Grazie”.

Le parole di mons. RedaelliLa parola è stata quindi presa dal nostro arcivescovo Carlo, presidente di Caritas italiana, che ha esordito con un ringraziamento a papa Francesco:”Santità, grazie. Grazie di cuore per aver voluto celebrare con noi il cinquantesimo di Caritas italiana. Una celebrazione che è anzitutto un ringraziamento al Signore, che ci ha guidato e continua a guidarci nella via dell’impegno caritativo a favore dei poveri e dei bisognosi.Siamo qui in un numero ridotto, ma rappresentiamo tutti coloro che oggi e nel passato nelle diverse diocesi italiane si sono dedicati agli altri.Portiamo però con noi soprattutto i poveri, li teniamo nel cuore, con i loro volti, i loro sguardi, le loro fatiche e le loro speranze. Siamo molto riconoscenti verso di loro: ci sono maestri nella via del Vangelo con la loro inviolabile dignità di persone, la loro forza nel non perdere la speranza, la loro vicendevole solidarietà. Lei a Firenze ci ha presentato l’icona del giudizio finale come paradigma della vita umana: tutti saremo giudicati sull’amore, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti.Non rivendichiamo alcuna esclusività nell’impegno verso i poveri, anzi siamo pieni di gioia quando vediamo lo Spirito che opera senza conoscere confini. Noi cristiani, però, sappiamo che nell’affamato, nell’assetato, nel forestiero, nell’ignudo, nel malato, nel carcerato è presente il Signore. Questo ci carica di grande responsabilità e ci fa riconoscere anche le nostre debolezze e le nostre fragilità. Ma confidiamo nel Signore e nella sua misericordia. Il servizio dei poveri in nome del Vangelo è ciò che ispira tutto il nostro agire. Un agire che chiede anche un impegno competente e organizzato, perché – come affermato da molti santi della carità – “il bene va fatto bene”.Un agire nelle nostre diocesi e nelle nostre parrocchie, affinché in esse si realizzi maggiormente la profonda unità tra la triplice dimensione della Parola, dell’Eucaristia e della Carità in vista della Missione.Un agire che diventa un’umile, ma coraggiosa profezia a favore dei poveri nella nostra società perché viva una reale fraternità, che custodisca la casa comune come realmente casa di tutti. Un agire dove trova spazio l’impegno di molti giovani, con l’entusiasmo dell’età e la gioia del Vangelo che li caratterizza. Un agire, infine, che vuole essere sempre più sinodale: un camminare insieme non solo tra di noi e con le comunità cristiane, ma con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, anzitutto i poveri e i bisognosi. Come segno concreto di ringraziamento per questi 50 anni, ci impegniamo oggi, davanti a Lei Santo Padre, a rafforzare il nostro cammino di accompagnamento e gemellaggio con le Caritas nei Paesi più poveri.Grazie e attendiamo con gioia le Sue parole”.

Il messaggio del Santo PadrePapa Francesco ha così salutato tutti i rappresentanti di Caritas italiana con un messaggio davvero stimolante.Ha infatti invitato a continuare il proprio cammino di servizio seguendo tre vie per promuovere la carità: “partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività”.”Siete parte viva della Chiesa, siete “la nostra Caritas”, come amava dire San Paolo VI”, ha esordito il Papa, confermando il loro compito e adeguandolo alle sfide attuali: “sono sempre di più i volti dei poveri e le situazioni complesse sul territorio”.Papa Francesco ha poi esplicitato “le tre strade su cui proseguire il percorso”.”La prima: la via degli ultimi. È da loro che si parte, dai più fragili e indifesi – ha detto -. La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita”. A questo proposito ha ricordato “molte scelte significative, in questi cinque decenni”, tra le quali l’obiezione di coscienza, il sostegno al volontariato, la cooperazione con il Sud del pianeta, gli interventi in occasione di emergenze in Italia e nel mondo; “l’approccio globale al complesso fenomeno delle migrazioni, con proposte innovative come i corridoi umanitari” o gli “strumenti capaci di avvicinare la realtà, come i Centri di ascolto e gli Osservatori delle povertà e delle risorse”.La seconda via è quella del Vangelo, ossia “lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo”.La terza strada è invece quella della creatività: “Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà – ha detto -. Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia”.

