Grecia, ovvero uscire per aprirsi al mondo

Grecia: a scuola di solidarietà. È così che ci hanno presentato il progetto organizzato dalla Caritas diocesana di Gorizia qualche mese prima della partenza, quando tutto sembrava lontano e nessuno immaginava ancora quanto questa esperienza avrebbe significato per ognuno di noi.I primi di luglio siamo partiti per Atene, eravamo molto emozionati, curiosi ma soprattutto pronti a metterci in gioco. Non sapevamo ancora cosa ci avrebbe aspettato, ma eravamo certi che più che offrire il nostro aiuto, avremmo ricevuto molto, e le nostre aspettative non sono state deluse.Fin dal primo giorno siamo stati impegnati in diverse attività tra cui imbiancare i muri della casa famiglia di Neos Kosmos, lavorare nell’orto sociale di Elleniko e intrattenere alcuni degli anziani della casa di riposo. Sicuramente la più forte è stata il servizio fatto alla mensa dei poveri dove siamo stati a stretto contatto con le realtà più difficili in cui la normalità è rubare il pasto al vicino di tavolo appena questo si distrae e combattere per un pezzo di pane. Parte significativa dell’esperienza è stato l’incontro con alcuni immigrati siriani che, come molti altri, cercano di scappare dalle loro case.Durante la nostra permanenza oltre alle attività lavorative e ai giri turistici, abbiamo avuto la fortuna di vedere con i nostri occhi che Atene non è solo una città meravigliosa, con famosi monumenti come l’Acropoli, piazze e splendide spiagge, ma è anche il quartiere di Omonia, centro di malvivenza e povertà. Qui, grazie ad una associazione che raccoglie fondi per i senzatetto, accompagnati da Maria, una delle donne che l’associazione aiuta, abbiamo camminato per le vie del centro dove ad un passo da noi c’erano prostitute e giovani che spacciavano rincorsi dai poliziotti. Un altro quartiere caratteristico e molto suggestivo è Exarchia, sede del celebre politecnico universitario e centro sociale a cielo aperto dove spesso i cittadini si riuniscono per prendere le decisioni più importanti.Forse non si può spiegare a parole e probabilmente può sembrare anche banale, ma la cosa che ho imparato in questi dieci giorni, e che hanno anche confermato altri volontari impegnati da più tempo che abbiamo conosciuto, è che ogni singola persona che incontri, ma anche e soprattutto a cui offri un servizio, è in realtà una persona che ti dà qualcosa.Credo che nella vita ci siano sempre nuove cose da imparare e mi ritengo molto fortunata perché ciò che ho acquisito in questo viaggio è diventato parte del mio bagaglio e non lo avrei mai ricevuto senza questa opportunità. Per questo motivo invito tutte le persone e in particolar modo i giovani ad avere meno paura, farsi meno domande e lanciarsi in esperienze come questa che possono davvero aprirti al mondo.