Francescani insieme davanti al presepe

Un proverbio diffuso soprattutto nel nord Italia così recita: “Se piove per Santa Bibiana, pioverà per 40 giorni e una settimana.” Il 2 dicembre 2022 pioveva.

A quella giornata di inizio Avvento, seguirono altre tutte uguali, in scala di grigi.

Durante le Feste, tornando a casa una sera, azionai il tergicristallo per pulire il parabrezza della mia Ypsilon: rimasi seduta, per un po’, a guardare le luci che lampeggiavano dentro le case e, fuori, sulle terrazze e nei giardini. Un velo di lacrime riempì i miei occhi di malinconia mentre una lieve pioggerellina sui vetri nascose di nuovo alla mia vista la città. Girai la chiave: s’accese la macchina, non scese il groppo in gola. Percorsi strade vuote e buie nel silenzio di un abitacolo che sembrava aver chiuso fuori voci e suoni in cui ero immersa fino a pochi minuti prima. Forse, arrivata a destinazione, avrei aperto la portiera scoprendo che tutto era ancora lì. Invece, dopo aver salito le scale, sentii solo il rumore della chiave nella toppa e poi…niente.

Chiusi la porta alle mie spalle, togliendo le scarpe, non le emozioni. Indossai le pantofole e strinsi al petto l’anima prima di abbandonarmi sul letto. E, mentre guardavo il soffitto bianco, in una notte senza stelle, ho avvertito il vuoto.

In quell’assenza, Dio mi chiedeva di fargli posto. Forse, in Francesco, il desiderio confidato a Giovanni Vellita, sorse quando tramontarono in lui i sogni di pace con cui era partita per la Terra Santa per incontrare il sultano d’Egitto al-Malik al-Kamil.

Sappiamo che Francesco fu ammesso alla presenza del gran signore musulmano perché considerato uomo di Dio. Probabilmente il sufi cristiano e il nipote di Saladino scoprirono di aver costruito in aria gli stessi castelli. Sicuramente la crociata continuò fino a concludersi con l’insuccesso e la ritirata dei guerrieri cristiani.

Forse, sulle braci di quella sconfitta, lo Spirito Santo soffiò per riattizzare il fuoco che sembrava assopito in Francesco, dopo aver fatto rientro in Italia. Forse, sceso sulla terra e cadendo sulle ginocchia, dopo che la nave attraccò, alzò gli occhi e non vide le stelle mentre gocce di pioggia e lacrime si confondevano sul suo viso stanco.

E in quell’assenza, Dio gli chiese di nascere di nuovo. La notte del 24 dicembre 1223, il desiderio di Dio di sentirsi amato, facendosi Uomo, e il desiderio di Francesco di celebrare l’amore di Dio per gli uomini, si incontrarono in una grotta di Greccio.

Francesco, da più parti, aveva convocato i suoi frati e gli abitanti, dopo che Messer Vellita promise di aiutarlo a realizzare il primo Presepe vivente della storia.

Otto secoli sono passati da quella notte! E, anche in questa terra di confine, i francescani hanno voluto far memoria della rappresentazione della Natività fortemente voluta da San Francesco d’Assisi. Partendo da piazza Transalpina, il giorno dopo l’Epifania, i francescani secolari delle due fraternità di Nova Gorica e Gorizia hanno raggiunto a piedi il Monastero di Castagnevizza/Kapela realizzando, così, il XVI Incontro fraterno davanti al Presepe. E, come Francesco volle far memoria del Bambino nato a Betlemme, così i francescani hanno indossato gli abiti medievali per provare la stessa gioia, la stessa pace che il Santo provò di fronte alla Natività.

Fra Luigi, guardiano del Convento dei Cappuccini di Gorizia, e fra Marjan, assistente della Fraternità FSR di Santa Croce, hanno impersonato Francesco nel dialogo con il nobile Velita, interpretato da Gianmarco, in italiano, e Stanko, in sloveno. A narrare dell’incontro tra l’assisiate e il castellano sono Paolo, Massimo, Valentina e Karmela.

A Greccio, la Notte Santa del 24 dicembre 1223, nevicò.

Sulla nuova e vecchia Gorizia, il pomeriggio del 7 gennaio 2023, la pioggia si fermò.

Lungo la linea di confine si sono incontrati non solo i francescani delle due fraternità ma anche quelli provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia e la Primorska come, alla contrada laziale, giunsero da tutta la Valle reatina frati e laici con ceri e fiaccole.

Con le lanterne contenti la luce di Betlemme in mano, i fedeli hanno proseguito fino al Valico del San Gabriele, dove si sono fermati per far memoria di un altro ottavo centenario: quello della Regola. Luciano da voce all’Anonimo perugino che, nelle Fonti Francescane, descrisse come l’Altissimo rivelò a Francesco che il nucleo della Regola è il Vangelo. Graziella celebra la Regola bollata, come auspicato da papa Francesco nella sua enciclica “Fratelli tutti”: un’opportunità per conoscersi di più, per promuovere la comunione e la fiducia reciproca, per riscoprire l’importanza di sognare insieme, per aprire nuovi cammini evangelici che permettano di diventare una fraternità aperta e in uscita, costruttrice di una nuova cultura, la cultura dell’incontro e dell’amicizia sociale. Tutta la Famiglia Francescana è rappresentata.