Guardare dalla prospettiva dei poveri“È bello allargare i sentieri della carità, sempre tenendo fisso lo sguardo sugli ultimi di ogni tempo – ha proseguito il papa -.È con i loro occhi che occorre guardare la realtà: la storia non si guarda dalla prospettiva dei vincenti, che la fanno apparire bella e perfetta, ma da quella dei poveri, perché è la prospettiva di Gesù. Sono i poveri che mettono il dito nella piaga delle nostre contraddizioni e inquietano la nostra coscienza in modo salutare, invitandoci al cambiamento”.”Abbiamo bisogno di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale – ha affermato Francesco -.È lo stile integrale che avete sperimentato in grandi calamità, anche attraverso i gemellaggi, bella esperienza di alleanza a tutto campo nella carità tra le Chiese in Italia, in Europa e nel mondo. Ma questo – lo sapete bene – non deve sorgere solo in occasione delle calamità: abbiamo bisogno che le Caritas e le comunità cristiane siano sempre in ricerca per servire tutto l’uomo”. Perché “la via del Vangelo – ha proseguito – ci indica che Gesù è presente in ogni povero. Ci fa bene ricordarlo per liberarci dalla tentazione, sempre ricorrente, dell’autoreferenzialità ecclesiastica ed essere una Chiesa della tenerezza e della vicinanza, dove i poveri sono beati, dove la missione è al centro, dove la gioia nasce dal servizio”. Papa Francesco ha anche invitato alla “parresia della denuncia” che non “è mai polemica contro qualcuno, ma profezia per tutti: è proclamare la dignità umana quando è calpestata, è far udire il grido soffocato dei poveri, è dare voce a chi non ne ha”. Il Papa ha espresso quindi un sentito “grazie a voi, agli operatori, ai sacerdoti e ai volontari”, soprattutto perché “in occasione della pandemia la rete Caritas ha intensificato la sua presenza e ha alleviato la solitudine, la sofferenza e i bisogni di molti”.

L’attenzione ai giovaniIl Santo Padre ha quindi portato un invito a “prestare attenzione ai giovani”, ossia “le vittime più fragili di questa epoca di cambiamento, ma anche i potenziali artefici di un cambiamento d’epoca. Sono decine di migliaia di volontari, tra cui tanti giovani, inclusi quelli impegnati nel servizio civile, che hanno offerto in questo tempo ascolto e risposte concrete a chi è nel disagio”, ha ricordato: “Sono loro i protagonisti dell’avvenire. Non è mai sprecato il tempo che si dedica ad essi, per tessere insieme, con amicizia, entusiasmo e pazienza, relazioni che superino le culture dell’indifferenza e dell’apparenza”. “Non bastano i ’like’ per vivere: c’è bisogno di fraternità e di gioia vera – ha sottolineato -. La Caritas può essere una palestra di vita per far scoprire a tanti giovani il senso del dono, per far loro assaporare il gusto buono di ritrovare sé stessi dedicando il proprio tempo agli altri”.Così facendo, ha precisato, “la Caritas stessa rimarrà giovane e creativa, manterrà uno sguardo semplice e diretto, che si rivolge senza paura verso l’Alto e verso l’altro, come fanno i bambini”. Il Papa ha concluso invitandoli a percorrere “con gioia” le tre vie indicate: “partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività” e a sentirsi “ogni giorno scelti per amore”: “Sperimentate la carezza misericordiosa del Signore che si posa su di voi e portatela agli altri. Io vi accompagno con la preghiera e vi benedico; e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie!”