A fra Luigi e fra Marjan si affiancano fra Marco e i frati di Castagnevizza e Santa Croce, Carlotta, nelle vesti bianche di Santa Chiara e i secolari avvolti in tuniche e mantelli dai colori chiari e caldi della terra in ogni stagione e dai colori freddi e scuri delle sere invernali: Daniele, Dante, Flavia, Graziella, Mauro, Monica, Paolo, Roberto.

Se a Greccio, la gente accorse e si rallegrò di un gaudio mai assaporato prima, a Gorizia, dopo più due anni di distanziamento, i francescani si sono fatti prossimi ad ogni uomo ed ogni donna presente a questo Incontro: ci si abbraccia, ci si sorride, ci si stringe la mano e ad a ogni “Pace e bene” fa eco un “Mir in dobro”.

Si prosegue il cammino iniziato insieme nel 2007 come “Chiesa in uscita, sinodale, in ascolto di tutti, vicina ai più piccoli, portatrice di una buona novella che ha la forza di riempire di gioia e di senso la vita di chi l’accoglie”. (Evangeli gaudium).

Si arriva sulla cima del colle dov’è situato il Santuario di Castagnevizza, nel quattrocentesimo anniversario della consacrazione della Kapela a Maria Madre di Dio. Mons. Bogdan Vidmar, vicario del Vescovo di Koper, Jurij Bizjak, accoglie i fedeli italiani e sloveni insieme all’Arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli.

Da Castelmonte, dopo aver celebrato la Santa Messa, arriva anche fra Paolo che non vuole mancare a questo tradizionale Incontro presieduto dall’Arcivescovo Carlo appena rientrato da Roma dove s’è recato per le esequie del papa emerito Benedetto XVI.

La sua omelia è incentrata sulla figura di Gesù a cui il Pontefice ha dedicato un’opera in tre volumi. L’Arcivescovo, citando la Vita Seconda di Tommaso da Celano, sottolinea che il desiderio di Francesco era che la sua gioia del Natale fosse la gioia di tutti.

E’ importante ricordare che Francesco compose la Regola bollata durante un periodo della sua vita in cui affrontò numerose tensioni e crisi a livello fraterno, ma egli non rinuncia alla profezia del vivere come fratello di tutti. I primi due anniversari di cui abbiamo fatto memoria in comunione con i 6 Ministri generali della Famiglia Francescana che a Greccio hanno inaugurato il Centenario che si concluderà nel 2026, sono l’invito a credere che le crisi che stiamo vivendo, come scrive Alessandro D’Avenia, non devono essere uno stato di emergenza a cui siamo fatalisticamente sottoposti ma uno stato di impegno permanente: separare l’essenziale dal superfluo.

L’ attuale stato di crisi è un passaggio necessario al nascere di qualcosa di nuovo.

La crisi può diventare nascita: non finisce il mondo ma un mondo, perché ne nasca uno più autentico. Sta a noi decidere se, nel nostro ambito di azione, far venire al mondo questo mondo nuovo o lasciarci paralizzare dalla paura; non resilienza ma resistenza, cioè ri-esistenza, esistenza nuova.  (Alessandro D’Avenia)

Crisi era il gesto di separare e scegliere i chicchi nella spiga: la pula finiva nel fuoco e il grano nel pane. In crisi, rincasando da una delle tante feste tra la fine e l’inizio dell’anno, provai gratitudine per ogni dono ricevuto dalla vita ogni giorno e di cui percepivo la mancanza proprio perché ne avevo conosciuto la presenza. In crisi, in diversi momenti della sua vita, Francesco si spogliò dell’armatura di cavaliere e dei sogni di gloria per prendere in braccio il Re che si fece Bimbo nella greppia di Greccio.

Quella che abbiamo vissuto insieme non è stata una celebrazione nostalgica del passato ma un invito a tener accesa in noi la speranza del futuro. Per un futuro di pace da vivere da fratelli e sorelle secondo la Regola di Francesco e il Santo Vangelo pregano Karmela, Valentina e Silva. Francesca, Monica e Raffaella ricordano i defunti francescani, familiari ed amici con cui s’è percorso un tratto di strada su questa terra affidando al Signore il desiderio di un’unica Via Crucis cittadina del Venerdì Santo tra Gorizia e Nova Gorica. Visibilmente commossa, Silva, ministra della Fraternità di Castagnevizza, ringrazia tutti e, particolarmente, la Fraternità di Gorizia che, insieme a Roberto e Raffaella, ha creduto fin dalla prima edizione in questo Incontro fraterno.

Ri-esistendo ad ogni crisi.

Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. (San Paolo – lettera ai Romani)